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AGRICOLTURA E POLITICA

Record dell’export agroalimentare nel 2020, nonostante il Covid: un segnale forte da cui ripartire

Le reazioni di Confagricoltura, Coldiretti, Cia - Agricoltori Italiani, Copagri e Slow Food alle parole di Mario Draghi, con l’ambiente al centro
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Il record dell’export agroalimentare nel 2020, nonostante il Covid: un segnale forte da cui ripartire

Con l’attenzione calamitata dalla pandemia e dell’insediamento del Governo Draghi, è passata un po’ in sordina la notizia dell’ennesimo record delle esportazioni agroalimentari italiane nel 2020: 46,1 miliardi di euro tra prodotti agricoli (+0,7%) e cibo, bevande e tabacchi (+1,9%), secondo i dati Istat, uniche voci in crescita oltre al farmaceutico, in un anno in cui le esportazioni italiane sono crollate del -9,7%, con il comparto agroalimentare che vale oltre il 10% del totale. Un pilastro economico, sociale ed occupazionale, quello della filiera dal campo alle tavole del mondo, da cui sarà fondamentale ripartire per portare il Paese fuori dalla tempesta della pandemia, anche affrontando i cambiamenti e le innovazioni di cui ha parlato nel suo discorso al Senato della Repubblica il premier Mario Draghi, che ha ricevuto consensi e aperture alla collaborazione da parte delle principali organizzazioni di categoria, da Confagricoltura a Coldiretti, dalla Cia - Agricoltori Italiani a Copagri, passando per Slow Food, che hanno apprezzato in maniera forte la centralità dei temi legati ad ambiente e sostenibilità nelle parole di Draghi.
“Proteggere il futuro dell’ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale, aiutare le imprese e i lavoratori del settore turistico, e, nell’ambito delle politiche attive del lavoro, migliorare gli strumenti esistenti, rafforzando le politiche di formazione dei lavoratori. Le priorità indicate dal premier Draghi oggi al Senato pongono l’agricoltura al centro della politica in una fase cruciale del Paese”, commenta il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, che aggiunge: “le sfide del settore primario sono indirizzate verso l’innovazione, la digitalizzazione, la sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Confagricoltura auspica che, sulla base della linea tracciata da Draghi, il PNRR sia rivisto allocando le risorse a favore delle infrastrutture materiali e immateriali, la ricerca e lo sviluppo tecnologico, determinanti per la ripresa anche delle aree interne. Sono temi sui quali Palazzo della Valle si batte da tempo, nella convinzione che il settore agroalimentare, prima voce del Pil, sia determinante per il raggiungimento degli obiettivi. Confagricoltura c’è e, con le sue imprese, è pronta a fare ancora di più la propria parte per il progresso e il benessere dell’Italia”.

“Siamo pronti a collaborare per lo sviluppo dell’agricoltura italiana che è la più green d’Europa grazie alla leadership conquistata per valore aggiunto, sostenibilità e qualità” ha aggiunto il presidente Coldiretti, Ettore Prandini. “L’agricoltura italiana - sottolinea Prandini - ha il primato dell’Unione Europea con 311 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 526 vini Dop/Igp, 5155 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola, la leadership nel biologico con oltre 70.000 aziende agricole bio, oltre al primato della sicurezza alimentare con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari. Ma si tratta anche di una realtà che sul rispetto dell’ambiente e la qualità dei prodotti fonda la propria competitività che ha consentito di ottenere nel 2020 il record storico delle esportazioni a 46,1 miliardi in netta controtendenza rispetto agli altri settori travolti dalla pandemia Covid. Con la crisi la filiera del cibo è diventata la prima ricchezza del Paese con un valore che supera i 538 miliardi, garantisce dai campi agli scaffali 3,6 milioni di posti di lavoro grazie all’attività, tra gli altri, di 740.000 aziende agricole, 70.000 industrie alimentari, oltre 330.000 realtà della ristorazione e 230.000 punti vendita al dettaglio. Digitalizzazione delle campagne, foreste urbane per mitigare l’inquinamento e smog in città, invasi nelle aree interne per risparmiare l’acqua, chimica verde e bioenergie per contrastare i cambiamenti climatici ed interventi specifici nei settori deficitari ed in difficoltà dai cereali all’allevamento fino all’olio di oliva sono alcuni dei progetti strategici cantierabili elaborati dalla Coldiretti per il Recovery Plan”, ha concluso Prandini nel sottolineare che “occorre ripartire investendo sui punti di forza del Paese”.

“L’agricoltura può giocare un ruolo da protagonista per uscire dalla crisi scatenata dalla pandemia e guardare a una ripresa più sostenibile e green. Le risorse del Recovery Plan al settore primario possono fare da moltiplicatore per costruire un nuovo modello di sviluppo socio-economico e ambientale dei territori italiani, rilanciando le aree rurali, che rappresentano più della metà della superficie nazionale con 11 milioni di cittadini. “Il ruolo dell’agricoltura - afferma, dal canto suo, il presidente Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino - si evolve oggi in molte direzioni, non solo quella produttiva che resta evidentemente centrale, come dimostrato in questi mesi con il settore garante dell’approvvigionamento di cibo, ma contribuisce alla tenuta dei territori e, ora, può fare da perno dello sviluppo integrato del Paese, in un’ottica di sistemi interconnessi, con l’obiettivo di aumentare la competitività del sistema alimentare, ma anche di produrre energia da fonti rinnovabili, tutelare il paesaggio, salvaguardare il suolo e le foreste per prevenire il dissesto idrogeologico, migliorare la sostenibilità dei processi produttivi con nuove tecnologie digitali, blockchain e rinnovo parco macchine. Occorrerà quindi un Recovery Plan che, invece di sussidi a pioggia, preveda robusti investimenti, sia nelle infrastrutture che nella digitalizzazione e nei servizi, a partire dalle aree interne. Abbiamo davanti il futuro dell’Italia, ora serve programmare nuove strategie per mettere in atto la transizione green con il contributo degli agricoltori italiani, vere sentinelle del territorio, e insieme a tutte le forze economiche e sociali del Paese”.

“Nel ricordare nuovamente il grande apporto alla tenuta socioeconomica del Paese arrivato dai produttori agricoli, che con senso di responsabilità hanno sempre assicurato il regolare rifornimento degli scaffali, esprimiamo apprezzamento per l’attenzione riservata dal Premier incaricato alla necessità di preservare il futuro dell’ambiente conciliandolo con il progresso e con il benessere sociale - sottolinea il presidente Copagri, Franco Verrascina - e puntando su un approccio nuovo che coniughi agricoltura, salute, energia, educazione e protezione dei territori e delle biodiversità dal riscaldamento globale e dall’effetto serra, senza dimenticare la digitalizzazione e l’ammodernamento del settore; una risposta in tal senso può arrivare anche dal riconoscimento a livello nazionale, più volte richiesto dalla Copagri, dell’agricoltore quale custode dell’ambiente e del territorio”.
Parole di apprezzamento per il discorso di Draghi arrivano anche da Slow Food, secondo cui il premier incaricato “ha toccato alcuni temi di cruciale importanza per quel vero cambio di paradigma su cui Slow Food da tempo ormai insiste. Il momento storico che stiamo vivendo, l’autorevolezza e l’esperienza del nuovo Primo ministro, l’orizzonte temporale cui ha accennato - cosa faremo nel 2050 - e i confini politici oltre ai quali ha lanciato lo sguardo - Europa, Mediterraneo, Balcani, Africa - ci fanno guardare ai prossimi giorni e alle prime proposte con attesa e fiducia. Draghi ha evidenziato l’importanza della biodiversità, tema sul quale, da oltre trent’anni, Slow Food lavora con progetti concreti, come i Presìdi e l’Alleanza Slow Food dei cuochi, e ha riconosciuto che “lo spazio ottratto alla natura potrebbe essere stata una delle cause della trasmissione del virus dagli animali all’uomo”. Ha ricordato ancora le parole di Papa Francesco secondo cui “le tragedie naturali sono la risposta della Terra al nostro maltrattamento”. Ha accennato al dissesto idrogeologico, a cui Slow Food avrebbe aggiunto anche la drammatica perdita di suolo (e di fertilità dei suoli) cui è soggetto il nostro Paese. La consapevolezza della necessità di articolare il Piano nazionale di ripresa e resilienza attorno al tema della tutela ambientale espressa dal Presidente del Consiglio rappresenta, secondo Slow Food, il punto di partenza del processo di ripresa economica. Promettente, in questo senso, il richiamo di Mario Draghi all’agricoltura, alla bellezza dell’Italia basata su arte e paesaggio, all’importanza delle aree interne e di un turismo che non devasti il territorio. Ci piacerebbe vedere tra i primi interventi del governo Draghi il tema che secondo Slow Food permette di leggere a 360° il sistema produttivo, economico, culturale e sociale in cui viviamo, una delle principali cause delle crisi climatica e ambientale, ma anche tra le prime soluzioni per risolverle. In questo primo discorso avremmo voluto sentir parlare anche di cibo e di chi il cibo lo produce e lo trasforma, di quelle migliaia di piccole aziende agricole che curano i territori e i paesaggi, che costituiscono il tessuto delle comunità italiane, dei piccoli borghi che quel turismo rispettoso non devasta ma nutre. Si tratta di un argomento al centro degli ultimi impegni intrapresi dall’Unione europea con le Strategie sulla Biodiversità e Farm to Fork, che può permettere di lavorare da una prospettiva univoca sui 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che riunisce l’impegno dei giovani e delle donne, la tutela del paesaggio e il sostegno alle piccole economie. Se è vero che “ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro diritti”, allora è dal cibo che ogni giorno consumiamo, dall’armonia con le risorse naturali con cui viene prodotto, dai diritti di chi lo produce e dalle garanzie per i consumatori che, secondo Slow Food, si deve partire.

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