02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il VenerdÌ Di Repubblica

Perché, in Piemonte, il Barbaresco ha un’anima Gaja ... Angelo, 71 anni, proprietario di una delle aziende vinicole più celebri, racconta come è riuscito, dalle Langhe, a conquistare il mondo. Dando anche una casa ai contadini ... Angelo Gaia se facesse automobili sarebbe Enzo Ferrari, se giocasse a pallone sarebbe Pelè. Eppure parla come un antico contadino, Indica le colline del suo barbaresco e dice: “Questa è la storia delle nostre radici, il prodotto di sacrifici enormi attraverso il lavoro di tante, tante generazioni”, La “j” del cognome racconta una storia lontana, le terre catalane dei suoi avi: “I miei antenati, nel ‘37 capirono che il semplice cognome sulle bottiglie sarebbe diventato un marchio, non una vanità personale, e avrebbe fidelizzato clienti, come si dice adesso”. Monssù Barbaresco ha occhi chiari e vivacissimi, e una parlata da professore di eloquenza, Grazie al suo fascino non solo commerciale e ai suoi giovanissimi 71 anni, Angelo Gaja ha imposto il vino piemontese, dunque italiano, in tutto il mondo, prima in Germania. Austria e Svizzera, poi negli Stati Uniti e in Giappone, dove diventato una specie di icona dell’italianità. Due sono, soprattutto, i tratti che lo distinguono come imprenditore. Il primo è il rispetto per la natura, che lo ha portato a creare la cantina di Ca’ Marcanda, nella campagna toscana di Bolgheri (Livorno), e a renderla invisibile Coprendola con una specie di parco naturale tra cipressi. lecci. ulivi e 18 mila oleandri (un progetto disegnato nel 1996 dall’architetto astigiano Giovanni So). Il secondo è l’attenzione verso chi lavora per lui, che ricorda altre avventure di imprenditori illuminati piemontesi: ha ristrutturato diciotto case e cascine sulle colline delle Langhe, attorno a Barbaresco, dove i suoi contadini (55 persone, per lo più stranieri) vivono senza pagare l’affitto. Dice Gaja. “La qualità di un prodotto non può prescindere dai rapporti umani, I miei nonni e i miei genitori mi hanno insegnato che la ricerca dell’eccellenza non deve diventare arroganza”.
La storia comincia con un’antica “madama”, la nonna di Angelo Gaja, la signora Clotilde Rey, che nei 1905 sposò un altro Angelo Gaja, figlio di Giovanni, che aveva fondato l’azienda nel 1859. “Nonno Clotilde era una perfezionista, riteneva il marito Angelo un bravo viticoltore ma mai abbastanza, e stata lei a dare la vera spinta di qualità ai Gaja. Aveva I terrore che tigli e nipoti si guastassero con le carte, piaga sociale dell’epoca, o che prendessero il vizio del bere”,
Nelle terre di Pavese e Fenoglio, Angelo Gaja vede qualità nascoste ai più’ “Noi siamo gente orgogliosa, e se il nostro vicino ha successo, pensiamo di poter fare meglio di lui e ci proviamo. Dalle nostre parti, nell’Albese, esistono 800 cantine artigiane, forse siamo un po’ individualisti, ma riconosciamo il merito, siamo gente tosta”. Così Gaja ha saputo “vedere” in anticipo il progetto di Bolgheri: “Andai diciotto volte dai proprietari di quelle terre per convincerli a vendere. Essere testoni è essenziale” Il risultato: un tunnel di lecci che conduce alla cantina invisibile. Da fuori sembra un museo d’arte moderna dentro un parco Corpi leggeri, per nulla invasivi, nella pancia della collina artificiale racchiudono gli spazi enormi e ordinatissimi della cantina Quella di Barbaresco, invece, è più classica, sotto le antiche mura del castello comprato da Angelo Gaia nel ‘95, e oggi sede di rappresentanza dell’azienda e luogo di incontri e degustazioni. “Il nostro è un vino equilibrato, elegante, che non parla a voce alta come il barolo e si esprime anche attraverso le eventuali imperfezioni, perché l’eleganza non deve mai essere perfetta”. Basta una grandinata per sciupare il lavoro di un anno, e serve tanta grinta per ricominciare ogni volta, “È azzardo, ma anche senso della sfida”. Perché l’amata, preziosa uva sta sotto il misterioso cielo.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024