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FUTURO

Braida saluta l’arrivo della primavera piantando 146 Quercus Sessilis

Un occhio all’ambiente e uno alle prossime generazioni: le barrique di domani nasceranno a due passi dai vigneti

146 piante di Quercus Sessilis per guardare al futuro, 146 piante di Quercus Sessilis per chiudere il cerchio: sono quelle piantate da Braida, griffe della Barbera che ha salutato così l’arrivo della primavera, con 146 piante di Quercus Sessilis, provenienti dal dipartimento francese dell’Allier, nella regione dell’Alvernia Rodano-Alpi, messe a dimora appena sotto la vigna, in un appezzamento di terra di un ettaro e mezzo di estensione, che daranno vita, negli anni, ad alberi slanciati e ampi, i cui fusti sono perfetti per essere trasformati un domani in barrique. I legni di quella zona del Massiccio Centrale, tra le foreste di Tronçais, Gros Bois e Dreuille, sono infatti famosi in tutto il mondo perché contengono le sostanze nobili per la migliore e più equilibrata cessione al vino. Un dono per le prossime generazioni, visto che gli alberi, per crescere, impiegheranno tra i 100 e i 150 anni.
“L’anno scorso, in questo periodo, piantavamo una vigna sulla collina dell’Asinara”, ricordano Raffaella e Giuseppe Bologna, proprietari dell’azienda di Rocchetta Tanaro, che ai 60 ettari vitati di proprietà alterna altri 15 ettari di bosco. “Un gesto che, in pieno lockdown, mentre tutti erano immobilizzati, tra paura e incertezza, stupì molto per il messaggio di speranza che portava con sé.
Quest’anno rilanciamo, e mettiamo a dimora le querce: saranno i nostri figli e i nostri nipoti a godere a pieno del risultato di questo lavoro. È un sogno che accarezzavamo da molto tempo. Da un lato, questo progetto si intreccia coerentemente alla storia aziendale di Braida, perché proprio sull’uso sapiente della barrique si basò nel 1982 l’intuizione di Giacomo Bologna che, modellando quel vino così carico di polifenoli e acidità, riuscì a rivoluzionare la percezione della Barbera, valorizzandola. Dall’altro, mette l’accento sulla grande importanza che ha per noi il distretto enologico astigiano e piemontese. In una filiera realmente corta - concludono Raffaella e Giuseppe Bologna - si producono non solo ottime uve ma anche le migliori botti (proprio il mastro bottaio Gamba di Castell’Alfero ci ha assistiti nella scelta delle piante di Quercus Sessilis) e i principali impianti dell’enomeccanica. E chissà, perché no, adesso anche i legni”.

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