E' il Sud la nuova frontiera dell’enologia made in Italy che punta sulla qualità. Spinte dall’esigenza di diversificare l’offerta in funzione delle nuove tendenze di mercato, le griffes del vino d’Italia stanno riscoprendo il Mezzogiorno come terra d’elezione per produrre “rossi” di alta gamma, che sempre più riscuotono consenso tra critici specializzati, eno-appassionati e semplici consumatori. La palma di pioniere spetta di diritto a Gianni Zonin, sbarcato per primo, nel 1997, in Sicilia (e poi, nel 2000, in Puglia, nel Salento). Ed oggi il più grande vignaiolo d’Italia (11 tenute in 7 regioni per un totale di 1.800 ettari) non ha dubbi: “Parte dalla Sicilia la nostra scommessa tra cuore e ragione in nome della qualità: questa è la terra ideale per produrre i grandi vini del futuro”. Ed è per questo che il “battesimo” - il 25 maggio - di quello che è stato il più antico tenimento dei primi Principi di Sicilia, un’incantevole collina adagiata tra il mare e le montagne del Nisseno, luogo ideale per produrre grandi vini, è segnato anche da un po’ d’emozione: “Si tratta di essere all’altezza della storia, della nobiltà e delle tradizioni di questa terra, esaltando al massimo le potenzialità che la Sicilia del vino offre a noi vignaioli. Ed è proprio per sottolineare questo legame con l’isola - spiega Gianni Zonin - che abbiamo voluto una “festa” che esaltasse al massimo la sicilianità: la cultura, le tradizioni, le capacità della gente di Sicilia. Ma c’è anche la consapevolezza delle opportunità che si aprono con il Feudo Principi di Butera e la determinazione ad essere protagonisti, con i nostri vini di Sicilia, di un nuovo primato di qualità dell’enologia italiana”.
A convincere il più grande vignaiolo d’Italia a scommettere sul Mezzogiorno sono state le grandi potenzialità dei territori in Sicilia e in Puglia e dei vitigni autoctoni, celebrati in tutto il mondo dopo decenni d’oblio: “Oggi, nel Sud Italia, è possibile - spiega Gianni Zonin - produrre vini in linea con le nuove richieste dei consumatori, ormai sempre più orientati verso rossi corposi, ben strutturati, mediterranei, frutto di un patrimonio varietale di primissimo ordine, fra i più indicati a produrre vini di qualità, tipici, ed, al tempo stesso, di forte appeal internazionale. La Sicilia ha insomma terroir e storia, ma anche un corredo di vitigni autoctoni di eccezionali potenzialità: proprio per questo sarà un felice “dovere” produrre Nero d’Avola, scegliendo di stare sui mercati internazionali con un grande vino italiano. Ma lo splendido terroir siciliano permette anche di ottenere Cabernet Sauvignon, Merlot e Chardonnay non omologabili perché portano l’imprinting di un territorio d’eccezione: la Sicilia, la migliore terra da vino del mondo”.
Ed i vini - dal Nero d’Avola agli altri rossi di grande prestigio come il Cabernet Sauvignon ed il Merlot - del Feudo Principi di Butera hanno sicuramente un forte marchio territoriale e peculiari caratteristiche ambientali della straordinaria tenuta (300 ettari, di cui 135 a vigneto, che diventeranno 180 entro il 2004), e confermano l’inarrestabile ascesa qualitativa, di cui oggi a pieno titolo è protagonista la famiglia Zonin: “La sorpresa per tutti - confida Franco Giacosa, il famoso enologo italiano che da cinque anni per la famiglia Zonin dirige e coordina l’equipe più grande d’Europa composta da 26 esperti enologi, enotecnici e tecnici agricoli - è il Nero d’Avola Deliella: è un vino che esprime forza ed eleganza, esattamente come la terra da cui è stato generato”.
Ma il 25 maggio saranno tutti i vini siciliani della nuova tenuta a comporre la sinfonia del Feudo: non solo il Nero d’Avola, anche se è l’ultimo nato e il più “corteggiato” (per il fatto che è indiscutibilmente siciliano), ma anche i vitigni internazionali che qui hanno trovato un habitat produttivo ideale che esalta le loro grandi potenzialità. Il Cabernet ed il Merlot sono la prova che la Sicilia, e Butera in particolare, è una straordinaria terra da rosso. “Non è certo un caso che le prime esperienze produttive del Feudo Principi di Butera - spiega Giacosa - abbiano già dato risultati straordinari: Tre Bicchieri del Gambero Rosso/Slow Food e Cinque Grappoli dell’Associazione Italiana Sommelier per il Cabernet Sauvignon Sanrocco e per il Merlot Calat”.
Il Feudo Principi di Butera (restaurato nel più rigoroso rispetto delle strutture storiche dell’azienda agricola, per un investimento complessivo di 40 miliardi di "vecchie lire") rappresenta dunque la definitiva consacrazione della “svolta” (ovvero la potente riconversione verso la qualità totale attuata ripiantando i vigneti, migliorando i vini, operando un accurato restyling delle cantine nelle 11 tenute in 7 regioni d’Italia) che Gianni Zonin ha voluto dare in tutti i tenimenti di famiglia: “Con questa azienda - spiega Zonin - abbiamo voluto far capire che per rispondere alla globalizzazione del mercato e alla internazionalizzazione del gusto bisogna puntare sulle nostre eccellenze. E la Sicilia e la Puglia sono le terre della nuova eccellenza italiana, il vero Rinascimento della nostra vitivinicoltura”. “Così, dopo aver consolidato e qualificato le nostre produzioni in Veneto, in Friuli, in Piemonte e in Toscana, i terroir italiani già famosi nel mondo per l’alta qualità e l’immagine di eccellenza, abbiamo deciso di esplorare nuove opportunità. Negli anni ‘80 abbiamo poi lavorato in Oltrepò Pavese, e ancora ci lavoreremo, per qualificare vitigni autoctoni come la Croatina (alla base di un vino frutto della tradizione, la Bonarda) e per affermare un grande spumante Metodo Classico, come quello a base Pinot Nero che lì si produce. Negli anni ‘90 abbiamo avviato la fase di riqualificazione di tutti i nostri vigneti in nome della qualità totale. Nel nuovo secolo abbiamo messo solide radici al Sud per essere protagonisti della rinascita del vino italiano. Ora è qui che dobbiamo produrre un nuovo sforzo: alla fine del percorso, tengo a sottolineare che avremo 200 ettari vitati in Sicilia e 200 ettari vitati in Puglia. Ed ancora una volta abbiamo operato la scelta di avere nostre vigne per poter controllare tutta la filiera della produzione e realizzare così l’obiettivo della qualità totale”.
Il ritratto: Feudo Principi di Butera
Il Feudo Principi di Butera, dove la famiglia Zonin ha compiuto uno degli investimenti più importanti per il settore vitivinicolo del nostro Paese, è una tenuta che appartenne alle nobili dinastie dei Branciforte e dei Lanza e si estende nelle campagne a sud di Caltanissetta. Gli è stato conferito questo nome in omaggio all’antico proprietario del Feudo Butera e del Feudo Deliella, Ambrogio Branciforte che, nel 1543, fu il primo siciliano ad essere nominato Principe.
La tenuta è attualmente caratterizzata da una superficie complessiva di 300 ettari, di cui 135 ettari di vigneto (che, secondo i nuovi piani di investimento, diventeranno 180 entro il 2004). Tutti gli impianti sono stati concepiti per l’ottenimento di vini di qualità, con densità non inferiori ai 5.000 ceppi per ettaro che arrivano a 6.000 per le produzioni di maggior pregio. Il sistema d’impianto è il cordone speronato che meglio di altri si adatta anche alla natura dei terreni, alle condizioni climatiche e alle varietà utilizzate nella tenuta. “Abbiamo deciso comunque di non seguire lo stile Borgogna o Bordeaux - spiega Franco Giacosa - che in Francia, per la produzione dei grand cru, realizza densità fino a 10.000 ceppi per ettaro. Noi abbiamo valutato che, per le caratteristiche dei nostri climi e delle nostre varietà, soprattutto al Sud, siano più indicati impianti con densità di 5.000/6.000 ceppi per ettaro, con distanze che consentano l’uso delle macchine tradizionali”. Nella Tenuta di Butera si fa ampio ricorso ad un’alta manualità nelle operazioni colturali come la sfemminellatura, la defogliazione, il diradamento, la gestione della chioma e la raccolta.
Il vitigno principe del Feudo Principi di Butera è il Nero d’Avola, che attualmente copre una superficie di 40 ettari (passeranno a 60 nel prossimo biennio). Il grande investimento in Nero d’Avola (che nella Tenuta dà origine al Deliella, che esprime fedelmente il personalissimo carattere, profumi e aromi del territorio nativo) testimonia più delle parole la fiducia della famiglia Zonin nei vitigni autoctoni considerati un elemento chiave per la caratterizzazione delle produzioni e per l’esaltazione delle peculiarità del territorio. Il Nero d’Avola lo si può considerare a tutti gli effetti il vitigno simbolo della rinascita dell’enologia siciliana: “I critici che in questi mesi hanno degustato il nostro vino - spiega Gianni Zonin - lo hanno trovato pieno, peculiare, testimone autentico della straordinaria terra di Sicilia”. “Il Nero d’Avola - continua Giacosa - è una varietà che conosco molto bene avendola sperimentata per oltre vent’anni nella mia esperienza lavorativa in Sicilia: si tratta di una varietà che, di anno in anno, sta dimostrando grandi potenzialità qualitative e una notevole versatilità di utilizzazione”.
In vigna, la scelta tecnica realizzata è stata quella di utilizzare portainnesti a bassa vigoria per evitare che in un impianto fitto vi sia troppa vegetazione: “Una costante che seguiamo sempre nei nostri impianti - continua Giacosa - è quella di assicurare sempre un ottimo equilibrio vegeto-produttivo della pianta, mantenendo la produzione abbastanza contenuta tra gli 1,5 ed i 2 chilogrammi di uva per pianta. Siamo convinti che i grandi vini rossi possano essere ottenuti con produzioni non superiori agli 80 quintali per ettaro”.
Sempre tra gli autoctoni, nel Feudo sono presenti anche 5 ettari di Insolia, un altro interessante vitigno del nostro Paese che, in Sicilia, riesce a dare ottimi risultati.
La superficie del Feudo è caratterizzata anche da 40 ettari di Merlot, 30 di Cabernet Sauvignon, 10 di Chardonnay, 5 di Syrah e 5 di Petit Verdot: tutti vitigni internazionali che in Sicilia hanno trovato un habitat produttivo ideale che esalta le loro grandi potenzialità. E non è certo un caso che le prime esperienze produttive del Feudo Principi di Butera abbiano già dato risultati straordinari: il Cabernet Sauvignon Sanrocco 2000 ha visto assegnarsi i Tre Bicchieri della Guida Gambero Rosso/Slow Food ed il Calat, un Merlot morbido ed elegante, i Cinque Grappoli della Guida dell’Associazione Italiana Sommelier.
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