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Enologia: sondaggio, dilaga fenomeno “bollicine” all’ora dell’aperitivo, ma per eno-appassionati ogni occasione è buona per far “saltare” i tappi ... Sono la scelta più cool e spensierata per l’happy hour, sono cosi’ versatili da poter essere abbinate a qualunque tipo di menu, e sono insostituibili se c’è un evento da festeggiare: in Italia dilaga il fenomeno “bollicine”, una scelta sempre più gettonata che coinvolge trasversalmente giovani e meno giovani, consumatori tradizionali e avanguardisti del buon bere. Lo conferma il sondaggio svolto da Winenews, uno dei siti più cliccati dagli enonauti del Belpaese, insieme al Forum degli Spumanti d’Italia (www.forumspumantiditalia.it), una sorta di “Cernobbio dei vini spumeggianti”, che punta a creare una forza di filiera per raggiungere obiettivi strategici nazionali ed internazionali. L’indagine, indirizzata a oltre 18.500 eno-appassionati (con risposte da 1.850), è volta a tracciare la percezione di uno dei più interessanti prodotti dell’enologia del Belpaese. Se il “partito degli spumanti” annovera sempre più proseliti, al suo interno si registrano però posizioni contrapposte, a partire dal nome stesso del prodotto versato nel bicchiere: per il 61% degli enonauti il termine “bollicine”, neologismo nato nel gergo del mondo del vino e diffusosi ormai a macchia d’olio per indicare genericamente tutti i vini spumanti, è bello e divertente. La pensa al contrario un 39% di “puristi”, che ritengono “bollicine” una parola troppo indefinita e generica, riferibile a tutto ciò che frizza e dunque suscettibile di confusione e fraintendimenti: può essere associata infatti non solo a tutti gli spumanti, italiani o francesi che siano, ma addirittura alla coca-cola o all’acqua effervescente. I sostenitori la difendono spiegando invece che funziona perfettamente dal punto di vista della comunicazione, ed è immediatamente comprensibile a tutti: insomma, generica da un punto di vista tecnico, ma simpatica ed intuitiva. Che li battezzino “bollicine” o forse meglio “ vini spumeggianti”, gli eno-appassionati italiani ne bevono mediamente 28 bottiglie all’anno. Sono una consuetudine immancabile nei giorni di Natale e Capodanno, in cui si stappano in media 4 bottiglie. Anche le ricorrenze familiari rappresentano un’altra importante occasione di consumo: per festeggiare con pareti ed amici compleanni, anniversari o promozioni si aprono 6 bottiglie di spumante all’anno. Ancora più significativo il consumo nelle cene con gli amici, a casa o al ristorante: in queste occasioni si stappano in media 8 bottiglie. Ma in aggiunta alle tradizioni ormai consolidate è il nuovo rito dell’aperitivo che fa impennare i consumi di “bollicine”: per i loro happy hour gli eno-appassionati del Belpaese ne bevono mediamente 10 bottiglie all’anno. Le “bollicine” non sono solo da godere in prima persona, rappresentano anche un dono ideale sia per esperti, sia per neofiti: nella vastissima gamma di spumanti made in Italy (ben 264 etichette fra tutte le 340 Docg e Doc italiane) non è difficile trovare la tipologia giusta per accontentare tutti i gusti, tanto che gli eno-appassionati dichiarano di regalarne in media 5 bottiglie all’anno. Un’altra tendenza in crescita è quella della libertà degli abbinamenti: sdoganate le regole troppo rigide e formali, è opinione sempre più consolidata che gli spumanti a tavola vadano d’accordo con tutto. Per la grande maggioranza degli eno-appassionati (74%) gli spumanti sono perfetti per essere bevuti a tutto pasto, in virtù della loro grande flessibilità. Naturalmente ci sono piccole eccezioni: impossibile, infatti, anche per i grandi fan delle “bollicine”, abbinarle per esempio con la selvaggina, o con piatti di carne molto ricchi ed elaborati. Di diverso parere il 26% di chi ha risposto al sondaggio, secondo cui gli spumanti, al pari degli altri vini, vanno abbinati esclusivamente con cibi specifici. Dell’offerta italiana degli spumanti sul mercato, il 65% degli enonauti ritiene che sia giustamente variegata e adeguata al nostro territorio. Anzi, fedeli alla regola “più etichette, più qualita”‘, giudicano positivamente che, al di là dei grandi territori, vi siano sperimentazioni spumantistiche anche in aree tradizionalmente non vocate o non significative dal punto di vista della quantità e della diffusione, in considerazione della grande ricchezza varietale che distingue la produzione enologica italiana. Al contrario il 35% sostiene che in Italia ci sia un’offerta eccessiva e sugli scaffali si trovino troppe “bollicine” che niente hanno a che vedere con uno spumante. Ma qual è il criterio che guida le scelte dei fan delle “bollicine”, in enoteca, al ristorante o al bar? Il 66% dichiara di fare affidamento sulla denominazione d’origine, ovvero di bere solo bottiglie Doc e Docg, perchè sia sul piano della qualità sia su quello dell’immagine gli spumanti a denominazione si distinguono nettamente da quelli privi di questo valore aggiunto. Il 34% si affida invece al brand, ovvero alla notorietà del marchio: in questo caso la qualità del prodotto è garantita dalla cantina che lo produce, in genere famosa ed ubicata nei terroir più importanti, come Franciacorta, Trentino, Conegliano-Valdobbiadene e Asti.

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