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Il Venerdi Di Repubblica

Il pattume di questa estate ... Ho ordinato come ogni anno il vino bianco del Friuli e non è più quello: ora che il vignaiolo è morto e l’azienda è passata ai figli, non distingui più un vino dall’altro, tutti ti lasciano un bruciore di stomaco prima sconosciuto. E questo è il bello o il brutto della cultura del vino in Italia, che se non le stai ogni vendemmia, ogni pigiatura, ogni lavorazione del mosto, hai delle brutte sorprese. Perché i vecchi muoiono e i figli tagliano la fatica e le cure, fanno disegnare le nuove etichette, organizzano le presentazioni invitando un attore o un cantante e la pulizia del vino va a farsi benedire.

È scoppiata la moda del vino in Italia: e quando scoppiano le mode, è la confusione generale. Il paese è pieno di mostre, feste, cerimonie in cui folle di concittadini, fino a ieri astemi, fanno ruotare il vino nei calici di quel maestro vetraio austriaco senza i quali non c’è vino di qualità, non fai in tempo a versarglielo che lo guardano dall’alto in basso, in trasparenza, ad occhio incollato al bicchiere o a braccio teso. E poi lo odorano, lo girano e rigirano come se avessero passato la vita a fare il Sommelier. E ogni mese c’è una nuova moda, del vino siciliano, di quello umbro, tutti lavorati in modo da essere irriconoscibili rispetto ai bianchi meridionali più fini di un Tocai, o a quelli della Franciacorta più essenziali dello champagne. Ci sono delle macchine che danno al vino la gradazione alcolica che si vuole, di tredici, di quattordici gradi, che un tempo erano dei vini da dessert. È successo nei vini come in tutto: abbondanza e imbonitura ... (arretrato del 28 luglio 2006)

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