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IL 4-5 FEBBRAIO

La Valpolicella verso l’Unesco come “distretto”, tra Verona e la tecnica secolare dell’appassimento

Il riconoscimento forse già nel 2025. Il territorio protagonista ad “Amarone Opera Prima 2023”. Presto la “pace” tra Consorzio e Famiglie Storiche?

La Valpolicella è uno dei territori più importanti ed in salute del vino italiano. Terra di grandi rossi, che si dipana intorno alla bellezza di Verona e si immerge nelle valli che la circondano, da cui potrebbe arrivare, presto, un nuovo riconoscimento Unesco per il vino italiano. Perché forse, già entro il primo semestre 2025, sotto la voce di “Patrimonio Immateriale dell’Umanità dell’Unesco”, potrebbe aggiungersi, grazie alla Valpolicella, la secolare, originale e rituale tecnica con la quale nascono i suoi grandi vini, a partire dall’Amarone e dal Recioto: l’appassimento, la messa a riposo delle uve nelle arele, i graticci di bambù, nei fruttai, che, attraverso la disidratazione naturale, dona ai vini i colori, profumi e sapori che ne sono il tratto distintivo.
Il suo iter è anche il primo per il riconoscimento di una tecnica vitivinicola, ed entra ora nella fase finale con la presentazione ufficiale del dossier, che sarà poi trasmesso ai Ministeri della Cultura e dell’Agricoltura e alla Commissione Nazionale per l’Unesco, che, entro il 30 marzo, dovrà scegliere la candidatura italiana da inviare a Parigi. Argomento alla base di “Amarone Opera Prima 2023”, evento - che permette anche di degustare la nuova vendemmia 2018, oltre alle prestigiose vecchie annate del “re” dei vini della Valpolicella - firmato dal Consorzio di tutela dei Vini della Valpolicella, di scena domani e dopodomani a Verona, città già Patrimonio Unesco, e che detiene il primato del vigneto urbano più grande d’Italia, in una sintesi perfetta di unione tra cultura e vino italiano, per raccontare uno “distretti” del vino più importanti d’Italia (nel talk show, domani, sulle tecniche di appassimento & patrimonio Unesco, comunicazioni, tra gli altri, di Christian Marchesini, presidente Consorzio Vini della Valpolicella, Pier Luigi Petrillo, direttore della Cattedra Unesco sui Patrimoni Culturali Immateriali dell’Università Unitelma Sapienza di Roma, Gianmarco Mazzi, Sottosegretario al Ministero della Cultura, e Luca Zaia, Governatore della Regione Veneto).Una terra, la Valpolicella, dove, peraltro, da rumors WineNews, sembrano distendersi anche e finalmente i rapporti tra due anime importanti del territorio, quella del Consorzio, e quella della Famiglie Storiche, associazione che riunisce 13 aziende tra le più blasonate del territorio (da Allegrini a Masi, da Speri a Tedeschi, da Tenuta Sant’Antonio a Tommasi, da Begali a Zenato, a Brigaldara, solo per citarne alcune). Dopo anni di screzi, divisioni, posizioni distanti e scontri finiti in Tribunale, dal territorio si parla finalmente di “dialogo concreto” e di “passi in avanti, con le controversie in via di soluzione”. Da celebrare, quando ci si arriverà, “ça va sans dire”, brindando con un calice di Amarone.
Quell’Amarone della Valpolicella che è il diamante di un territorio in cui il vino muove un giro d’affari di oltre 600 milioni di euro, di cui più della metà grazie alle performance del rosso di punta, le cui quotazioni vanno da 1.000 a 1.200 euro ad ettolitro, quando si parla di valori degli sfusi. Un “tesoro” che nasce da 8.600 ettari di vigna in 19 Comuni, tra la zona Classica, la Valpantena e la zona Doc Valpolicella, ed il cui valore nella Valpolicella Classica si aggira anche sui 500.000 euro ad ettaro, e che sono per il momento “bloccati”. E dove oltre 2.400 aziende, sempre più guidate da giovani, hanno prodotto più di 67 milioni di bottiglie nel 2022, di cui 17,2 milioni solo di Amarone, quasi il 7% in più sulla media degli ultimi cinque anni.

Focus - Amarone e ristorazione binomio inscindibile: il 43% degli italiani consuma i Vini della Valpolicella al ristorante. Amarone scelto dal 29% (indagine Nomisma Wine Monitor)

Amarone fa rima con ristorazione anche sul fronte del mercato. Oltre la metà del fatturato complessivo del re della Valpolicella (circa 300 milioni di euro) arriva infatti dall’horeca, un partner del vino che lo scorso anno grazie a turismo e riaperture ha rappresentato una spinta decisiva per il prodotto enologico, a fronte di un calo delle vendite nella grande distribuzione. Sulla piazza interna - secondo l’indagine realizzata da Nomisma Wine Monitor per il Consorzio di tutela dei Vini della Valpolicella, ad “Amarone Opera Prima 2023”, ed anticipata da WineNews - il fatturato della ristorazione, nei primi 9 mesi 2022, ha registrato una crescita tendenziale del 47%, a tutto vantaggio degli ordini di vino.
L’indagine sul posizionamento dei vini della Valpolicella presso il consumatore italiano, realizzata da Wine Monitor su un campione di 1.000 consumatori, inquadra tutta la centralità del canale horeca tra gli enoappassionati, con il 54% degli italiani che, negli ultimi 2/3 anni, ha consumato i prodotti della denominazione veronese, e il 43% lo ha fatto anche nei ristoranti; tra questi, il 26% si dichiara consumatore abituale (2-3 volte a settimana). È, invece, del 29% la quota di italiani - in prevalenza maschi, millennial, dirigenti/imprenditori - che ha bevuto Amarone fuori casa con una spesa media dichiarata di 40 euro, un prezzo che per 7 su 10 è ritenuto corretto. Un rapporto, quello tra clienti e Amarone, considerato “privilegiato” nel 51% dei casi e da consumarsi in particolare nelle occasioni speciali o formali (28%). Per il presidente del Consorzio di tutela dei Vini della Valpolicella, Christian Marchesini, “il sistema Valpolicella, Amarone in primis, non può prescindere dalla ristorazione, che era e rimane il canale privilegiato dei nostri vini. Per questo, dopo anni di forti limitazioni siamo contenti di essere tornati a lavorare a pieno regime con chi ha contribuito in maniera determinante alla crescita del nostro territorio”.
Nel complesso, i vini della Valpolicella riscuotono una valutazione a cavallo tra ottima e buona nel 76% delle risposte, grazie anche alla versatilità dell’offerta in rapporto alla cucina e alle occasioni di consumo; sostanzialmente positivo anche il rapporto qualità prezzo, ritenuto insufficiente solo dal 5% del campione; infine, per il 41% dei rispondenti, l’offerta della denominazione negli ultimi anni è migliorata (invariata per il 42%) tanto da divenire oggetto di raccomandazione presso amici e parenti in 8 casi su 10. Per il 2023 prevale la voglia di sperimentare aziende meno note, con i fattori di scelta legati anche ai prodotti biologici e sostenibili, oltre al brand aziendale.

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