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2010 POSITIVO PER L’AMARONE, CHE OGGI A ROMA CELEBRA LA NUOVA DOCG. GIA’ 3 MILIONI LE FASCETTE VENDUTE (+60% SUL 2009): A DIRLO, IL PRESIDENTE DEL CONSORZIO LUCA SARTORI. LA CURIOSITA’: DALLO SPIGAMONTE ALLA BRESSA, SI RISCOPRONO GLI ANTICHI VITIGNI

Italia
Ecco un’immagine della Valpolicella

Il 2010? “Credo possa essere un anno importante per l’Amarone e per tutta la nostra denominazione. A farlo supporre è il trend positivo delle fascette consegnate nel primo trimestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Infatti, abbiamo già consegnato più di 3,1 milioni di fascette di Amarone, contro i 2 milioni rilasciate nello stesso periodo del 2009”: parola del presidente del Consorzio per la tutela dei vini Valpolicella Luca Sartori sull’Amarone, che, oggi all’Hotel Rome Cavalieri a Roma, celebra l’ottenimento della nuova Docg, di cui si fregerà a partire proprio dalla vendemmia 2010, nella degustazione di diverse annate e produzioni promossa in collaborazione con l’Associazione Italiana Sommelier, alla presenza del vice Ministro allo Sviluppo Economico Adolfo Urso.
E se lo storico antenato, l’Acinatico, è stato regalato al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nella sua visita a Vinitaly, i numeri dell’Amarone, prosegue Sartori, “testimoniano la piena entrata a regime del sistema ma, soprattutto, confermano una buona tenuta del mercato per il nostro vino, in positiva controtendenza rispetto ad quadro generale poco entusiasmante. I primi tre mesi del 2010 hanno, infatti, registrato un incremento del 50% circa dell’imbottigliato sullo stesso periodo del 2008 e del 60% del 2009. Il merito è sicuramente dovuto al lavoro fatto in questi ultimi anni da tutti i consorziati che hanno capito l’importanza del lavoro di squadra”.
“L’iniziativa - sottolinea Sartori - vuole essere l’occasione per festeggiare con un brindisi l’ufficializzazione della Dogc per l’Amarone della Valpolicella. Un risultato che ci riempie di orgoglio come Consorzio e come denominazione e che arriva a conclusione di un lungo e diciamo pure impegnativo percorso di condivisione fra tutti gli attori della filiera”. Il presidente del Consorzio spiega le importanti novità che sono state introdotte con la nuova disciplina: “in primo luogo, l’attenzione al territorio e alle sue peculiarità attraverso il recupero dei vitigni autoctoni tipici della Valpolicella che potranno rappresentare il 10% della base ampelografica dei vini. Mi riferisco a vitigni ormai rari come il Castelrotto, lo Spigamonte e la Bressa, presenti nelle zone collinari della Valpolicella Classica, o più diffusi come la Turchetta o la Corbina. Altro aspetto da rilevare - continua Sartori - è la possibilità per il Consorzio di attivare la Regione Veneto per stabilire limiti temporanei all’iscrizione di nuovi impianti viticoli, quello che in gergo si chiama “blocco dei vigneti”, che opera in funzione di un miglior controllo della produzione. Questa prerogativa di migliore gestione della denominazione non è la sola prevista dal nostro disciplinare, ma la ritroviamo anche nella possibilità di ridurre in misura più decisa le quantità di uve messe a riposo. Il tetto massimo del 65% previsto dal disciplinare può essere, infatti, ulteriormente ridotto per conseguire l’equilibrio del mercato”.
Ultimo aspetto innovativo, per Sartori, è la scelta di limitare l’imbottigliamento in zona di produzione, preservando comunque i diritti acquisiti da chi è in grado di dimostrarne la sussistenza. “Ma la nostra forza - sottolinea Sartori - sta nel rappresentare ben più di quel 40% della viticoltura e del 66% della produzione che ci impone la nuova legge e che ci potrebbe consentire di gestire l’offerta per l’intera denominazione. Ora, però, per il Consorzio si aprono nuovi orizzonti e nuove sfide. Promozione, valorizzazione e tutela della denominazione, possono, infatti, essere delle grandi opportunità. Quest’anno oltre a Roma e Milano, toccheremo la Svezia e l’Austria e porteremo in Valpolicella dei buyers inglesi. Il mercato nazionale per noi, vocati all’export, rappresenta comunque un valore aggiunto da non trascurare. Per questo - prosegue Sartori - cercheremo di strutturare in maniera stabile gli appuntamenti di Roma e Milano dove contiamo di portare non solo le nostre etichette ma anche le novità che si succederanno di anno in anno. Saremo anche presenti sul territorio con degustazioni e iniziative enogastronomiche. Anche per quest’anno, pensiamo di riproporre la riduzione delle uve in appassimento, forti di alcuni importanti segnali che ci vengono dal piano dei controlli e dall’andamento generale dei mercati”.
La degustazione di scena nella capitale, è l’occasione per meglio conoscere ed apprezzare l’Amarone, vinificato con la Corvina, bacca principe della Valpolicella. Negli ultimi 30 anni, l’Amarone ha registrato un crescente successo, tanto che la produzione di uva per la produzione di Recioto e Amarone è passata dai 19 milioni e 772.000 quintali del 1972 ai quasi 300 milioni del 2008, pari a 9 milioni di bottiglie prodotte ed un fatturato di 108 milioni di euro (franco cantina) per l’Amarone, e di 400.000 bottiglie e 5,6 milioni di bottiglie per il Recioto. Nel 2009, anno orribile per l’economia mondiale, l’Amarone, nonostante il rallentamento delle vendite agli inizi dell’anno, ha visto nei mesi successivi riprendere decisamente quota con risultati migliori rispetto al 2008, passando da 8,4 a 9 milioni di bottiglie vendute.
“Il terroir e il particolare metodo di produzione, mediante appassimento - spiega il presidente del Consorzio - rendono ogni Amarone unico e non replicabile. Una tipicità di cui l’Università di Verona ha scoperto e identificato i 415 geni che lo rendono non solo uno dei vini italiani più apprezzati e amati del mondo, ma assolutamente inimitabile e che a partire dalla vendemmia 2010 si fregerà della Docg”. Ma, oltre al conseguimento della Docg per l’Amarone (e anche per il Recioto della Valpolicella), il 2009 sarà ricordato anche per il riconoscimento della Valpolicella come “Regione Vinicola dell’anno” dall’autorevole rivista americana Wine Enthusiast.
“Il turismo del vino - conclude Sartori - è particolarmente diffuso in Valpolicella, zona di straordinaria bellezza architettonica e paesaggistica, che ha il notevole vantaggio di essere a mezz’ora di strada sia dal Lago di Garda che dalla città di Verona, quarta meta turistica italiana e tra le più rinomate d’Europa”.

La curiosità - Dallo Spigamonte alla Bressa, la Valpolicella riscopre i suoi antichi vitigni
Nel mondo del vino, nel quale le tecniche vitivinicole sono ormai standardizzate e facilmente ripetibili, una possibile soluzione per contrastare la globalizzazione e preservare il cosiddetto “Vecchio mondo”, consiste nell’affermazione di una specifica identità, nella ricerca di quell’originalità che comporta la non replicabilità dei vini. In un terroir di forte caratterizzazione ed espressione, come quello della Valpolicella, si punta sulla scelta di varietà autoctone, rare o sconosciute, per mantenere viva una base genetica ampia e per contribuire a rendere unico l’ambiente e i suoi prodotti, insieme al complesso sistema di relazioni tra territorio, storia e caratteri climatici, morfologici, sociali, culturali e umani. Sono infatti molte le antiche varietà che si vorrebbero reinserire nella viticoltura di pregio della Valpolicella, considerando l’apertura offerta dai nuovi disciplinari di produzione, che riservano ad essi un 10% della base ampelografia. Tra questi, c’è, ad esempio, il Castelrotto: coltivato in località Castelrotto (San Pietro in Cariano), in un vigneto posto a 135 m s.l.m., nella forma di allevamento a pergola, è caratterizzato da media vigoria, buona produzione, maturazione dei grappoli uniforme, e presenta una buona resistenza alle principali crittogame. Il vino offre all’olfatto note di frutti di bosco, mora, lampone, mentre al gusto ha un impatto molto dolce e morbido che lascia spazio a un retrogusto leggermente amarognolo. Idoneo alla produzione di vini Valpolicella Superiore e Ripasso, dal punto di vista tecnico c’è una buona quantità di tannini totali, che si rivelano di piccole dimensioni e decisamente morbidi.
Ma non solo. Fra le antiche varietà che si vorrebbero reinserire nella viticoltura di pregio della Valpolicella, c’è anchela Bressa, un vitigno coltivato in località Bressa (Negrar), in un vigneto posto a 400 m s.l.m., nella forma di allevamento a pergola Veronese semplice con produzione costante ma limitata (soprattutto per le dimensioni del grappolo), che possiede grosse potenzialità di accumulo zuccherino pur mantenendo un’acidità elevata. Il grappolo è idoneo per l’appassimento, e mosto e vino possiedono gradazioni elevate e colori molto intensi. Questa varietà presenta una discreta suscettibilità all’Oidio, ma ottima resistenza a Peronospora e marciumi. Il vino all’olfatto presenta note floreali e fruttate, soprattutto viola e mora, acidità spiccata derivante dall’altitudine del vigneto, di discreta morbidezza e buona struttura. Queste caratteristiche, unitamente a quelle dei tannini, lo rendono idoneo a vini di lungo invecchiamento per la produzione di Amarone della Valpolicella. Dal punto di vista tecnico presenta una concentrazione piuttosto elevata di tannini totali, caratterizzati da buon grado di polimerizzazione, e, per quanto riguarda il lato gustativo. i tannini si rivelano morbidi e fini.
E ancora, fra le antiche varietà da recuperare all’interno del Consozio della Valpolicella vi è il Corbina. Si tratta di un vitigno diffuso dall’antichità in tutto il Veneto, facente parte del gruppo delle Corbine, conosciuto anche come Corbinona o Corbinella. Nel IV volume del Bollettino Ampelografi co (1884-87) viene fatto il punto sulla diffusione in Italia delle varietà che prendono il nome dallo scuro colore della buccia. Nel capitolo del Veneto si legge: “Veneto. La Corvia nera o Refosco è indicata a Udine, la Corvara a Vicenza. La Corbina è indicata a Vicenza, Padova, la Corbinella a Verona, la Crovaja a Vicenza, il Corbinone a Verona. Qualche rassomiglianza può forse ravvisarsi tra Croà e Corbina di Verona. Vini di Corbina e Crovino vennero presentati nel 1865 all’Esposizione di Torino, a Ferrara nel 1875, a Vicenza nel 1876, a Verona nel 1876, alla Fiera di Gianduja a Torino nel 1877. Si può affermare che la Corbina, o Crovino, è fra le uve migliori e più importanti del Veneto, che qui è la loro stazione e che qui deve farsene studio”. La Corbina presenta discreta vigoria e una produzione non elevata, soprattutto se viene coltivato in terreni collinari. Predilige una potatura lunga ed è caratterizzato da una scarsa suscettibilità alle principali crittogame, soprattutto alla Botrite. Dal punto di vista tecnico ha un grande impatto olfattivo, con spiccate note agrumate, balsamiche e floreali, e al gusto dimostra ottima struttura e morbidezza. Vino dalle grandi potenzialità enologiche, le cui caratteristiche si adattano a vini da lungo invecchiamento come l’Amarone della Valpolicella. La Corbina presenta una concentrazione elevata di tannini totali di cui la frazione morbida è largamente predominante su quella astringente; buon indice di polimerizzazione che si traduce in stabilità e longevità della materia polifenolica.
Da “ritrovare” tra i vitigni da inserire nel Consorzio della Valpolicella, anche il Corvina, un vitigno autoctono, le cui prime notizie sulla coltivazione in Valpolicella risalgono al 1824 ad opera del Pollini, di buona vigoria e produzione costante. Ha gemme basali scarsamente fertili, predilige potature lunghe e sistemi di allevamento espansi (pergola) e presenta una buona resistenza al freddo invernale. E’ sensibile a Peronospora, Botrite, Oidio e marciume acido. Questo vitigno offre note floreali e fruttate con punte di viola e mora, speziato, leggero sentore erbaceo; al gusto denota un leggera astringenza e un’acidità sostenuta, dovuta all’altitudine del vigneto e alla fermentazione malo lattica incompleta. Si caratterizza per il limitato contenuto di polifenoli e tannini totali; frazione tannica di dimensioni ridotte che non rivela particolare morbidezza e astringenza.
Altra varietà da recuperare, secondo il Consorzio, lo Spigamonte: vitigno coltivato in località Spigamonte (Negrar), in un vigneto posto a 500 m s.l.m., nella forma di allevamento a pergola, mediamente vigoroso, con costante ma non abbondante produzione. Questo vitigno non presenta particolari sensibilità ai patogeni. All’olfatto spiccano con una buona intensità note floreali, speziate e di frutta passita; al gusto si apprezza la notevole struttura, modulata da un’ottima trama tannica che fornisce spessore e grande morbidezza al vino. Queste caratteristiche dimostrano innanzitutto l’attitudine all’appassimento del vitigno e la longevità del vino che si presta, così, alla produzione dell’Amarone della Valpolicella. Grande quadro polifenolico, con notevole percentuale di antociani ed elevata quantità di tannini totali, caratterizzati da notevole morbidezza e buon indice di polimerizzazione che li rendono idonei all’invecchiamento.
Infine il Turchetta, altro vitigno antico da reinserire all’interno del Consorzio per la tutela dei Vini della Valpolicella. In passato questa varietà era abbastanza diffusa, infatti Cosmo (1964) riferisce che “era coltivata nel Polesine, nel Veronese e in altre province venete”. Nel Bollettino ampelografico (1884-87, volume IV), sotto la voce “Nome dei vitigni che si coltivano nella provincia di Rovigo” sono elencate la Turchetta, presente in 23 comuni della provincia, e la Calma Turchetta, presente in 17 comuni della provincia. Recedentemente il Pollini, in un elenco in cui riporta le varietà rilevate in provincia di Verona in seguito alle osservazioni fatte tra il 1818 ed il 1823, aveva segnalato al numero 52 della lista, la V. Turchetta. Nella stessa provincia, nel 1900, il Perez avrebbe citato la Turchetta tra le varietà di vite coltivate nella zona n. 9 della bassa pianura veronese. La Turchetta è un vitigno di media vigoria e di buona, ma non abbondante, produzione, che si adatta bene a forme di potatura corte. Questa qualità resiste abbastanza alla Peronospora e ad altre crittogame, e non è soggetta a marciume. All’olfatto esprime una buona vinosità che rivela note di lampone e pepe; al gusto si presenta discretamente morbido e di grande eleganza. La complessità delle sue caratteristiche organolettiche, eleganti ma non invasive, lo rendono idoneo all’inserimento come vitigno migliorativo per la produzione della tipologia Valpolicella Classico e Superiore. Ha una buona quantità di tannini totali, che presentano alto grado di polimerizzazione, discreta morbidezza e poca astringenza.

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