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ARRIVANO LE MODIFICHE DEL PARLAMENTO EUROPEO (RELATORE GIUSEPPE CASTIGLIONE) AL TESTO DELLA COMMISSIONE RIFORMA OCM VINO. ECCO I PUNTI SALIENTI CHE VERRANNO DISCUSSI IL 17 DICEMBRE DAI MINISTRI COMUNITARI DELL’AGRICOLTURA

Italia
Vigneti a Bolgheri, in Toscana

I ministri dell’agricoltura discuteranno il 17 dicembre la relazione dell’eurodeputato italiano del Ppe, Giuseppe Castiglione, già approvata con una maggioranza ampia dalla Commissione per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale, oggi approvata dal Parlamento Europeo.

La relazione propone diverse modifiche alla proposta iniziale della Commissione; ecco i punti salienti:

1) autorizzare, a determinate condizioni, lo zuccheraggio;

2) mantenere l’aiuto ai mosti;

3) no al trasferimento di fondi allo sviluppo rurale;

4) liberalizzazione dei diritti d’impianto;

5) limiti per la durata del programma di estirpazione;

6) rafforzamento della tutela delle indicazioni geografiche;

7) obbligo di indicare in etichetta l’origine delle uve, ma l’anno di produzione non deve figurare sui vini da tavola.

Approvando con 494 voti favorevoli (115 contrari e 84 astensioni) la relazione di Giuseppe Castiglione, il Parlamento Europeo suggerisce numerose modifiche alla proposta della Commissione sulla riforma dell’Ocm vino. Sebbene questi emendamenti non siano vincolanti, rappresentano un punto di riferimento per consentire ai Ministri dell’Agricoltura - che si riuniranno il 17 dicembre - di trovare un compromesso sugli aspetti della proposta che vedono divergere maggiormente i 27 Stati membri.

Il relatore Castiglione, nel sottolineare la centralità e il ruolo svolto dal Parlamento nella definizione della nuova normativa, ha affermato che la viticoltura europea “ha bisogno di un nuovo slancio”. Se vogliamo continuare ad essere i leader mondiali del settore, “dobbiamo investire nel settore vitivinicolo e non si può non guardare al mercato, non si può non produrre per il mercato, non si può non penetrare il mercato con prodotti di eccellenza”. Il testo proposto, ha poi spiegato, “è in grado di dare risposte valide ad esigenze comuni, ma anche di rispettare, esaltare e in alcuni casi di comporre le differenze tra le diverse realtà nazionali”. Con il presupposto, ha insistito, che “è necessario un cambiamento radicale di mentalità, di strategia produttiva: bisogna abbandonare la logica della quantità a favore delle produzioni di qualità, di eccellenza, in grado di esaltare le peculiarità nazionali, regionali, locali della viticoltura europea”.

Prima di procedere al voto sui vari emendamenti, con 87 voti favorevoli, 568 contrari e 18 astensioni, l’aula ha bocciato la proposta avanzata dalla Gue/Ngl di respingere in toto la proposta della Commissione.


Pratiche enologiche: sì condizionato allo zuccheraggio e aiuti ai mosti

Il Parlamento non accoglie la proposta della Commissione volta a vietare in futuro il ricorso di zuccheraggio e reintroduce nel testo del regolamento una lista positiva delle pratiche enologiche ammesse nell’Unione europea, tra cui lo zuccheraggio (456 voti favorevoli, 214 contrari e 7 astensioni). Rifiuta inoltre il trasferimento di competenze dal Consiglio verso la Commissione per l’autorizzazione di nuove pratiche e si oppone al fatto che le pratiche enologiche dell’Organizzazione internazionale del vino - meno restrittive di quelle dell’Ue - possano applicarsi ai vini europei destinati all’esportazione. All’aggiunta di zucchero per aumentare la gradazione alcolica del vino ricorrono attualmente 20 Stati membri su 27, soprattutto nell’Europa del Nord. I deputati - con 544 voti favorevoli, 120 contrari e 14 astensioni - suggeriscono che tale aggiunta possa essere ammessa unicamente “nelle regioni viticole nelle quali è tradizionalmente o eccezionalmente praticata (...) qualora, a causa di condizioni climatiche sfavorevoli, tale pratica sia necessaria per ottenere il titolo alcolometrico volumico minimo”. Inoltre - con 569 voti favorevoli, 98 contrari e 13 astensioni - i deputati lasciano invariate le attuali percentuali di arricchimento (3,5% nelle zone A, 2,5% nelle zone B e 2% nelle zone C), ma propongono che, dopo lo studio d’impatto sulla riforma realizzato dalla Commissione, potrebbero essere adottate misure per ridurre gradualmente i limiti di aumento della gradazione alcolica fino al 2% nelle zone A e B e all’1% nelle zone C. Visto il vantaggio competitivo che discende dallo zuccheraggio, il Parlamento chiede di mantenere anche l’aiuto ai mosti di uve concentrati e ai mosti di uve concentrati rettificati prodotti nella Comunità, cui si ricorre per aumentare la gradazione alcolica e che la proposta della Commissione intende abolire. A suo parere, infatti, tale aiuto tutelerebbe una pratica enologica comune in molte regioni comunitarie, tenendo conto degli investimenti dei produttori ed evitando la possibile interruzione di flussi commerciali che determinerebbero una maggiore offerta del prodotto.


No alla liberalizzazione dei diritti di impianto

I deputati si oppongono alla proposta liberalizzazione dei diritti d’impianto a decorrere dal 1 gennaio 2014 per i vini protetti da denominazioni d’origine e da indicazioni geografiche. Per gli altri vini, invece, ritengono che la decisione di liberalizzare gli impianti debba essere presa alla luce di una valutazione d’impatto da realizzare entro la fine del 2012. Propongono peraltro che le autorità regionali competenti in materia di potenziale viticolo - d’accordo con i rappresentanti settoriali, le organizzazioni interprofessionali o gli organismi di gestione - possano continuare a vietare gli impianti, anche in futuro e a prescindere dall’eventuale liberalizzazione, “qualora una gran parte del loro territorio sia vincolato ad una o più denominazioni di origine o indicazioni geografiche” e “purché le regioni possano attestare che esiste già un equilibrio adeguato tra domanda e offerta”. L’autorizzazione a mantenere il divieto di impianto in tali regioni spetterebbe alla Commissione. Gli Stati membri possono concedere diritti di reimpianto ai produttori che hanno estirpato una superficie vitata, ma non a quelli che lo hanno realizzato attingendo a un premio di estirpazione. Il Parlamento - con 341 voti favorevoli, 331 contrari e 16 astensioni - ha rovesciato l’indicazione della commissione agricoltura che prevedeva la possibilità di trasferire i diritti di reimpianto ad altre aziende situate in tutta l’Unione. Accogliendo un emendamento del PSE, infatti, chiede che gli Stati membri possano decidere di permettere tale trasferimento unicamente al loro interno o nella stessa regione. I deputati infine non accettano che la regolarizzazione degli impianti non autorizzati sia resa obbligatoria, come proposto dalla Commissione. Propongono invece di dare la possibilità agli Stati membri di avviare una procedura di regolarizzazione per le superfici vitate anteriormente al 31 dicembre 1998.


Estirpazione dei vigneti

Il Parlamento, a larghissima maggioranza, ha accolto l’idea del relatore di ridurre da cinque a tre anni la durata del programma di estirpazione volto a favorire coloro che intendono abbandonare il mercato, mantenendo la stessa dotazione complessiva dei premi istituiti a tal fine. Si tratterebbe di 510 milioni di euro per la campagna 2009/2010, 337 milioni nel 2010/2011 e 223 milioni nel 2011/2012 (contro, nella proposta iniziale, 430 milioni nel 2008/2009, 287 nel 2009/2010, 184 nel 2010/2011, 110 nel 2011/2012 e 59 nel 2012/2013). D’altra parte, sottolineano che le tabelle relative ai premi di estirpazione “determinano, tra l’altro, i livelli minimi e massimi di premio che, in base al rendimento, gli Stati membri possono concedere”. Gli Stati membri possono d’altra parte dichiarare inammissibili al regime di estirpazione vigneti situati in zone di montagna e in forte pendenza. Il Parlamento chiede di estendere tale possibilità anche alle “zone esposte al rischio di erosione» e alle «regioni costiere e insulari», in base a condizioni da determinare. In base alla proposta della Commissione, gli Stati membri sarebbero autorizzati a dichiarare inammissibili al regime di estirpazione le superfici (fino a un limite del 2%) in cui l’applicazione di tale regime sarebbe incompatibile con la protezione dell’ambiente. Un emendamento precisa che tale esenzione deve essere approvata dalla Commissione e aggiunge tra i motivi di inammissibilità il rischio di minaccia al «tessuto socioeconomico della regione”. Sopprime inoltre il limite del 2%. I deputati accolgono d’altra parte la possibilità di non accettare domande di estirpazioni una volta raggiunta la soglia del 10% della superficie vitata totale nazionale. A larga maggioranza, hanno infatti respinto l’idea dell’Uen di ridurre questa soglia all’8%.


Denominazioni d’origine e indicazioni geografiche

La proposta di regolamento integra un nuovo regime per la designazione dei vini che hanno una connotazione geografica ben definita, ricalcando l’attuale normativa applicabile ai prodotti alimentari: le denominazioni d’origine e le indicazioni geografiche. I deputati accolgono con favore questa nuova impostazione, ma suggeriscono una serie di modifiche. Anzitutto propongono che con “denominazione di origine”, si intenda il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di uno Stato membro di dimensioni geografiche ridotte, che serve a designare un vino, un vino liquoroso, un vino spumante, un vino spumante gassificato, un vino frizzante, un vino di uve seccate o un vino di uve stramature, originario di questa regione, di questo luogo determinato o, in casi eccezionali, di questo Stato membro. La qualità o le caratteristiche di questi vini devono risultare “essenzialmente o esclusivamente” da un particolare ambiente geografico e dai suoi fattori naturali e umani, mentre le uve da cui sono ottenuti devono provenire esclusivamente da tale zona geografica. Può invece fregiarsi di un’indicazione geografica un vino la cui qualità, notorietà e caratteristiche “sono attribuibili essenzialmente alla sua origine geografica” e le uve da cui è ottenuto devono provenire “per almeno l’85% esclusivamente da tale zona geografica”. Sia per le denominazioni d’origine sia per le indicazioni geografiche, insiste il Parlamento, la produzione, compresi la trasformazione, l’elaborazione e, se del caso, l’affinamento e l’imbottigliamento, deve aver luogo “nella zona geografica delimitata”. In deroga a questo principio, tuttavia, i deputati chiedono che un vino possa anche essere ottenuto, elaborato o imbottigliato in una zona situata nelle vicinanze della zona geografica delimitata, “purché lo Stato membro lo abbia espressamente autorizzato a determinate condizioni”. Un emendamento, peraltro, autorizza gli Stati membri produttori, tenuto conto degli usi leali e costanti, a “definire tutte le caratteristiche o condizioni di produzione, di elaborazione e circolazione complementari o più rigorose per i vini che beneficiano di una denominazione di origine protetta e di un’indicazione geografica protetta”. La proposta di regolamento prevede un’articolata procedura di domanda per ottenere il riconoscimento di una denominazione d’origine o di un’indicazione geografica a livello comunitario, che prevede l’elaborazione di un disciplinare di produzione, un esame della domanda a livello nazionale, un ulteriore esame da parte della Commissione, la pubblicazione della domanda e la possibilità di opporvisi e, infine, la decisione da parte della Commissione di conferire la protezione comunitaria alla denominazione. Sono anche trattati gli eventuali casi di omonimia e le relazioni con i marchi commerciali. La Commissione dovrà creare e tenere aggiornato un registro elettronico delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche protette dei vini, accessibile al pubblico. Le denominazioni già esistenti saranno automaticamente protette dal regolamento e iscritte nel registro. In proposito, i deputati sopprimono alcuni adempimenti che la Commissione proponeva di assegnare agli Stati membri. Sulla falsariga di quanto previsto per i prodotti alimentari, le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche protette sono tutelate contro ogni uso commerciale diretto o indiretto del proprio nome da parte di prodotti comparabili non conformi al disciplinare oppure nella misura in cui tale uso, indica un emendamento, “è capace di pregiudicare o ledere la notorietà”. Sono inoltre protette da qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto è indicata o se il nome protetto è una traduzione o è accompagnato da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione”, “gusto”, “come” o altre espressioni in simili. Ma anche da qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali del prodotto usata sulla confezione o sull’imballaggio, nella pubblicità nonché dall’impiego, per il condizionamento, di recipienti che possono indurre in errore sulla sua origine. Così come da qualsiasi altra prassi che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto. Il Parlamento, peraltro, chiede che su richiesta debitamente motivata di uno Stato membro, di un paese terzo o di una persona fisica o giuridica avente un interesse legittimo, la Commissione intervenga per garantire “l’effettiva tutela della denominazione di origine protetta o dell’indicazione geografica protetta”. Dovrebbe inoltre stabilire delle sanzioni in caso di inosservanza da parte degli Stati membri dell’obbligo di adottare le misure necessarie per far cessare l’uso illegittimo delle denominazioni. Un emendamento, inoltre, autorizzerebbe gli Stati membri a conservare o a adottare tutte le disposizioni legislative nazionali volte a garantire una protezione “ancora maggiore”. I deputati sopprimono peraltro l’idea della Commissione di non consentire più la protezione a livello nazionale dei nomi geografici tutelati a livello Ue.


Etichettatura: no all’indicazione dell’anno del raccolto sui vini da tavola

Il Parlamento sottolinea che le regole di etichettatura devono tener conto della tutela degli interessi legittimi dei consumatori e dei produttori, del buon funzionamento del mercato interno e dello sviluppo di produzioni di qualità. Si dice quindi contrario all’idea di autorizzare l’indicazione, sull’etichetta dei vini da tavola, dell’annata del raccolto, dei vitigni e di altre menzioni tradizionali complementari. Questa possibilità, a suo parere, deve essere riservata ai vini di qualità per evitare il rischio d’indurre in errore il consumatore. Di contro, ritiene che il nome dell’imbottigliatore e la sua località dovrebbero obbligatoriamente figurare sull’etichetta dei vini di denominazione o d’indicazione geografica. I deputati propongono inoltre di sostituire l’indicazione obbligatoria della “provenienza” del vino con l’indicazione “dell’origine delle uve, dei mosti e del vino”. Tra le indicazioni facoltative per le etichette di tutti i vini - che un emendamento autorizza gli Stati membri a rendere obbligatorie, a vietarle o a limitarne l’uso - figura anche il contenuto di zucchero. Un emendamento proposto dall’Uen e un’altro simile di Vincenzo Lavarra (Pse, Italia) volti a rendere obbligatoria l’indicazione dei termini che indicano l’aumento della gradazione alcolica mediante l’aggiunta di zucchero sono stati respinti . Qualora nella produzione di un vino venga utilizzato un lievito geneticamente modificato, precisa un altro emendamento, «il consumatore finale ne viene chiaramente informato mediante iscrizione sull’imballaggio di vendita della dicitura “prodotto mediante organismi geneticamente modificati”. Il Parlamento ha poi respinto - con 241 voti favorevoli, 431 contrari e 15 astensioni - un emendamento presentato dai deputati italiani dell’Uen volto a reintrodurre nell’Ocm la definizione dei vini spumanti di qualità di tipo aromatico. Infine - con 573 voti favorevoli, 98 contrari e 9 astensioni - i deputati reintroducono la possibilità, offerta dalla normativa vigente e soppressa dalla proposta della Commissione, di far seguire al termine “vino” un nome di frutta - sottoforma di denominazione composta - per i prodotti ottenuti dalla fermentazione di frutta diversa dall’uva (vino di mele o vino di ribes).


Programmi di sostegno nazionale: promuovere il vino europeo e la qualità

Per “istituire misure di sostegno capaci di rafforzare strutture competitive”, la proposta della Commissione prevede l’elaborazione di programmi nazionali di sostegno finanziate dal bilancio Ue. I deputati precisano che l’assegnazione dei fondi deve essere realizzata sulla base di criteri di ripartizione storica, della superficie vitata e dell’andamento storico della produzione. Ma i fondi assegnati a ogni Stato membro, escluse le misure di promozione, non potranno essere inferiori al totale di cui ha beneficiato nel 2008 a fini di ristrutturazione. Spetta agli Stati membri definire la combinazione di misure definite a livello comunitario, che contemplano attività promozionali, ristrutturazione e riconversione dei vigneti, vendemmia verde, fondi di mutualizzazione e assicurazione del raccolto. In proposito, il Parlamento suggerisce di non limitare la promozione ai mercati esteri ma di consentirla anche all’interno dell’Unione. E’ inoltre precisato che la promozione può consistere in azioni promozionali per un consumo responsabile e l’informazione sul prodotto e le sue caratteristiche, in azioni di miglioramento delle conoscenze del mercato oppure in azioni di promozione e di pubblicità ai fini del riconoscimento delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche, “sottolineando la qualità, la sicurezza ambientale e la protezione dell’ambiente”. La promozione nei paesi terzi, possibile solo per i vini a denominazione, può essere realizzata con azioni in materia di relazioni pubbliche e pubblicità puntando sulla qualità e la sicurezza dei prodotti, con la partecipazione a fiere internazionali, con campagne d’informazioni sui regimi Ue in materia di denominazioni d’origine, di produzione biologica e di etichettatura, nonché in programmi di sostegno per la protezione delle indicazioni geografiche a livello internazionale o studi relativi alla lotta contro la contraffazione e contro gli ostacoli tecnici e fitosanitari. Chiede inoltre che i programmi possano prevedere misure riguardanti la ristrutturazione della filiera, la prevenzione delle crisi, la ricerca e lo sviluppo, le pratiche colturali e le norme ambientali, il miglioramento della qualità delle uve e del vino e il magazzinaggio privato di vini, alcol e mosti. Ritiene poi che un produttore debba poter beneficiare di più di una misura durante la stessa campagna. Sempre in tema finanziario, i deputati si oppongono al progressivo trasferimento verso lo sviluppo rurale di fondi dedicati finora all’organizzazione del mercato viticolo.


Prevenzione delle crisi

Al posto degli attuali aiuti alla distillazione di crisi che la Commissione intende sopprimere, i deputati chiedono che sia istituito, come compensazione per misure volte ad evitare eccedenze di produzione, un aiuto che prenderebbe la forma di un pagamento proporzionale alla riduzione delle quantità di uva o di vino prodotte. Per prevenzione delle crisi, i deputati, intendono tutte quelle pratiche colturali, agronomiche ed enologiche tese a contenere i quantitativi di produzione delle uve o a ridurre le rese di trasformazione delle uve in vini. Ogni Stato membro, sulla base delle proprie specificità, dovrebbe scegliere le pratiche idonee al raggiungimento di tali fini.


Prestazioni viniche: i sottoprodotti in distilleria

Per motivi di qualità e di protezione dell’ambiente, i deputati chiedono il mantenimento, nel nuovo regolamento, dell’obbligo di raccogliere e poi trattare in distilleria tutti i sottoprodotti della vinificazione. Un emendamento vieta quindi la sovrappressione delle uve, la pressatura delle fecce di vino e la rifermentazione delle vinacce per scopi diversi dalla distillazione. Sono però previste delle deroghe per talune categorie di produttori e per regioni produttive. Chi ha proceduto alla vinificazione dovrà consegnare alla distillazione tutti i sottoprodotti ottenuti. E’ poi introdotto un aiuto per i distillatori che raccolgono e trattano questi sottoprodotti riducendo notevolmente l’intervento finanziario comunitario, ed è precisato che in nessun caso l’alcol così ottenuto potrà essere destinato al consumo umano. D’altra parte, con 587 voti favorevoli, 76 contrari e 14 astensioni, il Parlamento suggerisce la possibilità di istituire aiuti alla trasformazione del vino per ottenere prodotti alimentari al fine di sostenere il mercato vitivinicolo e, di conseguenza, il settore dell’alcol destinato al consumo umano qualora questo “sia tradizionalmente utilizzato e abbia uno sbocco di mercato”. L’aiuto sarebbe assegnato secondo un sistema di contratti in base ai quali i fabbricanti garantiscono un prezzo minimo ai produttori di vino.


Applicazione della riforma

Il Parlamento ritiene irrealizzabile lo scadenzario proposto dalla Commissione per l’entrata in vigore del regolamento - ossia il 1 agosto 2008, data di apertura della prossima campagna viticola. Propone quindi di rinviare questa data di un anno, al 1 agosto 2009, anche per dare il tempo necessario all’elaborazione dei programmi nazionali.

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