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AGRICOLTURA E SALUTE

Cibo e pesticidi, solo l’1,3% degli alimenti è irregolare. Il dossier Legambiente-Alce Nero

Il 63% dei campioni è pulito e regolare, nel 35% dei casi si trovano residui di una o più sostanze attive, ma nei limiti di legge
ALCE NERO, CIBO, LEGAMBIENTE, PESTICIDI, Non Solo Vino
Cibo e pesticidi: i dati del Rapporto Legambiente-Alce Nero

In Italia diminuisce costantemente l’impiego dei pesticidi in agricoltura, e questa è una buona notizia. Come lo è il fatto che solo l’1,39% degli alimenti analizzati sia irregolare, cioè con residui di principi attivi superiori alle soglie consentite per legge. Non di meno, 35,32% dei campioni regolari esaminati presentano uno o più residui di pesticidi, seppur nei limiti di legge. A dirlo il rapporto “Stop pesticidi nel piatto 2021” di Legambiente, realizzato in collaborazione con Alce Nero, che ha preso in considerazione 2.519 campioni di alimenti di origine vegetale, includendo anche i prodotti derivati da apicoltura, pur se non appartenenti propriamente alla categoria, di provenienza italiana ed estera (analizzati da laboratori pubblici italiani accreditati per il controllo ufficiale dei residui di prodotti fitosanitari negli alimenti). Il 63% dei campioni, dunque, è al tempo stesso sia in regola, che totalmente “pulito” da residui di pestici. Una percentuale che, però, Legambiente non considera rassicurante.
“A preoccupare è il restante 35%, relativo a quei campioni regolari ma contenenti uno o più residui di pestidici, seppur nei limiti di legge. Contate 97 sostanze attive differenti: un campione di pere con 12 residui, uno di ciliegie con 10 residui, uno di prugna con 9 residui, quest’ultimo considerato irregolare a causa del superamento dei limiti imposti (deltamethrin) e per utilizzo di sostanze non autorizzate (dimethoate e omethoate)”, spiega Legambiente.
Che sottolinea come, in linea con il trend degli anni passati, la frutta si confermi la categoria in cui si concentra la percentuale maggiore di campioni regolari con uno o più residui, osservando come nel 53,59% dei casi sono presenti tracce di almeno una sostanza attiva. In questa categoria, gli alimenti che presentano una maggior presenza di fitofarmaci sono l’uva da tavola (85,71%), le pere (82,14%), le fragole (71,79%) e le pesche (67,39%). Questi sono anche i prodotti a maggior contenuto di multiresiduo, che rappresentano rispettivamente il 64,29%, 71,43%, 55,13% e 54,35% dei campioni analizzati. Le maggiori irregolarità sono descritte da campioni di agrumi (3,47%), piccoli frutti (4,44%) e frutta esotica (3,13%). Di contro, nella verdura si osserva una maggior quantità di alimenti regolari senza residui (73,81%), con solo poche tipologie che presentano elevate quantità di fitofarmaci come pomodori (60,20%) e peperoni (48,15%) che risultano tra i più colpiti. Nonostante sia rappresentata da una discreta percentuale di prodotti non contaminati da alcun tipo di pesticida, questa categoria è quella che contiene il maggior numero di irregolarità (1,70% dei campioni totali appartenenti alla suddetta), con campioni di peperoni che addirittura raggiungono il 7,41% tra quelli analizzati. Tra gli alimenti trasformati, invece, il vino e il miele sono quelli con maggior percentuali di residui permessi, contando rispettivamente circa il 39,90% e il 20%. “Alla luce dei dati emersi dal dossier “Stop pesticidi 2021” - ha spiegato Angelo Gentili, responsabile agricoltura Legambiente - dobbiamo adoperarci per raggiungere obiettivi sempre più sfidanti, sollecitando i decisori politici nazionali e comunitari a mettere in atto politiche incentivanti, come indicato con chiarezza dalle strategie Farm to fork e Biodiversità che entro il 2030 prevedono: riduzione del 50% dei pesticidi, riduzione del 20% dei fertilizzanti, riduzione del 50% degli antibiotici, raggiungimento del 10% delle aree agricole destinate ai corridoi ecologici e del 25% di superficie coltivata a biologico in Europa. Per raggiungere tali goal - ha proseguito Gentili - è importante puntare con impegno e determinazione sulle buone pratiche agronomiche che garantiscono la conservazione della biodiversità e adottare le tecniche innovative e digitali per prevenire ed evitare l’utilizzo di molecole di sintesi, utilizzando metodi alternativi meno impattanti, implementando ricerca e sperimentazione e favorendo percorsi specifici di formazione e informazione dedicati agli operatori del settore agricolo. Bisogna, inoltre, moltiplicare ulteriormente in quantità e qualità le analisi effettuate su campioni di prodotti alimentari, estendendo al sistema delle analisi chimiche sistemi complementari basati sul biomonitoraggio, oltre a effettuare campionamenti anche per la ricerca di principi attivi nel suolo. Serve altresì lanciare un messaggio chiaro, mettendo al bando definitivamente sia il glifosato che ogni altra tipologia di neonicotinoidi per salvaguardare la salute dei consumatori, gli ecosistemi, le api e gli insetti impollinatori. Infine, è importante che vengano adottate specifiche misure di controllo da parte delle autorità nazionali che tengano conto del multiresiduo e degli effetti negativi ad esso correlati. “Dal punto di vista normativo - aggiunge il dg Legambiente Giorgio Zampetti - è fortemente necessaria l’approvazione della legge sul biologico che è ancora ferma, purtroppo, alla Camera e che darebbe un impulso significativo all’intero settore, puntando senza indugi verso l’aumento delle superfici coltivate secondo questo metodo e ponendoci l’ambizioso obiettivo di raggiungere il 40% entro il 2030. Così come l’adozione del PAN, ossia il Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, un tassello normativo fondamentale per ridurre l’utilizzo della chimica di sintesi, salvaguardare la biodiversità e rispettare i target definiti delle strategie europee per la riduzione dei pesticidi, senza dimenticare la revisione della direttiva comunitaria per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, per evitare deroghe all’utilizzo di principi attivi vietati per la loro tossicità sull’uomo e sulla fauna selvatica, ma concesse con una certa frequenza a numerosi Stati membri. Inoltre, è fondamentale poter contare su un Psn strumento di attuazione della Pac più incisivo e sfidante, allineato alle direttive europee Farm to fork e Biodiversità” e che abbia tra gli obbiettivi principali la forte riduzione dell’utilizzo di molecole chimiche di sintesi in agricoltura.
A livello europeo, analizzando nel dettaglio i numeri sull’utilizzo di pesticidi in ambito agricolo, a farla da padrone sono fungicidi e battericidi (40%), seguiti dagli erbicidi (circa il 33%) e dagli insetticidi e acaricidi (13%). Al decremento di vendite di sostanze attive, si associa un aumento di superfici agricole adibite al biologico nell’intera Unione europea, passando da 13 milioni di ettari nel 2018 a quasi 13,8 milioni di ettari nel 2019. Tra le altre cose, il dossier Legambiente ricorda anche il trend di crescita del biologico in Italia. L’incremento dal 2012 al 2021 della percentuale di famiglie che scelgono il bio è fortemente positivo. Sono 23 milioni i nuclei familiari che hanno acquistato bio almeno una volta nell’ultimo anno. Ad avvicinarsi ai prodotti biologici non sono solo le persone che adottano uno stile di vita salutista (76% della categoria) ma anche famiglie con figli di età inferiore ai 12 anni (62% della categoria) e persone con alti livelli di istruzione come laurea, dottorato o master (59% della categoria). Un dato di estrema rilevanza rispetto a come sta cambiando la percezione del biologico viene proprio dai giovani, i cosiddetti millennials, che ricercano, in un rapporto maggiore del 50%, prodotti provenienti da questa filiera.

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