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L’ESPRESSO

Consigli degli chef e vini da Ferragosto ... Il pranzo di ferragosto è un rito antichissimo, in bilico tra sacro e profano, che viviamo in chiave conviviale. Ecco alcuni consigli di esperti, tra cibi, vini e (poche) regole di bon ton. Già nell’antica Roma le feriae Augusti, riposo istituito dall’imperatore Ottaviano Augusto, erano amatissime e celebrate non facendo lavorare nei campi gli animali da tiro (cavalli, bovini e asini, che anzi per l’occasione venivano bardati a festa). La gente per strada si scambiava auguri e piccoli doni. I lavoratori ottenevano una mancia dai superiori, secondo un uso che col tempo divenne addirittura obbligatorio. Anche se il Cristianesimo fin dal VI secolo vi ha sovrapposto la solennità dell’Assunzione di Maria in cielo “anima e corpo”, ferragosto resta sostanzialmente una festa “pagana” e, avendo origini rurali, in quanto festa a chiusura della stagione agraria, è più legata al pranzo di mezzogiorno che al pasto serale (“cenone”) tipico di altre feste .
Tradotto, così com’è oggi, Ferragosto ce la siamo inventato e, con esso, anche i suoi rituali alimentari. Tanto che “non c’è nulla di più libero del pranzo di Ferragosto - sottolinea il professor Marino Niola, professore di Antropologia e direttore del Centro di studi sociali sulla dieta mediterranea dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli - in cui si mettono insieme “pezzi” di altre abitudini festive e si compongono dei pranzi di fantasia”. Quando il 15 di agosto che si avvicina, la mente vola alla meta dove trascorrere la gita fuori porta, cui è tradizionalmente dedicato il Ferragosto, alla ricerca di frescura e di un posto perfetto per un luculliano pranzo al sacco.
Cosa mettere in questo “sacco”? Già Pellegrino Artusi, in appendice al suo manuale “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiare bene”, indicava le ricette per il 15 agosto nelle “Note di pranzi” da imbandire nelle principali solennità, accanto a quelli di Pasqua e Natale, “perché spesso avviene che dovendo dare un pranzo ci si trovi imbarazzati sulla elezione delle vivande”. Ecco Artusi consiglia “prosciutto e vino”, come dire: cibi semplici, trasportabili, non impegnativi, indispensabili nelle tradizionali scampagnate o gite fuori porta. In più, l’assaggio delle uve primaticce e dell’anguria in fette raffreddate, simboli dei frutti stagionali. “L’importante è mangiare molto” dice Niola, sottolineando l’aspetto di convivialità che porta a lunghi pasti in cui si assaggia un po’ di tutto. In barba - per un giorno - a dietologi e studi scientifici che suggeriscono uno stop a parmigiana e cotoletta a vantaggio della fresca insalata di riso (il nutrizionista Giorgio Calabrese per l’Osservatorio Polli Cooking Lab, consigliando di stare leggeri ...). Se si è in campagna, via alle grigliate. Per un risultato perfetto “salare a ridosso della cottura, non infilzare, niente paura a girare più volte la carne”, sono i consigli tecnici del Centro di Ricerca e Sviluppo Whirlpool a partire dalla reazione di Maillard, principio scientifico “segreto del successo” della grigliata). Se si è in spiaggia, però, non proprio tutto è concesso. Secondo il “galateo da spiaggia”, quando si mangia è bene indossare un copricostume, come consiglia Tommaso de Mottoni y Palacios nel volume “Quando lo stile va (purtroppo) in vacanza”, ed evitare l’allestimento di tende e fornelli da campo, preferendo cibi monoporzione o facilmente sporzionabili. Altrimenti meglio stare a casa. Che sia la classica tavolata in famiglia, o nel segno della semplicità sotto l’ombrellone, il pranzo di Ferragosto è uno di quelli più speciali dell’anno, come Natale o Pasqua. E, allora, cosa preparare perché sia un successo? “Nelle nostre campagne umbre - dice Gianfranco Vissani - il menu di Ferragosto celebra la tradizione dell’oca. Fatta al forno con le patate, e addirittura con la coratella e le interiora dell’oca, che sono buonissime. E ancora il collo farcito e i sughi, straordinari per condire pasta e altro. Un menù pesante per il caldo? Non è un problema, basta mangiare al fresco, e poi è l’usanza per il giorno dell’Assunta. Se invece si è sulle spiagge, consiglio una bella panzanella con pomodori, cetrioli, basilico e un goccio di olio a crudo. È la cosa più sana e semplice, la migliore”.
Tutto made in Sicily, invece, il menù suggerito da Filippo La Mantia: “una bella caponata di melanzane come antipasto, seguito dalla pasta con in tenerumi, la parte finale della zucchina lunga, un piatto estivo contadino, fatto con la pasta spezzata cotta nel brodo dei tenerumi, la polpa di pomodoro, un po’ di cacio cavallo e olio crudo. E poi un trancio di pesce spada impanato cotto al forno, e per dessert melone e cocomero gelati. Per il pranzo in spiaggia, invece, stravince il panino con la frittata di pasta, basilico e mentuccia, che è straordinario”. Per quanto riguarda i vini, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Bianchi e bollicine, in primis, ma c’è spazio anche per rossi e vini dolci

Un’estate torrida quella del 2012, che, inevitabilmente, finisce per incidere anche sulle scelte dei vini che accompagneranno il pranzo di Ferragosto. Con il ritorno a tipologie, prima fra tutti il vino bianco, che nel recente passato aveva perso un po’ del suo appeal. Forte il richiamo delle bollicine anche a tutto pasto, mentre cresce l’interesse per alcuni rossi particolarmente freschi e gustosi. Queste le indicazioni generali per un pranzo di ferragosto al top, dove soprattutto la tendenza dell’abbinamento estate-vini bianchi ritrova tutta la sua centralità. L’Italia possiede, infatti, una ricchezza di vitigni di antica coltivazione a bacca bianca che ci invidia tutto il mondo. Tra i più gettonati il Vermentino che nelle declinazioni toscane di Rocca delle Macìe, con il suo Occhio al Vento, di Guado al Tasso-Antinori, con il suo Bolgheri Vermentino, di Poggio al Tesoro-Allegrini, con il suo Solosole e della Fattoria di Magliano con il suo Pagliatura, trova la sua espressione più tipica. Ancora il Vermentino, con l’aggiunta di Nasco, dà vita all’Iselis di Argiolas, un vino affascinante nella sua dimensione decisamente mediterranea. Medesime suggestioni anche dai bianchi siciliani: dal Grillo in purezza Lalùci di Baglio del Cristo di Campobello al classico Chardonnay di Planeta e Tasca d’Almerita, dal leggiadro Anthylia di Donnafugata, a base di Catarrato, al sapido Fiano di Cantine Settesoli, e all’Insolia Colomba Platino di Duca di Salaparuta. Non meno originali i bianchi del centro Italia: a partire dal Verdicchio dei Castelli di Jesi Casal di Serra di Umani Ronchi, alla Passerina, antico vitigno di origine Adriatica, di Velenosi, o allo scattante umbro Grecante di Caprai, da uve Grechetto. Non privo di personalità il Lugana Sansonina di Zenato e il tipico Collio Friulano di Venica, solide espressioni del nord Italia enoico. Sempre affidabile l’Orvieto Classico Il Bianco di Decugnano dei Barbi e intriganti i Trebbiano d’Abruzzo di Valle Reale, con il suo Vigna di Capestrano e di Masciarelli, con il Marina Cvetic. Molisana è, invece, la Falanghina Ramì di Di Majo Norante, che possiede pienezza e sapidità.Restano dei classici della produzione bianchista del Bel Paese il Fiano di Mastroberardino e il Greco di Tufo Cutizzi di Feudi di San Gregorio. Sul fronte delle bollicine, non c’è che l’imbarazzo della scelta: dai golosi Prosecco, come il Valdobbiadene Cuvée Oris di Villa Sandi, o il Crede di Bisol o la Cuvée Oro di Carpenè Malvolti, ai Franciacorta Metodo Classico di Bellavista, con il suo Gran Cuvée Brut, di Guido Berlucchi, con il suo Brut Cellarius, di Villa Crespia-Muratori, con il suo Dosaggio Zero, e di Castello Bonomi della famiglia Paladin, con il suo Brut Cru Perdu. Ma di Metodo Classico buoni ce ne sono anche in Trentino: dal Brut Perlè di Ferrari, al Rosè Rotari di Mezzacorona, dall’Altemasi Riserva di Cavit, all’Aquila Reale di Cesarini Sforza. Per gli amanti dei rossi, anche con 40 gradi di temperatura, c’è sempre l’opzione Lambrusco, di bella beva il Terre Verdiane di Ceci, o rossi ritmati e freschi come l’Etna prodotto da Cottanera, il Cerasuolo Classico di Valle dell’Acate o il Belnero di Castello Banfi. Brindisi finale all’insegna di una dolcezza mai stucchevole, con il Moscadello di Montalcino de La Poderina o con il siciliano Moscato dello Zucco di Cusumano.

Articolo L’Espresso

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