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DESTINI INCROCIATI

“Dolce vita” all’italiana, ad eportarla nel Nuovo Mondo furono anche i pionieri del vino italiano

Le storie di Bodega Catena Zapata in Argentina e Ponzi Vineyards in Oregon fondate da immigrati italiani, oggi simbolo della bellezza dei loro terroir

Quando nel 1898 Nicola Catena, marchigiano, emigrò nel Nuovo Mondo, in valigia aveva un sogno: l’Argentina, dove, pochi anni più tardi - nel 1902 - fondò una cantina, Bodega Catena Zapata a Mendoza, nella sotto denominazione di Agrelo, da oltre un secolo ancora di proprietà della stessa famiglia, dopo che l’immigrato italiano la passò al figlio Domingo, e Domingo al figlio Nicolás Catena Zapata, un pioniere nell’esportare le tecniche di vinificazione europee nel Paese sudamericano, inclusa l’introduzione del Malbec e la coltivazione della vite in alta quota, portandolo nell’era moderna e diventandone una leggenda. Stessi anni in cui, nel 1970, Richard “Dick” Ponzi, un ingegnere figlio di immigrati italiani, e Nancy Ponzi, originaria del Southern California, spinti da spirito di avventura ed una grande passione per un altro vitigno francese, il Pinot Noir, dopo numerosi viaggi in giro per il mondo alla ricerca del terroir ideale, dalla Borgogna alle Chehalem Mountain, nell’Oregon, scelgono di mettere radici e piantare vite nella Willamette Valley, a sud-ovest di Portland, convinti che quel clima settentrionale fosse l’ideale, tanto da fondarvi la loro cantina. A ripercorre il “viaggio della vita” sulle orme dei loro antenati, esplorando come le proprie origini abbiano influenzato il loro percorso enologico nel Nuovo Mondo, sono le ultime discendenti alla guida delle aziende di famiglia, oggi volti-simbolo riconosciuti del mondo del vino dei loro territori, la cui bellezza contribuiscono a diffondere: Laura Catena, managing director di Bodega Catena Zapata, e Anna Maria Ponzi, alla guida di Ponzi Vineyards.
In comune hanno la cultura dell’Italia e della produzione di vino nel loro Dna, e una storia di che ricorda quella dei vignerons che per primi, a partire da Philip Mazzei - amico del presidente americano Thomas Jefferson, che, arrivato in Virginia dalla Toscana alla fine del Settecento, piantò le prime viti europee in Usa - sono partiti dall’Italia alla conquista dei vigneti “vergini” del Nuovo Mondo (nelle storie raccolte e raccontate da WineNews), investendo sogni e capitali in aziende estere e aprendo nuove frontiere alla viticoltura dei “Due Mondi”.
“Il mio trisavolo venne in Argentina per piantare i suoi vitigni, perché in Italia all’epoca era più difficile, ma l’essere italiani, con la terra “in tasca”, ha fatto la differenza e la nostra storia”, ha detto, a Wine2Wine, il business forum sul vino di Veronafiere e Vinitaly, Laura Catena, pronipote del fondatore della cantina di famiglia (Extraordinary Winery dell’Argentina per The Wine Advocate di Robert Parker, nel 2017), biologa e scrittrice, fondatrice del Catena Institute of Wine in Argentina, dedicato alla salvaguardia della varietà Malbec, tra le Top Women Vinters del mondo per l’“Oprah Magazine”. “Nel 1980 abbiamo iniziato a piantare il Malbec, varietà di origine francese come il Pinot Noir, vitigni antichi come si coltivavano in Italia e che potevano funzionare bene anche all’estero, con una visione radicata nella terra che è propria degli immigrati e della cultura italiana. Così come lo spirito di famiglia e l’essere una comunità. Una cultura che abbiamo diffuso nella comunità enoica dei nostri nuovi Paesi, contribuendo a scriverne la storia e a farli crescere, perchè ci ha ispirato non solo nella produzione ma anche nel modo di fare export, promuovendo la loro bellezza, culturale, paesaggista, artistica, gastronomica, ed esportandola con i nostri vini, proprio come fanno l’Italia ed i suoi grandi produttori, da Gaja ad Antinori, per esempio, e che ci supportano. C’è poi un ultimo aspetto curioso: il ritorno alle origini, come nel caso di mio fratello che oggi produce vino in Italia”.
“La mia famiglia è arrivata in Oregon quando non c’era ancora niente e tutti pensavano che fossimo matti a piantare viti, ma con una determinazione, una perseveranza, cultura del sacrificio, nel realizzare il proprio sogno, che affondano le radici nella cultura italiana. Oggi ci sono circa 900 aziende vitivinicole in tutto l’Oregon, e noi siamo la numero tre, tramandandoci la produzione di vino e la passione di padre in figlie, un altro aspetto che ricorda l’Italia, accanto ad un forte amore per la cucina e le sue tradizioni”, ha detto Anna Maria Ponzi, che, con la sorella Luisa, ha fatto dell’azienda di famiglia fondata dai genitori, una leader nella wine industry, con oltre 140 viti certificate sostenibili, nuove varietà coltivate e metodi agricoli innovativi, membro di alcune delle più organizzazioni di settore dell’Oregon. “Nella Weast Coast la cultura italiana è meno diffusa rispetto all’East Coast. Ma tutta l’America, come del resto l’Argentina, è il primo mercato e una vetrina fondamentale per il vino italiano, con il quale c’è un “love affair” duraturo e continuo, grazie alla sua grande qualità. Anche mio padre era ossessionato nel produrre il vino migliore come se fosse un’arte, seguendo ogni fase della sua produzione, dal vigneto alla cantina, e noi lo abbiamo ereditato. All’inizio degli anni Novanta abbiamo iniziato a produrre Arneis e Dolcetto, ai quali oggi si è aggiunto il Nebbiolo. Tutto questo perché, non c’è distanza geografica con il nostro Paese d’origine, che possa cancellare, generazione dopo generazione, l’italianità”.

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