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Il turismo aiuta la cucina nazionale ... La Francia vuole chiedere all’Unesco che la cucina diventi patrimonio dell’umanità... Il cibo, da elemento di nutrizione nella vita di ogni individuo, sta assumendo sempre più una connotazione legata all’attività turistica. Tale ruolo inerisce per un verso all’attività di ristorazione, componente essenziale di ogni forma turistica, e per un altro al crescente peso di segmenti turistici rivolti all’enogastronomia.

Il crescente peso della cultura, della riscoperta delle tradizioni e del legame col territorio, nonché l’approccio edonistico, del piacere e della bellezza estetica, hanno sicuramente spostato il peso dal consumo di alimenti verso aspetti legati all’immagine, al lusso e al soddisfacimento dei sensi: la Francia, ad esempio, vuole chiedere all’Unesco l’inserimento della cucina tra i patrimoni dell’umanità.

Al pari, le nuove tendenze culinarie impongono un impegno polisensoriale per poter gustare e capire al meglio il piatto, che, per un altro verso ancora, si trasforma spesso in elemento artistico.
L’idea di cucina territoriale, considerata come realtà antichissima nel nostro paese, è un luogo comune su cui è opportuno riflettere in questa nuova ottica. Piatti locali legati a prodotti locali esistono da sempre e in questo senso si possono definire territoriali. Anzi, la cultura popolare nell’alimentazione è sempre stata legata alle risorse del territorio. Se però il gastronomo premoderno univa sensazioni, gusti ed esperienze culinarie diverse, il modello successivo ha imposto quella che oggi va sotto il nome di cucina regionale, ulteriormente affinata attraverso l’attenzione alla cultura locale,una certa omologazione e anche un uso del cibo come elemento di distinzione sociale.

L’Italia è un giacimento gastronomico ricchissimo, di una varietà unica nel mondo. Tale varietà, 166 specialità agroalimentari di qualità riconosciute dalla Ue contro le 156 della Francia,nasce dal fatto che il nostro paese è sempre stato costituito da un dedalo di realtà locali indipendenti. Ricchezza,quest’ultima, che però ha determinato la mancanza di una grande cucina nazionale, punto di riferimento per gli chef, a favore di tante cucine locali, fatte di pochi ingredienti reperiti su un territorio ristretto.

I due concetti di tradizione (legato alle ricette) e di territorio (legato alle materie prime) non devono perdere la propria importanza, rischio quanto mai forte. Ecco allora che il turismo, che ravvisa nel patrimonio culinario e alimentare una grossa componente,può giocare in tale contesto un ruolo essenziale: divulgare cultura e far conoscere e apprezzare queste differenze. Se si preferisce, a livello internazionale può essere un vero volano per il nostro agroalimentare versomercati/partner commerciali davvero preziosi.

C’è tuttavia ancora da fare. Un esempio di strada da percorrere è la necessaria distinzione tra cucina tradizionale di alta qualità e cucina tradizionale rustica: la prima, una cucina spesso rivisitata, che raccoglie segni della tradizione attraverso l’utilizzo di materie prime ricercate e che domina anche nella presenza nazionale all’estero; la seconda, una cucina di trattorie e osterie, panorama particolarmente ricco in Italia, nelle quali l’offerta di piatti della tradizione pecca però spesso di scarsa qualità e di poca attenzione alle materie prime. Inoltre, sembra che l’Italia non sempre riescaa valorizzare e vantare il suo patrimonio di eccellenza. La promozione internazionale è scarsa e disomogenea e il sostegno di un gioco di squadra nazionale è quanto mai fondamentale.

Gualtiero Marchesi, durante un suo intervento al Master in economia del turismo in Bocconi, ha osservato come sia fondamentale connotarsi con segni e brand idonei a questo nostro ruolo vocazionale e avanzare tutti assieme. Non c’è tempo da perdere, perché altri pesi si stanno già muovendo: la Spagna, che ha chiesto la tutela della dieta mediterranea, e il Messico, che perora la causa della sua gastronomia. Non dimentichiamo il ruolo dell’enogastronomia e della ristorazione per un turismo di qualità e, viceversa, del turismo per far conoscere i nostri prodotti dell’agroalimentare.

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