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ITALIA: LA " CARTA DI IDENTITA' " DEL VINO

Sulla base delle medie pluriennali, l’Italia risulta essere il primo Paese vitivinicolo: nel mondo, si producono 268 milioni di ettolitri di vino all’anno (media Fao), di cui 168 milioni provenienti da Paesi dell’Unione Europea (64% del totale). L’Italia e la Francia producono insieme, di media, 120 milioni d’ettolitri di vino.


- Il business dell’intero settore vitivinicolo è di 16.000 miliardi di lire.



- La produzione italiana rappresenta, di media, il 21% della produzione mondiale ed il 34% di quella dell’Unione Europea.


 


- La produzione media italiana é di 56 milioni d’ettolitri: 49% rosso, 51% bianco (stando alle indicazioni dell’Associazione Italiana Enologi, nel 2000, la qualità è stata definita buona-ottima; la quantità è stata di 52 milioni di ettolitri). La piramide del vino in Italia è così composta: 2,2 milioni d’ettolitri Docg, 8,5 milioni d’ettolitri Doc, 23,3 milioni d’ettolitri Igt, 22 milioni d’ettolitri di vino da tavola.



- Le aziende vitivinicole sono poco meno di 1 milione. I 2/3 di queste, per una superficie totale di 700.000 ettari circa, hanno una superficie vitata inferiore ad 1 ettaro; 7.000 una superficie superiore ai 10 ettari, alcune centinaia più di 50 ettari di vigneto. Solo 30.000 sono invece le imprese imbottigliatrici italiane, con una media di 5 etichette cadauna, per un totale di 150.000 etichette diverse.


 


- La superficie vitata italiana è, secondo recenti rilevazioni, di poco superiore agli 830.000 ettari (1.227.000 ettari nel 1980).



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L’export (17,4 milioni d’ettolitri - con un decremento del 6,9% sul 1999 - di cui il 26,5% docg/doc) è passato dai 1.350 miliardi del 1988 ai 4.700 miliardi del 2000, con un incremento del 4% (di cui 2.300 miliardi da docg/doc, ad un prezzo medio sulle 5.200 lire/litri). L’Italia ha esportato di meno, ma con un maggior valore aggiunto, confermato anche dal prezzo medio, passato da 2.428 a 2.712 lire al litro (nel 1988, era di 1000 lire). Le esportazioni vinicole rivestono un ruolo di primaria importanza per la nostra bilancia commerciale, rappresentando una delle poche voci attive del comparto agro-alimentare. Il 60% è concentrato in tre Paesi: Germania (32%), Francia (26%), Regno Unito (9%). Seguono gli Usa (7%) e la Svizzera (3%). L’Italia è in pole position nel mondo per volume di vino esportato; batte la Francia nell’esportazione sul mercato tedesco dei vini di qualità; in aumento è il valore del volume importato da parte degli Stati Uniti.



- L’import del vino in Italia si attesta sui 613.000 ettolitri ( - 2,2% rispetto al ’99) per un valore di 390 miliardi (con un incremento del 6%). Il Paese al vertice nella classifica dei nostri acquisti resta la Francia, per circa l’80% del mercato, seguita da Spagna, Germania, Stati Uniti, Cile, Australia e Sudafrica.


 


- I principali luoghi d’acquisto del vino sono il supermercato e l’ipermercato (39%), il piccolo dettaglio (10%), l'enoteca (16%), l'approvvigionamento diretto (32%), le vendite per corrispondenza (3%).



- I vini doc e docg rappresentano, in quantità, circa il 21% della produzione enologica italiana. Le Docg sono 22 (Bardolino Superiore, Barolo, Barbaresco, Brachetto, Brunello di Montalcino, Nobile di Montepulciano, Chianti, Chianti Classico, Albana di Romagna, Asti o Asti Spumante, Moscato d’Asti, Ghemme, Carmignano, Franciacorta, Gattinara, Gavi, Recioto di Soave, Sagrantino di Montefalco, Torgiano, Taurasi, Vernaccia di San Gimignano, Vermentino di Gallura) e le Doc sono 323 (al 1 settembre 2000), ma con oltre 1.800 tipologie diverse tra menzioni aggiuntive e sotto specificazioni.


 


- Le regioni italiane più citate all’estero sui mass-media per i vini sono, in ordine, la Toscana (24%), il Piemonte (17%), il Veneto (15%), il Trentino Alto Adige (10%). All’estero si parla del vino italiano su articoli specifici sui vini per il 57%, su articoli su luoghi-città-territori per il 29%, su articoli su eventi 9%, su articoli gastronomici per il 5%. Le classifica dei vini italiani più famosi: 1) Barolo; 2) Chianti; 3) Barbera; 4) Brunello di Montalcino. Le marche di vini conosciute sono oltre 100. I Paesi più attratti dai vini italiani sono la Germania (44%), la Gran Bretagna (31%), gli Stati Uniti (13%). Seguono Francia e Svizzera.



- Il consumo medio annuo di vino per abitante in Italia è passato dai 120 litri d’inizio secolo ai 99 litri degli anni Sessanta. Dopo una progressiva risalita, dei consumi, che hanno toccato la punta massima nel 1968 con 116 litri, si è assistito ad una costante contrazione degli stessi, passati dai 95 litri del 1978, ai 91 litri del 1980, ai 61 del 1990 ai 60 litri del 1995. Quindi, un assestamento su queste cifre: 59,6 litri del 1994 ed ai 59,5 del 1999 (le proiezioni parlano di 60 litri nel 2005). Il consumo medio annuo di vino per abitante varia molto a seconda delle regioni (i dati, che seguono, sono del 1995): il più alto è il Veneto con 76 litri ed il più basso la Sicilia con 27 litri; la Toscana ed il Piemonte, due regioni importanti per l’enologia italiana, si attestano sui 58 litri. Il Friuli Venezia Giulia è sui 44 litri ed il Trentino Alto Adige è sui 42 litri.



- I viticoltori biologici italiani sono circa 5.000 e la superficie vitata è di almeno 25.000 ettari. Il vino biologico italiano è di qualità ed è apprezzato soprattutto dal mercato internazionale, che assorbe dal 70 all'80% della produzione. La Sicilia è la regione con la maggiore dedizione al biologico: 5000 ettari di vigneto e 658 aziende produttrici. Seguono nella classifica degli ettari vitati, la Puglia (con 2379), la Sardegna (2047), l'Emilia Romagna (1319), la Toscana (1097), le Marche (870), il Lazio (839), la Lombardia (384), il Veneto (216) e il Piemonte (192).


 


- Il turismo del vino alimenta un business annuo di 3.000 miliardi (entro il 2005, 5000 miliardi) e 3 milioni (entro il 2005, arriveranno 5 milioni) sono gli enoturisti (le stime sono del Censis Servizi Spa). Il vino, che è sempre meno alimento base e sempre più occasione per migliorare stile e qualità della vita, è ormai anche un pretesto per alimentare la fantasia alla scoperta di territori, esplorazioni di cantine, ricerca di prodotti, assaggio di cucine, convivialità inattese. Questo scenario, prospettato da ricerche sociali, conferma che l’enoturismo è il volano più efficiente per muovere flussi, grazie al mix dei suoi principali elementi: cultura, paesaggio, vino, cucina, arte, prodotti agroalimentari, artigianato di qualità.



- Gli adepti del vino di qualità in Italia sono 6 milioni, soprattutto tra i 26 e 45 anni, che cercano e consumano in maniera sempre più crescente etichette di qualità, comprano guide e riviste specializzate, frequentano enoteche e wine-bar, partono per weekend alla scoperta di territori ricchi d’arte, storia, ambiente, ma anche di cantine. Ma l’attenzione verso il mondo del vino, in controtendenza con il calo dei consumi, ha una platea ben più grande: sono 24 milioni i consumatori italiani stabili della bevanda cara a Bacco e 16 milioni hanno disponibilità a casa di uno stock di vini. Questa la fotografia emersa da un sondaggio del Censis Servizi, autorevole istituto di ricerca da anni attento all’evoluzione dei consumi e dei comportamenti legati al vino, e del Movimento Turismo del Vino. Dal sondaggio, condotto dal professor Fabio Taiti, emergono importanti novità: le prospettive del mondo del vino si giocheranno in buona parte sul crescente magnetismo dei distretti enogastronomici (ma ancora pochi sono i localismi presidiati da una strategia adeguata a cogliere l’onda alta delle opportunità); il vino è vissuto sempre meno come un alimento e sempre più come un comportamento emozionale; gli eventi del vino sono vissuti come progetti e opportunità di cose da fare (visite a cantine, enoteche, mostre e fiere); i distretti del vino si propongono come magneti dei nuovi turismi (le regioni cult sono Toscana, saldamente in testa, seguita da Piemonte, Veneto, Campania, Umbria). Il Censis Servizi ha anche creato una sorta di “top ten” sulle intenzioni di visita nei distretti del vino (un potenziale di 10 milioni d’italiani con “intenzioni e progetti di viaggio” nei singoli micro distretti): in ordine, Chianti, Conegliano, Oltrepò Pavese, Montalcino, Monferrato, Langhe, Trentino, Montefalco, Collio, Castelli Romani.


 
- Il comparto degli “accessori” del vino (barbatelle, macchine per l'enologia e l'imbottigliamento, botti, macchine agricole per la viticoltura, tappi di sughero …) produce un business di circa 4500 miliardi.


Le botti costruite in Italia, con capienza da 6 a 150 ettolitri, sono ancora realizzate in modo artigianale e si differenziano dalle barrique per la particolarità della lavorazione: il legno subisce da quattro a sei curvature rispetto a quella unica della tradizione francese. L'export delle botti in rovere italiane rappresenta il 25% e la produzione trova grandi consensi dal Cile all'Australia, dal Sudafrica alla Grecia, dalla Germania alla California (dove è stata "arredata” la più grande cantina del mondo, la Gallo Winery di Modesto, con ben 855 tini e botti da 166 ettolitri).


La tecnologia italiana piace in termini di innovazione e di rapporto qualità/prezzo: il 50% delle macchine per l'enologia finisce all'estero e con quelle destinate all'imbottigliamento la quota sale al 70%. La competizione è con 5/6 grandi aziende della Germania (il maggiore competitore dell'Italia) che offrono macchine standard a prezzi piuttosto elevati. Il settore è costituito da 450 imprese, 5.000 addetti diretti ed un giro d’affari di 2.500 miliardi.


La produzione vivaistica italiana è all’avanguardia nel mondo (conta 3000 addetti per un fatturato di 250 miliardi, di cui oltre 220 miliardi da barbatelle innestate, da 90 milioni di barbatelle innestate). Nel 2000, i vitigni più richiesti sono stati quelli a bacca rossa, con il 74%, per la stragrande maggioranza prodotte nel distretto friulano di Rauscedo (Pordenone) e con 27 milioni di barbatelle selvatiche (senza sovrainnesto), prodotte soprattutto ad Otranto in Puglia (ma anche in Sicilia e Sardegna). Il saldo tra l’import e l’export è attivo: in Italia, arrivano, infatti, soltanto 4 milioni di barbatelle di varietà internazionali più diffuse (da Francia e Germania), mentre finiscono all'estero 19 milioni di barbatelle italiane (2/3 innestate). I nostri migliori clienti sono la Spagna, il Nord Africa, Grecia, Francia, Portogallo, Austria e Germania. Il 70% delle esportazioni interessano varietà spagnole e greche; della produzione italiana, le richieste maggiori sono per il Sangiovese (20%), seguito dal Merlot, Cabernet Sauvignon, Montepulciano d'Abruzzo e Barbera. La Vivai Cooperativi di Rauscedo è l’azienda leader nel mondo nella produzione vivaistica delle barbatelle: ha il 52% del mercato italiano; produce 45 milioni di piante, di cui 32 milioni per l’Italia  e 13 milioni all’estero, soprattutto Spagna, Grecia, Francia, Germania, Argentina; fattura 114 miliardi. Un fenomeno recente è la riscoperta di tante cultivar italiane (Sagrantino, Sangiovese, Montepulciano d’Abruzzo, Barbera, Aglianico, Nero d’Avola, Refosco ...) che in pochissimi anni sono risaliti dal 29% al 36% della richiesta.


Il numero dei tappi di sughero usati per imbottigliare il vino, negli ultimi 10 anni, è salito dai 14 miliardi del ’90 agli attuali 18 miliardi (e nel 2010 si arriverà, con molta probabilità, a 24 miliardi di pezzi). L’area di coltivazione del sughero è collocata nei paesi del bacino mediterraneo. La penisola iberica produce i tre quarti della produzione mondiale di sughero, 274.000 tonnellate su un totale di 374.000. L’Italia, con 14.000 tonnellate di sughero prodotto (il 90% è concentrato in Sardegna), gioca un ruolo importante, anche perché è il maggiore utilizzatore di tappi di sughero: 1,5 miliardi di pezzi su un potenziale di 4 miliardi (la Francia ha gli stessi numeri). Il tappo di sughero standard va mediamente sulle 250/350 lire (dipende anche dall’entità dell’ordine); i tappi “super” da 6 centimetri vanno anche sulle 1000/1200 lire.


 

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