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VINO E TERRITORIO

Canelli, culla della spumantistica italiana, verso la Docg. Avviato l’iter, prime bottiglie nel 2020

Al via il percorso ora al vaglio di Regione Piemonte, Comitato Vini e Bruxelles. Mentre i produttori puntano ad 1 milione di bottiglie
CANELLI, DOCG, MOSCATO, PRODUTTORI MOSCATO CANELLI, Italia
I vigneti di Canelli di Michele Chiarlo

Cuore storico della spumantistica italiana, con le sue “Cattedrali sotterranee” patrimonio Unesco, dove Carlo Gancia, nel 1865, dette i natali allo spumante italiano, Canelli, con il suo Moscato, si prepara a diventare una Docg: l’iter è partito in primavera, per iniziativa del Consorzio dell’Asti, spiega una nota dell’Associazione Produttori Moscato Canelli, che ha aperto la strada della Docg per l’attuale sottozona del Moscato d’Asti, e nei prossimi mesi la questione verrà affrontata dalla Regione Piemonte, poi dal Comitato Vini a Roma e poi a Bruxelles. Se tutto andrà bene, la prima bottiglia di Canelli Docg, arriverà dalla vendemmia 2020. Intanto, i numeri parlano di una crescita: l’imbottigliato del primo semestre del 2019 sfiora le 200.000 bottiglie, un più 30% rispetto ai primi 6 mesi del 2018.
“L’obiettivo delle 500.000 bottiglie nel 2019 è ormai - spiega Gianmario Cerutti, presidente dell’Associazione Produttori Moscato Canelli - un dato quasi certo, anzi ci sentiamo di dire che puntiamo al milione di bottiglie in pochi anni, contando le sole aziende dell’associazione”.

La lieve flessione di bottiglie tra il 2017 e il 2018, scese da 410.000 a 390.000, non deve ingannare: “è un dato che risente della scarsità della vendemmia 2017 - spiega Cerutti - con la vendemmia 2018 sono aumentati del 20% gli ettari di superficie vitata destinata al Canelli: ormai siamo vicini ai 100 ettari e il potenziale di vino prodotto è di 850.000 bottiglie”.
I dati storici raccontano che nel 2014, si producevano 95.000 bottiglie, diventate 123.000 nel 2015, 220.000 nel 2016, 410.000 del 2017, 390.000 dell’anno scorso.
Una crescita costante, fermata solo in parte da una vendemmia scarsa, che in pochi anni segna un incremento del 90%. Piccoli numeri ma un segno di grande appeal per il Canelli, confermato dall’export: il 50% delle bottiglie vengono consumate sui mercati esteri.
“Il numero di aziende che credono e scommettono sul Canelli cresce costantemente - dice il presidente - e insieme cresce sempre più la convinzione di essere sulla giusta strada. Fare Canelli non è una scelta semplice per le regole che ci siamo dati: si sceglie di produrre Canelli perché è un progetto concreto per il futuro. Oggi siamo 19 aziende nell’Associazione, ovvero l’80% degli attuali produttori di Moscato Canelli”.
Il primo anno di produzione del Moscato Canelli fu la vendemmia 2011. La zona di produzione comprende 23 Comuni tra il Sud Astigiano e la Langa, in Piemonte, in un’area ad alta vocazione per la coltivazione dell’uva moscato bianco e “core zone” Unesco tutelata come Patrimonio dell’Umanità. Le uve spesso sono coltivate nei “surì”, ovvero quell’eccellenza piemontese di filari eroici di alta collina ben esposti al sole ma con pendenze tali che richiedono lavorazioni quasi esclusivamente manuali.
E, intanto, a celebrare il vino ed il territorio, sabato 6 luglio, è di scena “La lunga notte dolce”, ovvero l’edizione n. 6 de “Il Canelli e i colori del vino”, la manifestazione ideata e organizzata dall’Associazione Produttori Moscato Canelli, con un percorso enogastronomico in 12 tappe lungo la Sternia, il cuore antico della città, dove ad ogni fermata sarà degustato un vino abbinato ad un piatto tipico del territorio.

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