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L’INTERVISTA

Trasparenza, managerialità e buona finanza: il vino ed il suo futuro per Massimo Gianolli

A WineNews, il finanziere e patron de La Collina dei Ciliegi: “servono lungimiranza, poca litigiosità nei territori e l’apertura a nuove partnership”

Trasparenza, capacità di cogliere l’opportunità dei finanziamenti garantiti dal Governo attraverso il sistema bancario, come per esempio dal Mediocredito Centrale, e altre forme di sovvenzione, adeguata struttura aziendale con vertici competenti: è quello che serve per affrontare questo periodo difficile e particolare e proiettarsi verso un positivo futuro positivo per il vino italiano. Almeno secondo Massimo Gianolli, uno dei protagonisti della finanza italiana e fondatore de La Collina dei Ciliegi.
“Credo che si debba innanzitutto - racconta Gianolli, a WineNews, che dell’azienda in Valpantena (Verona) è presidente - guardarci in casa tutti, e se abbiamo nascosto la polvere sotto il tappeto tirarla fuori: dal punto di vista finanziario, è fondamentale che i magazzini e la cassa siano a posto, e che non si perdano le opportunità offerte dal Governo con i finanziamenti garantiti, come per esempio quelli accessibili attraverso il Mediocredito Centrale, e le tante altre forme di sovvenzione, veramente utili per sostenere le imprese di fronte a questo calo di fatturato e alle problematiche che stanno subendo a livello mondiale. Inoltre, per superare la crisi sono importanti tutti gli altri strumenti, come per esempio il prestito su pegno e quello rotativo, se ben sfruttati. Poi bisogna che gli imprenditori si rendano conto di non essere capaci di fare tutto e si strutturino a livello manageriale con un direttore finanziario e di un direttore generale anche nelle aziende familiari medio-piccole. E ancora bisogna avere un basso grado di litigiosità, lavorare sul territorio e pensare, come abbiamo fatto noi, ad alleanze internazionali”.
Il riferimento è alla joint venture tra la Collina dei Ciliegi e la francese AdVini, come già riportato da WineNews, per posizionare i fine wine dell’azienda di Erbin nell’horeca degli otre 100 Paesi in cui opera la rete distributiva della grande realtà francese e mettere in rete Ca’ del Moro Wine Retreat con le strutture (6 resort e 5 ristoranti) già nel portafoglio di Advini.
“L’Italia è un Paese meraviglioso, ricco di vitigni, aziende e vini di grandissima qualità - sottolinea Gianolli - ma spesso non siamo lungimiranti nel pensare che anche i prodotti migliori vanno distribuiti. La distribuzione e il marketing sono due elementi fondamentali. Quindi, dobbiamo lavorare tutti insieme per valorizzare i territori e per pensare ad alleanze e strategie internazionali per posizionare il vino italiano alla medesima altezza del vino francese”.Peraltro, Gianolli ha esplorato con successo una formula un po’ particolare di vendita en primeur che consente alla cantina di avere un anticipo dei flussi finanziari di qualche anno, con indubbi benefici sul cash flow, sugli oneri finanziari e sui rischi di credito legati alla vendita. “La vendita en primeur del nostro Amarone cru “Ciliegio” - racconta l’imprenditore - è iniziata due anni fa ed entro tre anni puntiamo a riservare il 75% di questo vino al progetto attraverso la sua espansione nazionale ed internazionale. L’idea è quella di far partecipare all’amore per questo luogo, terrazza sulle colline della Valpantena, e per l’Amarone, tante persone e tanti amici. Il “Club en primeur”, riunisce gli investitori che, avendo acquistato una o più botti, custodite nella nostra cantina, entrano a far parte di un networking, di una rete di contatti che si cementa attraverso un raduno annuale, e quest’anno siamo al secondo, e una serie di attività nel Ca’ del Moro Wine Retreat, hotel e ristorante de La Collina dei Ciliegi, attraverso le degustazioni da botte, momento in cui i proprietari possono godere dell’evoluzione del loro Amarone”.
A oggi sono 70 - 13 in più sul 2019 - tra private banker, responsabili di fondi di investimento, manager di società finanziarie, partner di studi legali e commercialisti, ma anche giornalisti e winelover ad essersi interessati a questo “investimento liquido in un mercato sempre più liquido” per un vino importante come l’Amarone. Certo, l’acquisto en primeur è sicuramente un piacere, è da verificare se sia effettivamente un investimento sicuro. “Gli investimenti sicuri - spiega Gianolli - non esistono. Meglio stare alla larga da quelli che così li raccontano. L’investimento va scelto per la sua oggettiva qualità e perché ci si crede, e io lo so bene come imprenditore, affidandosi a persone serie. L’investimento è ragionevolmente sicuro se alla base c’è un prodotto di grandissima qualità e, come nel nostro caso, un’azienda che mette grande amore nella produzione e nell’accoglienza degli acquirenti. Negli ultimi 10 anni gli investimenti in vini pregiati hanno prodotto un 110% di incremento, e questo è un dato oggettivo e importante, ma non vuol dire che un risultato del genere sia sempre realizzabile. E poi il vino, a differenza di un investimento finanziario, che potrebbe essere più pericoloso e magari meno redditizio, è un bene più fruibile in caso di smobilizzo. Credo che se non si pensa ad una bottiglia di vino prima con il cuore e lo stomaco, se lo si guarda solo come investimento finanziario, non abbia senso”.
La vendita en primeur garantisce l’acquisto iniziale ad un prezzo favorevole di vini eccellenti, prodotti in quantità limitate, e la proiezione del prezzo stima un aumento pari al 10% annuo.
“Perché il vino nel tempo non solo non perda le sue caratteristiche ma migliori le sue caratteristiche - puntualizza Christian Roger, vice presidente di Collina dei Ciliegi ed esperto di vino e finanza - devono essere soddisfatte diverse condizioni. La provenienza da un terroir eccellente, e Francia e Italia ne hanno, una ottima annata e la conservazione accurata. Basti un solo esempio, quello del Sassicaia, il gran vino italiano più noto all’estero”.
Terroir e saper fare non mancano nell’area di produzione dei vini Valpolicella - tra cui la Valpantena, la valle ad est in cui si trovano i vigneti de La Collina di Ciliegi a 500-700 metri sul livello del mare - ma non è sufficiente. “Dal sistema Valpolicella provengono degli scricchiolii - commenta Gianolli - che derivano probabilmente da errori perpetrati e soprattutto da chi ha sempre pensato che le cose possano andare bene comunque, nel tempo, al di là degli effetti di comportamenti, come la guerra dei prezzi che poi si ripercuote sulla qualità, abbassandola al calare dei prezzi, provocando mal di pancia che non si esauriranno nel breve periodo. Ci sono problemi che possono essere risolti prendendo strade diverse. Chiudendo la guerra dei prezzi, puntando su qualità e prodotti innovativi. Noi, nel 2018, attraverso il nostro vino SuperValpantena (ndr: un blend tra Corvina, il vitigno per eccellenza dei vini Valpolicella, e Teroldego sempre realizzato con la consulenza di Claude e Lydia Bourguignon), abbiamo voluto smarcare La Collina del Ciliegi dalla denominazione, e produrre un vino che rappresenti l’azienda e l’eccellenza del nostro team manageriale. Peraltro gli elevati valori dei vigneti in Valpolicella (400-500.000 euro all’ettaro, quotazione pre-Covid, ndr) potranno continuare ad esserlo solo se continueranno a rispecchiare una redditività elevata, cioè puntando su una produzione di eccellenza per qualità e quantità”.

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