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MERCATO

Emergenza scorte: il Chianti chiede di anticipare l’uscita dell’annata 2021 (al 1 gennaio 2022)

Il Consorzio, guidato da Giovanni Busi, alla prese con un calo della produzione del 30-35%, e il boom delle vendite ha già svuotato gli scaffali
ANNATA 2021, CHIANTI, CONSORZIO CHIANTI, MERCATO, Italia
Il Chianti

Anticipare di due mesi l’immissione sul mercato dell’annata 2021, spostandola dal 1 marzo al 1 gennaio 2022: è la richiesta del Consorzio del Chianti, la denominazione rossista più grande d’Italia, alla Regione Toscana, guidata da Giovanni Busi, una mossa necessaria per evitare scarsità di prodotto in vendita alla luce del calo della produzione, dopo le difficoltà delle ultime vendemmie.

L’anticipo di due mesi potrà essere adottato in modo volontario da parte delle aziende, per quelle produzioni che avranno già acquisito le caratteristiche qualitative previste dal disciplinare di produzione, e riguarderebbe anche i vini Chianti delle sottozone e i Chianti Superiore. I primi riscontri provenienti dalle cantine sociali parlano per la vendemmia 2021 di un calo dei conferimenti delle uve compreso fra il 30% e il 35%, a causa della gelata dello scorso aprile e della siccità patita nei mesi estivi, con un conseguente aumento delle quotazioni, fra i 90 e i 105 euro al quintale, contro i 55-70 euro del 2020. Considerato anche il buon andamento delle vendite del Chianti, le giacenze previste per fine 2021 saranno al livello minimo dal 2005 a oggi.
“I prezzi sono già aumentati del 25% - spiega il direttore del Consorzio del Chianti, Marco Alessandro Bani - e la domanda continua ad aumentare: non possiamo permetterci di far rimanere il mercato senza prodotto, e non possiamo far uscire il Chianti dagli scaffali della grande distribuzione, a favore di altre denominazioni concorrenti, che vengono commercializzate a prezzi più contenuti. Per rientrare sugli scaffali occorrerebbero anni e una politica di prezzi al ribasso. Avere un mercato con prezzi fortemente altalenanti non è nell’interesse di nessun attore della nostra filiera, e non è positivo nemmeno per la Denominazione stessa”.

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