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Città del vino: “L’abolizione dell’Ici danneggia i comuni d’eccellenza” ... Il presidente Valentino Valentini: “Manca un riconoscimento anche economico della funzione che hanno le realtà rurali nelle produzioni tipiche e nel turismo enogastronomico"... Un futuro tutt’altro che roseo per i “custodi” dell’immagine dell’agricoltura italiana riconosciuta in tutto il inondo. E il classico “paradosso all’italiana": modelli di vita ideali e per questo “vetrine a cielo aperto” del made in Italy, con l’abolizione dell’Ici, e in mancanza di risorse alternative, i comuni d’eccellenza del vino non riescono a far quadrare i loro bilanci, perdendo in funzionalità e in qualità dei servizi ai cittadini. Ecco perché, sostengono le Città del Vino, sempre più comuni si avvicinano pericolosamente a un vero e proprio crack. Per scongiurare questa inevitabile sorte, ai comuni, per sopravvivere, non resta che finanziarsi attraverso multe, autovelox e gli oneri provenienti da nuove edificazioni.

"Per questo chiediamo al governo - ha detto il presidente delle Città del Vino Valentino Valentini - di affrontare in maniera seria il tema della fiscalità rurale e alle aziende vitivinicole una maggiore responsabilità nei confronti delle rispettive comunità. Vale per tutti, ma in particolare per le realtà più sviluppate e di successo: l’egoismo, per cui tutto è dovuto senza pagare niente, ha le gambe corte e non porta da nessuna parte. Il convento povero, la città, con i frati ricchi, le aziende, non potrà reggere a lungo per i percorsi in forte salita che la crisi economica e la recessione sicuramente ci presenterà nei prossimi mesi”.
L’abolizione dell’Ici rurale, non compensata da altri introiti, ripropone il tema della disuguaglianza di trattamento fiscale tra le diverse categorie di operatori economici, e la necessità di porvi rimedio. Mentre si allargano le polemiche sul patto di stabilità e sul federalismo fiscale che si allontana cresce la preoccupazione delle Città del Vino per i comuni italiani. “Ciò che manca - prosegue Valentini - è un adeguato riconoscimento anche economico della funzione che hanno oggi i comuni rurali, la maggioranza in Italia, di piccola e media entità, dove l’agricoltura riveste un ruolo fondamentale, per lo sviluppo dell’economia legata alle produzioni tipiche e per il turismo enogastronomico. Il problema è che gli stessi comuni non dispongono della forza economica per tutelare il paesaggio, per fornire adeguati servizi e per la cura dei centri storici. Il territorio contribuisce in maniera rilevante al valore aggiunto delle produzioni e alla loro percezione nell’immaginario collettivo, in un circolo virtuoso in cui il vino promuove il territorio e viceversa. Ma i comuni, che devono sostenere maggiori costi, stentano a garantire standard qualitativi elevati a causa del taglio delle risorse: alla lunga il rischio è quello di danneggiare irrimediabilmente l’immagine di questi luoghi che il mondo ci invidia”.
I dati registrano la crescita del disagio abitativo (indagine Confesercenti 2008) anche tra i comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti, e anche nelle Città del Vino diminuisce il reddito procapite. Con l’abolizione dell’Ici sui fabbricati rurali e sulla prima casa, restano di fatto ancora da individuare le risorse alternative per gli enti locali. In questo contesto, potrebbe essere valorizzato e applicato il decreto legislativo n.228/2001 “Legge di orientamento per l’agricoltura", che definisce la multifunzionalità dell’impresa agricola, che può essere coinvolta nella realizzazione di interventi utili alla tutela e al mantenimento della qualità complessiva dei territori (manutenzione di strade, tutela del paesaggio, salvaguardia dell’ambiente).
Autore: Paolo Stringari

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