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Il VenerdÌ Di Repubblica

La crisi non ferma la crescita bio ... A Parma, da oggi fino a domenica, si mostra (e si assaggia) il meglio del made in Italy alimentare, un settore in aumento per produzione ed esportazioni, ma in calo per consumi familiari. Con un’eccezione... Non è facile mettere insieme i piccoli coltivatori di Confagricoltura e i giganti della grande distribuzione, gli artigiani di Slow Food, le aziende del biologico e le industrie che aderiscono a Federalimentare. Filosofie contrapposte, logiche e interessi che sembrano (e a volte sono) inconciliabili. Per la prima volta, questi universi distanti si danno però appuntamento a Parma per Cibus Tour, la nuova manifestazione promossa da Fiere di Parma e aperta al pubblico (la prossima edizione di Cibus, nel 2012, sarà invece, come sempre, rivolta agli addetti ai lavori) che per tre giorni, da oggi fino al 17 aprile, metterà in mostra le eccellenze del made in Italy con una girandola di degustazioni, presentazioni di prodotti, incontri, laboratori e show. Il settore, a dispetto della crisi economica, attraversa un periodo d’oro: nel 2010, secondo le analisi di Coldiretti su dati Istat, il valore delle esportazioni di prodotti agroalimentari italiani è aumentato del 10 per cento rispetto all’anno precedente e ha raggiunto il record storico, 21 miliardi di euro, con un balzo del 20 per cento dell’export nei Paesi asiatici emergenti. Esportazioni a parte, però, i dati di bilancio dell’industria alimentare italiana nel 2010, appena diffusi da Federalimentare, mostrano uno scenario abbastanza altalenante. Da un lato la produzione è in crescita (più 1,6 per cento), dall’altro si registra la lieve flessione dei consumi interni delle famiglie (meno 1,3 per cento in quantità). A preoccupare il settore è però soprattutto il costante aumento delle quotazioni delle materie prime alimentari che, dopo l’aumento dei prezzi alla produzione (più 5 per cento a gennaio 2011), potrebbe avere ripercussioni anche sui prezzi al consumo. Gli alimenti biologici, sviluppati e commercializzati nell’ottica della sostenibilità, rappresentano una fetta sempre più importante di questa torta: con circa 47 mila aziende, l’Italia è il primo esportatore al mondo di prodotti bio, il primo produttore del Pianeta per cereali, ortaggi, agrumi, uva e olive e il secondo per il riso: un giro di affari di oltre tre miliardi di euro, inclusi 900 milioni di export, con una crescita del 10 per cento degli acquisti da parte delle famiglie nel 2010, in controtendenza rispetto alla flessione dei consumi alimentari. Tanto che Cibus Tour dedica al tema una delle quattro aree della manifestazione, riservando le altre al terroir, vale a dire le eccellenze regionali, a Pianeta nutrizione, sugli stili vita e il cibo sano, e infine a Po(r)co ma buono, in collaborazione con Slow Food Italia. “Finalmente anche l’industria alimentare, dopo quelle dei cosmetici, dell’abbigliamento e delle costruzioni, ha scoperto l’importanza del legame con il territorio, della certificazione dei processi produttivi e della sostenibiità a partire dalle materie prime. Meglio tardi che mai” dice Paolo Carnemolla, presidente di Federbio, la federazione che rappresenta il 40 per cento dei produttori italiani del settore, e alla guida di Prober, l’associazione delle 3.500 aziende biologiche e biodinamiche dell’Emilia Romagna. Nel Villaggio Bio di Cibus Tour i visitatori possono incontrare i produttori e assaggiare i prodotti (frutta, verdure, pasta, olio, marmellate, parmigiano, passate di pomodoro), assistere alle performance degli chef nella zona cooking show, partecipare ai seminari a cura di Buonitalia sul biologico nella ristorazione scolastica e sul biologico visto dai ragazzi. Per cambiare mentalità e abitudini, infatti, si punta sulle nuove generazioni. “Oggi il biologico” continua Carnemolla “è l’unico sistema produttivo in Europa con un quadro di regole rigido, che vieta l’utilizzo di Ogm e di sostanze chimiche di sintesi, e con un sistema di certificazione che accompagna i prodotti dal seme agli scaffali dei supermercati”. I controlli, in effetti, non mancano: quelli degli enti privati di certificazione, previsti dalle norme dell’Unione europea, si sommano a quelli delle autorità pubbliche (Nas, Asl, ministeri della Salute e delle Politiche agricole, Corpo forestale dello Stato) che vigilano anche su eventuali truffe e contraffazioni. Tuttavia, nonostante la crescente attenzione degli italiani a ciò che mangiano, qualche diffidenza verso il biologico resta. Secondo una recente indagine di Eurobarometro rielaborata da Coldiretti, infatti, l’86 per cento degli italìani è preoccupato dalla sicurezza del cibo, al quale viene addirittura associato un rischio potenziale superiore a quello di un incidente in auto, della criminalità o delle malattie. Ma, in tempi di recessione, il fattore prezzo gioca la sua parte. “È vero” ammette Carnemolla, “in media i prodotti biologici sono più cari. Per un uovo biologico si paga anche il doppio”. La colpa? “È dei costi di produzione, molto più alti rispetto agli altri sistemi. Per non parlare della zootecnia, più attenta ai mangimi e al benessere animale. I polli allevati in un’azienda biologica, per esempio, vivono almeno novanta giorni e devono avere almeno quattro metri quadrati per razzolare. Ma quando è in gioco la salute non si può guardare solo al prezzo”. Stipendi permettendo.

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