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VERSO LA ZONAZIONE

L’estrema varietà del territorio nella qualità del vino: la prossima sfida decennale dell’Alto Adige

Clima, terreni, vitigni, cucina e arte: come valorizzare questo patrimonio di contrasti con chiarezza? Le impressioni dal Wine Summit Alto Adige 2019

5.500 ettari vitati (su oltre 272.000 di superficie agricola totale), 5.000 viticoltori (che si spartiscono poco più di un ettaro di vigna a testa), 218 cantine (di cui 12 cooperative), 330.000 ettolitri di vino (l’1% della produzione vinicola italiana). Un fazzoletto di terra che riesce a contenere oltre 20 vitigni diversi (fra autoctoni e alloctoni), fino a 150 varietà di minerali (che influiscono significativamente sulla composizione del terreno anche a poche centinaia di metri), altitudini viticole che spaziano dai 200 agli oltre 1.000 metri, un clima influenzato contemporaneamente dal mediterraneo e dall’arco alpino che crea - grazie alla frammentaria morfologia del territorio - piccoli e unici microclimi, capaci di ospitare una flora incredibilmente ricca e variegata. Tutta questa varietà e questo contrasto, e il loro rapporto con l’emergenza climatica, insieme all’anteprima delle nuove annate, sono stati il focus della tre giorni del Wine Summit 2019, organizzata dal Consorzio Vini Alto Adige, dal 5 al 8 settembre.
Un’occasione di intelligibilità e di confronto verso una tematica impegnativa, piena di potenziale (ancora inespresso) ed insidie, che possono confondere il consumatore, se comunicato in modo poco organico. Ma allo stesso tempo un’opportunità per esprimere desideri, intenti ed esigenze a cui le cantine insieme al Consorzio cercheranno di dare ordine nel prossimo futuro: tanta varietà va infatti organizzata e definita e quindi anche l’Alto Adige è stato infine portato ad affrontare il tema della zonazione (a completamento di una Doc fra i più alti tassi di adesione in Italia: il 98% della superficie vitata), iniziando ad identificare ben 86 Lagen (sottozone), riconosciute dalla cartografia ufficiale, da cui si potranno ottenere solo vini da singoli vitigni del territorio: Gewürztraminer, Pinot Bianco e Nero, Sauvignon, Riesling, Schiava e Lagrein, Merlot e Cabernet Sauvignon, ma anche Sylvaner, Grüner Veltliner, Moscato Giallo e Rosa, Müller Thurgau, Kerner, Pinot Grigio e Chardonnay. Tutte varietà stabilmente integrate nel territorio altoatesino dalla fine del 1700, a cui si sono aggiunte di recente anche le nuove varietà resistenti alle patologie fungine, oggi vinificate anche singolarmente con successo (come Solaris, Bronner Souvignier Gris o Cabernet Cortis), che però non è ancora chiaro se potranno essere parte del progetto di zonazione.
“L’Alto Adige ha una specificità unica in Europa: in uno spazio di 8-9 km si concentra un’eterogeneità pedo-climatica e biologica e di escursione termica, paragonabile agli oltre 1.000 km che vanno dalla Spagna all’Inghilterra” ha spiegato Georg Niedrist dell’Istituto per l’Ambiente Alpino. Un fattore prezioso, che di fronte agli eventi climatici estremi (innalzamento delle temperature, siccità, grandine, gelate tardive) dà la possibilità di poter giocare qualche carta in più. Principalmente allocando con giudizio le varietà altoatesine che meglio si adattano alle diverse situazioni, oppure spostando vigneti a quote più alte. Va da sé, che cercare la complicità nella biodiversità e nelle buone pratiche agricole che rendono i terreni più fertili (e quindi le piante più equilibrate e resistenti “agli urti”) è ormai un tema assodato. Ma anche le varietà nuove possono essere una risposta: serve però tempo ed esperienza per poter comprendere a fondo se possono essere una strada veramente percorribile. Infine il tema dell’acqua: “L’Alto Adige è una zona secca, nonostante tutto. Qui piovono fra i 500 e gli 800 mm all’anno. Il 75% dei vigneti ha quindi impianti di irrigazione - ha precisato Niedrist - che sono sempre più necessari per interventi di emergenza, ma che vanno anche usati con più efficienza”.
I vigneti in quota sono una risposta, certamente. Ma non può essere l’unica, secondo Barbara Raifer del Centro Sperimentale Laimburg: “salire in altezza è una soluzione molto limitata. Lassù i terreni adatti alla viticoltura diventano infatti più rari. Stimiamo che gli ettari effettivamente disponibili non siano più si 400: cambia l’incidenza della luce solare, aumentano le zone d’ombra e le pendenze si fanno proibitive. Anche la composizione dell’aria è diversa” che influirebbe non tanto sulle piante, quanto sull’uomo che deve lavorare la terra. Costi non indifferenti per chi vuole provare questa soluzione, è quindi necessario cercare soluzioni senza fare troppi errori. In ogni caso, attualmente, non c’è una strategia organica in questa direzione. Sono i singoli produttori che sperimentano verso l’alto.
La zonazione lateralmente potrebbe andare in questa direzione. Secondo Carlo Ferretti, ricercatore presso il Geo Identity Research: “le macro-caratteristiche fisse di un territorio come la geografia, la geologia, l’acqua, la luce e il clima controllano la biologia della vite. Questa concentrata varietà pedo-climatica dell’Alto Adige, che lo rende un’isola mite all’interno dell’arco alpino, se correttamente stimata e definita, può dare ai viticoltori le basi necessarie per assegnare (e confermare) le varietà più adatte ad ogni singola Lage”.
Lo scontro fra la placca europea e quella africana e le seguenti glaciazioni hanno, infatti, stratificato le rocce metamorfiche, vulcaniche e sedimentarie/dolomitiche in un modo talmente vario da influire in modo difforme sulle piante e permettere, ad esempio, di ottenere vini significativamente diversi a partire dallo stesso vitigno. Ordinare in modo sistematico questa preziosa eterogeneità, sarebbe utilissimo anche per la ricerca e la sperimentazione.
Ma anche l’arte ne gioverebbe, che in questa terra ha subito influenze meridionali e settentrionali e che da sempre si è legata all’attività economica del territorio. “L’arte infatti prosperava dove c’era ricchezza - ha raccontato Leo Andergassen, direttore di Castel Tirolo - Museo Provinciale di Storia Culturale e Provinciale - e la rilevante presenza in Alto Adige di chiese e residenze nobiliari piene di rappresentazioni agresti associate al vino e alla vite (in gran parte ancora da scoprire) non fa che confermare come la zona fosse attraversata - grazie ai collegamenti stradali transalpini - da un fermento commerciale intenso, che ha dato continui impulsi alla viticoltura e alla sua rappresentazione artistica”. Conventi bavaresi prima e la monarchia austroungarica poi, hanno contribuito a legare indissolubilmente l’arte al vino, creando spazi emozionali e narrativi immediatamente comprensibili e fruibili dalle persone. Sviluppare o meglio, implementare - una rete enogastronomica e artistica renderebbe l’esperienza degli appassionati ancora più completa, con un ritorno economico non indifferente (anche per quel settore dell’arte e della cultura troppo spesso trascurato.
Tutto questo senza perdere di vista la qualità “a cui siamo condannati” secondo l’opinione di Hans Terzer, enologo della Cantina di San Michele Appiano “perché in questo piccolo territorio non possiamo competere con le grandi regioni e produzioni. Le pendenze ci costringono a lavori in gran parte manuali, quindi dobbiamo vendere a prezzi adeguati e questi prezzi si raggiungono solo con la qualità. E per questo serve spirito di osservazione, che necessita di tempo e pazienza”. E questo vale per il singolo, ma l’Alto Adige è anche cooperazione di altissimo livello: “Fare squadra è stato ciò che ci ha aiutato ad uscire dai difficili anni ’70 e ’80 - ha sostenuto Willi Stürz, enologo della Cantina di Tramin - perché la viticoltura qui è molto frammentata e unire le forze era l’unico modo per crescere e affermarci come regione viticola di qualità, soprattutto in vigna”. Anche con protocolli costruiti ad hoc insieme ai propri soci, come ha fatto la Cantina di Kurtatsch: un incentivo ad aumentare la sostenibilità delle vigne senza opprimere con decisioni calate dall’alto e riconoscendo un incentivo economico via via maggiore a chi ne attua più parti.
Qualità che si riscontra anche nel bicchiere: con una Schiava che sta raggiungendo livelli di godibilità sempre maggiori (e sempre più aderenti al vitigno); un Pinot Bianco che - al contrario - dovrebbe ritrovare quella aderenza; un Pinot Nero che ha conosciuto annate migliori ma con isolati picchi di eccellenza; Sylvaner, Kerner e Grüner Veltliner, vitigni sempre meno “minori”; e un Gewürztraminer che, nelle sue diverse espressioni, si conferma sempre di più il vitigno madre di questo Alto Adige variegato.
Di seguito i migliori assaggi della redazione di WineNews:

 

Kettmeir, Spumante Pas Dosé 2015
Buccia di limone, crosta di pane e una leggera nota vanigliata e un sorso fresco di cedro, per questa anteprima di Santa Margherita

 

K. Martini & Sohn, Pinot Bianco Alte Rebe 2017
Il profumo dei fiori bianchi e la freschezza della frutta matura con un tocco di mandorla. In bocca il sorso è lungo e citrino. Delizioso

 

Kellerei Girlan, Pinot Bianco Flora Riserva 2017
Rosa, glicine, pera e vaniglia, è morbido e teso allo stesso tempo. Entra sottile per poi farsi largo in un sorso strutturato che finisce floreale

 

Kellerei Kaltern, Sauvignon Quintessenz 2018
Un vino tesissimo e incredibilmente fresco, dalla spiccata anima agrumata

 

Peter Dipoli, Sauvignon Voglar 2017
Simbiosi perfetta fra l’acidità che rinfresca e la mineralità che dà sapore. Profumi miti vegetali

 

Manincor, Sauvignon Tannenberg 2016
Delicato come il glicine e la melissa, dall’anima marcatamente sapida ma dal finale citrino. Un richiamo al sorso

 

Köfererhof, Valle Isarco Sylvaner R 2018
Pesca gialla e ginestra, sorso cremoso ed ampio, senza perdere la spina fresca, condita di buona mineralità silenziosa

 

Eisacktaler Kellerei, Valle Isarco Kerner Sabiona 2018
Pera e Granny Smith con aromi vegetali e buccia di limone a contorno. Un vino fresco e godibilissimo

 

Tiefbrunner, Müller Thurgau Feldmarschall von Fenner 2018
Buccia di limone, gelsomino e melissa. Un lieve residuo zuccherino che stempera la nota ammandorlata finale. Elegante

 

Baron Longo, Solaris 2017
Più matura in bottiglia, più esprime la sua particolare nota di fieno e tè verde. Attacca e finisce morbido sviluppando una piacevole sapidità centrale

 

Weingut Pacherhof, Valle Isarco Grüner Veltliner 2018
Sorso lunghissimo di freschezza e discreta morbidezza che stempera la citricità. Profuma di lavanda e note vegetali

 

Bergkellerei Passeier, Bianco Giovo 2017
Chardonnay, Solaris e Sauvignon: profumi netti di gelsomino, pesca bianca e zagara. Sorso morbido, si sviluppa sapido, fresco e persistente sul finale

 

Tiefbrunner, Gewürztraminer Turmhof 2017
Bicchiere dorato, delicato di rosa, è rotondo e piacevolmente sapido che stempera l’amaro

 

Kurtatsch, Gewürztraminer Brenntal Riserva 2016
Versione più vegetale e sapida, acquista dolcezza man mano che si sviluppa in bocca

 

Ritterhof, Gewürztraminer Auratus 2008
L’oro nel bicchiere, persistente in bocca. Non esagera in nulla. Miele, mallo di noce, rosa appassita. Squisito

 

Loacker, St. Magdalener Klassisch Morit 2017
Croccante di mora e rovi e melograno, sia al naso che in bocca, tannino delicato e freschezza perfettamente legati

 

Armin Kobler, Cabernet Franc Puit 2016
Rovi e mora e una leggera dolcezza di foglia di pomodoro, dal sorso snello, lievemente tannico e lungo

 

Plonerhof, Pinot Nero 2016
Fresco e croccante che richiama la beva, sa di ciliegia e rosa e arancia rossa. Pepato in bocca ha un sorso dalla fine freschezza

 

Klosterhof, Lago di Caldaro Classico Superiore Plantaditsch 2018
Una Schiava graziosa, che sa di rosa. Sorso molto sapido che chiude lunghissimo e fresco

Untermoserhof, St. Magdalener Klassisch Hub 2018
Saporito di pepe, profuma di fiori bianchi. In bocca è spazioso senza perdere verticalità

 

Kellerei St, Michael Eppan, Pinot Nero Riserva The Wine Collection 2015
Pepe, grafite, rosa e prugna, sorso ampio dal tannino evidente ma tenuto a bada dalla sapidità

 

Peter Zemmer, Pinot Nero Riserva Vigna Kofl 2017
Pompelmo, cedro e caju, dal sorso appuntito ma ben bilanciato fra tannini morbidi e sapidità

 

Kellerei St. Pauls, Pinot Nero Passion Riserva 2017
Un Pinot Nero selvaggio, di mora, rovi e alloro. Sostanzioso in bocca, finisce pepato dopo una lunga sosta sapida centrale

 

Kellerei Tramin, Pinot Nero Maglen 2017
Naso affumicato, poi rosa e infine balsamico. Il sorso è piacevolissimo, con uno sviluppo fluido e ben bilanciato

 

Manincor, Pinot Nero Mason di Mason 2017
Mentolato e dolce di rosa, dalla freschezza spiccata. Un Pinot Nero leggero e beverino, ma non gli manca sostanza

 

Elena Walch, Gewürztraminer Passito Cashmere 2018
Speziato e balsamico, riesce a bilanciare la morbidezza con un’anima fresca decisa ma discreta. Da finire soli

 

Kellerei Girlan, Moscato Rosa Pasithea Rosa 2016
La quintessenza della rosa, scopre un’anima vegetale in bocca, leggermente ammandorlato, e costruito su una spina tannica delicatissima

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