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SEMINARI & RICERCHE - IN CONFAGRICOLTURA, A ROMA, L’11 DICEMBRE, PER ANALIZZARE “IL VINO NEL MERCATO GLOBALE. COME CAMBIA IL RAPPORTO CON IL VINO NELLA SOCIETÀ ITALIANA E NEL MONDO. PROSPETTIVE PER IL MARKETING DELLE AZIENDE VITIVINICOLE”

Italia
Come cambia i consumo del vino

Confagricoltura, la più importante organizzazione delle imprese agricole italiane, continua il suo viaggio con la “Grande Italia del vino” ed accompagna i produttori vitivinicoli nell’analisi dei recenti cambiamenti del settore. Arriva così una ricerca a 360 gradi sul mondo vitivinicolo che offre prospettive ed indicazioni chiare per il marketing aziendale e che analizza al contempo l’evoluzione del rapporto dei consumatori con il vino nella società italiana e nel mondo. Uno studio che Confagricoltura ha appositamente commissionato al prestigioso Istituto di ricerca Gpf di Giampaolo Fabris.
La ricerca riporterà i risultati di indagini quantitative e qualitative e di un’analisi approfondita dei mercati riferiti a tre Paesi fra i più interessanti e strategici per il vino: Usa, Russia e Cina.
Le rilevazioni, condotte fino al giugno 2008, consentono di descrivere un quadro fra i più completi ed attuali fra quelli oggi disponibili per gli operatori.
L’appuntamento è, dunque, per l’11 dicembre (ore 15), in Confagricoltura a Roma: ci saranno - oltre a rappresentanti del mondo imprenditoriale, delle istituzioni, del mondo accademico e dell’informazione - il presidente della Federazione vitivinicola di Confagricoltura Piergiovanni Pistoni, il direttore generale di VeronaFiere Giovanni Mantovani, il direttore della Ricerca e responsabile Food Monitor Gpf. Marilena Colussi, il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni, il vice direttore Tg2 MarcelloMasi.

La sintesi - Ricerca: come cambia il rapporto con il vino nella società italiana e nel Mondo
Sommario
Il vino è cambiato. Da alimento-nutrimento è diventato un piacere a 360°, non solo sul piano della sensorialità e del gusto ma anche delle emozioni, dell’immaginazione, delle relazioni ludico-sociali e del benessere.
Il vissuto e il rapporto dei consumatori con il vino evolve in senso positivo ma anche con logiche diverse tra Italia e resto del mondo.
I comportamenti di consumo e di acquisto sono profondamente cambiati, sia a livello italiano che all’estero. La tensione socio-economica e la richiesta di servizio, di maggiore trasparenza informativa, di equilibrio tra domanda e offerta qualitativa e di prezzo sono alcuni elementi che caratterizzano l’attuale contesto e che esercitano pressioni e attese da parte del consumatore e dei distributori.
La globalizzazione si fa sentire anche nel settore vino, con una competizione più evidente.
Ma il vino Italiano gode di un’eccellente immagine, paradigma di qualità, territorialità, cultura, saper vivere e fare.
Produttori e distributori si trovano ad affrontare uno scenario concorrenziale complesso e a volte la complicazione si rivela poco adattativa ad un ambiente in rapida trasformazione.

1 - Il vino nel contesto evolutivo socio-alimentare italiano. Anteprima fasi d’indagine quantitativa (Food e Drink Monitor) e qualitativa sul consumatore e opinion leader
Attraverso il Food Monitor - la più lunga ed approfondita indagine italiana sui Trend Socio-Alimentari (dal 1982 ogni 18 mesi, su campioni di 2500 casi rappresentativi della popolazione dai 15 ai 74 anni e con metodologia face to face) - e il Drink Monitor (che focalizza lo scenario delle bevande consumate nell’ultimo periodo estivo dal 2000 al 2007, sempre su campioni omologhi di popolazione 15-74 anni) abbiamo analizzato il fenomeno complessivo dei consumi e dell’immagine del vino nel contesto evolutivo delle tendenze alimentari.
Sulla base degli ultimi dati disponibili, abbiamo quindi effettuato una segmentazione degli attuali bevitori di vino in base ad attitudini, comportamenti di scelta e preferenze verso le varie tipologie di vino, al fine di conoscere meglio la complessità dei mercati e dei target ed individuare le opportunità di sviluppo Marketing e Comunicazione.
Tra i bevitori di vino italiani si evidenziano tre gruppi: Tradizionali (27.6%), Intenditori (38.7%), Outdoor (33.7%). I primi preferiscono bere ai pasti, considerano il buon vino un elemento fondamentale per un buon pasto e sono un po’ più interessati rispetto media a conoscere la zona di provenienza del vino che acquistano. Hanno una prevalenza femminile e nelle fasce di età dai 59 ai 74 anni. Gli Intenditori presentano una leggera sovrarappresentazione maschile e livelli di istruzione più alti; vorrebbero sapere e conoscere meglio il vino, amano provare tipi di vino diversi e sono molto interessati a conoscere la provenienza territoriale. Amano un po’ più della media i vini rossi da invecchiamento ma anche i rossi da tavola, gli spumanti e i bianchi aromatici.
Gli Outdoor sono decisamente più presenti tra le fasce giovani della popolazione italiana (55% ha tra i 15 e i 39 anni) si sono avvicinati al vino anche grazie a wine bar ed enoteche; hanno un rapporto di consumo più light e prediligono più della media i vini bianchi frizzanti e gli spumanti (dolci e secchi) pur amando anche i rossi.
I risultati delle nostre indagini hanno anche una finalità sociale, rivolgendosi alle istituzioni come Confagricoltura che operano anche nel più ampio contesto della tutela del cittadino-consumatore. L’efficacia degli interventi in grado di contrastare comportamenti a rischio nella popolazione parte anche da una conoscenza delle dinamiche in atto a livello di valori-rappresentazioni culturali e comportamenti effettivi della popolazione riguardo il vino, nel confronto con le bevande alcoliche più in generale.
La nostra analisi delle tendenze alimentari in Italia muove da un’interpretazione ampia del concetto di alimentazione e del complesso rapporto degli italiani con il mangiare e il bere.
L’approccio di osservazione parte dalla constatazione che gli stili e le tendenze del mangiare e del bere, sia livello individuale che sociale, sono sensibili a molteplici fattori: l’evoluzione del contesto socio-culturale, valori, stili di vita, lavoro e consumo; il ruolo esercitato dal sistema mediatico latu sensu; l’evoluzione e l’innovazione a livello produttivo, delle tecniche di conservazione e preparazione dei prodotti, del packaging e del sistema distributivo. Un ruolo decisivo è costituito anche dalle politiche di affermazione o de-legittimazione del complesso “sistema marca” sul mercato di cui ad esempio ricordiamo, proprio nel caso del vino, lo scandalo Metanolo dei primi anni 80, che aveva investito negativamente - al di là di un più o meno identificato gruppo di aziende riconoscibili per il consumatore - un generalizzato spaccato produttivo vitivinicolo italiano di bassa qualità.
Le dinamiche socio-alimentari analizzate lungo gli anni 80, 90, 2000 fino al 2007 evidenziano - in sintesi - significativi cambiamenti a livello di comportamenti, atteggiamenti, immagine del vino presso gli italiani.
L’immagine del vino come bevanda povera e nel contesto di un rapporto basico, abitudinario, funzionale all’alimentazione è andata modificandosi nel tempo. Il vino si afferma come bevanda di valore, che punta sulla qualità più che sulla quantità.
Oggi il buon vino è considerato bevanda prestigiosa, di classe, salutare/non nociva se consumata moderatamente e più da intenditori. Circa la metà del nostro campione di italiani si considera bevitore di vino occasionale, il 33% discreto bevitore, poco più del 3% robusto/buon bevitore e 14% non bevitore.
Ripercorriamo quindi le tappe del cambiamento che ha investito il rapporto con il vino.
Negli Anni 80 si assiste ad un processo di cosiddetta modernizzazione dei costumi alimentari: cresce la domanda di prodotti servizio (confezionati, surgelati ad esempio), si avvia il processo di destrutturazione e un moderato alleggerimento dei pasti, la diffusione di una basica coscienza nutrizionale “di massa” e la consapevolezza del rapporto alimentazione e salute.
Dal 1982 al 1988, nel giro di pochi anni, gli italiani che dichiarano di bere regolarmente vino durante i pasti scendono dal 60% al 40%!
Negli Anni 90, gli Italiani diventano sempre più edonisti nel mangiare e nel bere. Il macrotrend dell’autoindulgenza è caratterizzato da fenomeni come la de-strutturazione dei pasti a favore della snackizzazione, il primato dell’oralità e dell’edonismo a discapito del salutismo, la rimodelizzazione dei pasti e fuori pasto soprattutto fuori casa.
Alla fine degli anni 90 i bevitori di vino scendono ulteriormente al 66% (contro il 74% del 1989) e circa il 30% dichiara una frequenza quotidiana. Aumenta in questi anni la competizione con altre bevande: il drinking repertoire alcolico (e non solo) si fa più ricco e più articolato. I consumatori di vino a pranzo e cena scendono rispettivamente del 10% e del 5% rispetto al 1988.
In questi anni si affermano vini con un’immagine moderna, seducente, di successo, di qualità come ad esempio i vini bianchi e gli spumanti. Tuttavia non sempre il complesso mondo dei vini ha saputo intercettare le opportunità dell’onda edonista.
A cavallo tra il 1999 e il 2000 scatta l’allarme alimentare e la “Sindrome di avvelenamento” (post mucca pazza). Si evidenzia una fase di stallo, tipica da scenario sotto shock. Emerge con più forza la richiesta di sicurezza alimentare e si prepara il terreno al diffondersi di nuovi fenomeni,come l’interesse al cibo biologico.
Gli anni 2000 fino al 2005 sono caratterizzati dal macrotrend definito come l’onda Wellness: dalla paura per il cibo che uccide all’azione selettiva, al recupero di fiducia attraverso il ritorno al cibo-memoria, al tipico, alla ricerca di garanzie (espresse attraverso la marca, i marchi di tutela e certificazione, i marchi delle insegne), al Made in Italy. Lo Slow Food - avanguardia nata negli anni 80 - diventa concettualmente condivisibile da grande parte della popolazione italiana. Il cibo della Tradizione rivisitata in chiave moderna e l’orientamento al Gusto hanno agito in modo controfobico alle nuove ansie alimentari e ad un più generalizzato clima socio-culturale e socio-economico di incertezza, sfiducia, aspettative decrescenti.
La contrazione dei bevitori di vino rallenta, anzi nel 2005 si segnala un leggero aumento di bevitori (+2%) ma con minore frequenza. Il vino, in un contesto di moderazione, mai a digiuno ma ai pasti e per soggetti adulti e sani, viene legittimato anche dal punto di vista nutrizionale. Il vino è uno dei pochi prodotti biologicamente vivi, ricco di sostanze antiossidanti che hanno effetti positivi sulla salute e su alcune patologie.
In questi ultimi anni il consumatore ha più possibilità di scelta, anche nell’ambito della gdo dove riesce a soddisfare acquisti su una scala più ampia di scelta prezzo-qualità.
Il vino aumenta le sue prospettive di successo e si rinforza l’orgoglio per i vini italiani bandiera nazionale del buon gusto italiano all’estero.
Se negli anni 90 - mediamente - quasi il 40% degli italiani pensava che in futuro si sarebbe consumato sempre meno vino, nel 2005 la percentuale scende a poco più del 20%.
Infine, arriviamo agli ultimi dati disponibili del Food Monitor e Drink Monitor, cioè al 2006 e 2007 (in attesa dei risultati delle ultime indagini in corso).
Si evidenzia il trend che abbiamo definito come risacca indulgente dell’onda wellenss, all’insegna di un mangiarsano piu’ gratificante dal punto di vista del sapore, meno punitivo (in senso restrittivo dietetico) ma salutare e al tempo stesso easy, semplice e accessibile. Il contesto socio-economico si fa però più critico: il consumatore è diventato pragmatico, attento, esigente, esperto nel valutare le proposte.
La soggettività del gusto diventa criterio di scelta del vino, elemento fondante del suo apprezzamento, al di là di tutti i discorsi razionali. Negli anni 90 - mediamente - solo il 17% degli acquirenti sceglieva vini a caso, ricomprando quelli piaciuti mentre negli ultimi anni la percentuale è salita quasi al 48%, mettendo in secondo piano altri elementi significativi come la provenienza, il consiglio (anche perché spesso manca proprio al momento dell’acquisto), la pubblicità, la bottiglia-etichetta …
Il vino - bevuto in modo moderato e consapevole - continua ad essere legittimato socialmente come bevanda “sana”, naturale, garantita da norme e marchi tutela (tipicamente italiani) e competenze produttive di alta qualità.
Aumenta l’offerta di vini di qualità - anche nella gdo - e la diversificazione a 360°: marchi e denominazioni, provenienze regionali e zone vocate ma anche vini stranieri (che si affacciano nelle abitudini del nostro campione intervistato nella fase qualiattiva), sapori e sensorialità diverse, destinazioni varie (vini da meditazione, dal pasto ai vari tipi di accostamenti ai piatti, vini da aperitivo, dopo cena, occasioni sociali, da regalo e da investimento status, estivi …).
Tra i bevitori di vino, aumenta la voglia di conoscere e sperimentare i diversi vini e il consumo si fa sempre meno casalingo e abbinato al pasto “normale-standard” e sempre più nella socialità outdoor (ristorante, feste-ricorrenze, a casa di amici) a continuo. Attenzione, il consumatore è però spesso insoddisfatto sui prezzi e sulla qualità accessibile in molte tipologie di locali outdoor.
Aumenta allo stesso tempo la sovrapposizione tra proposte vino poco distinguibili e instabili. Le denominazioni hanno un effetto tranquillizzante sul consumatore ma sono percepite in modo non corretto, soprattutto quando rapportate ad una scala prezzi non omogenea.
L’effetto confusione è stato segnalato più volte nel corso dell’indagine qualitativa condotta recentemente (febbraio 2008) e che anche tra gli esperti del settore trade.
Il vino risulta un prodotto attivo nell’immaginario collettivo del nostro campione italiano su molte dimensioni chiave della modernità alimentare, sinteticamente espresse dalla nostra griglia concettuale denominata “Sistema delle S”, che vede in particolare Il Sapore, il Sapere, la Salute, la Storia e la Supernaturalità come particolarmente attivi e fecondi per il posizionamento del vino nei prossimi anni.
Il vino è infatti esaltazione di sapori unici e distintivi, di una polisensorialità, di un saper bere basato sulle qualità nutrizionali, salutistiche e socializzanti legate al benessere, della storia e della cultura vitivinicola italiana antichissima e oggi modernissima, aperta alle innovazioni per la preservazione della qualità e integrità del prodotto vino. E ancora della Supernaturalità, in relazione al suo essere percepito quale prodotto di per sé naturale (ottenuto dall’uva, senza troppe manipolazioni/aggiunte, espressione di un territorio che gli conferisce naturali sapori e caratteri) sempre più controllato ed evoluto, garantito nel processo (citati i marchi Doc/Docg/Igt, nonostante le confusioni) dalle competenze enologiche ed agronomiche necessarie e imprescindibili ormai anche per il consumatore menointenditore.
Lontani ormai, nella memoria, i ricordi del vino del contadino vecchia maniera, delle damigiane, degli acquisti del vino sfuso, in grandi quantità nelle cantine a basso prezzo e del fai da te.
L’immagine dei produttori di vino - così come è emerso nel corso dei nostri focus group - è quella di tanti imprenditori vocati alla qualità e assistiti da team di esperti (enologi, agronomi, esperti conservazione ...); spesso sono associati a nomi di blasonate famiglie con lunghe storie e tradizioni ma anche ad imprenditori più giovani, innovativi e i consorzi/cooperative di produttori: A questi si affiancano grandi aziende industriali che producono vini di prezzo contenuto, funzionali e basici, pur sempre nel rispetto delle regole che garantiscono qualità e sicurezza ad un consumatore sicuramente con meno esigenze e possibilità.
In sintesi, la nostra indagine attesta una forte attualità socioculturale del vino e di quello italiano in particolare, per la capacità di incarnare/veicolare experiences, mantenendo e consolidando un posizionamento in chiave trendy.
Ma attenzione, l’indagine mette anche in luce l’apertura o meglio la curiosità del consumatore italiano verso i vini stranieri, che oggi sono sempre più accessibili in una società globalizzata e di grande distribuzione organizzata. Dei vini stranieri non sempre sono percepite le differenze qualitative e le differenti normative produttive a cui fanno riferimento rispetto ai vini italiani.
La voglia di conoscere il vino, soprattutto presso la parte aspirazionalmente più intenditrice del nostro campione , dimostra che di base c’è anche una diffusa ignoranza sulle caratteristiche intrinseche della materia prima e i processi produttivi (ad esempio la caratterizzazione dei vitigni per molti consumatori è molto confusa, così come le denominazioni e i marchi).
Infine ancora alcuni aspetti - a nostro parere - legati a potenziale pericolo di eccedere in virtualità e virtuosismi, evitando proiezioni di massa in uno scenario di vino effimero ed irreale. La segnalazione proveniente dall’indagine è di non eccedere con un’offerta di vino e un sistema di rappresentazioni culturali e contorni ritualistici dai tratti quasi feticistici.
L’eccesso di formalismi ed ispirazioni non sempre motivate e riconoscibili sul piano dell’esperienza tra consumatore finale e prodotto (anche nel riscontro del buon rapporto qualità/prezzo) potrebbero rendere il rapporto degli italiani con il vino sempre più artefatto e virtuale o per così dire “compulsivo” concentrato magari solo in alcuni momenti/situazioni e non quotidiano benessere di un bere moderato e di qualità.
L’invito è quello di un rapporto corretto consapevole ma anche reale con il consumatore che invece è spesso da solo a scegliere davanti scaffali pieni di proposte difficili da decodificare.
Rari gli assaggi al supermercato, lamentano i consumatori ad esempio.
Si registra infine il consolidamento del protagonismo femminile, un target particolarmente predisposto ad una sensorialità olistica, a 360°, pienamente sintonica con la complessità esperienziale del vino.
2. Vini e vino italiano nel contesto internazionale. Anteprima fasi d’indagine quantitativa presso segmenti di popolazione USA, Russia, Cina e indagine etnografica Osservatorio Wine Experience, condotto in 12 città “glocal” nel mondo e desk analisi su riviste internazionali e web
In relazione agli obiettivi dell’indagine volta a delineare le tendenze di sviluppo per il vino italiano all’estero, abbiamo effettuato un’indagine quantitativa basata su una metodologia Cawi (interviste via internet) su campioni selezionati di popolazione negli Usa, in Cina e in Russia, tra i 1000 e 1055 casi in ciascun paese, per un totale di 3109 persone intervistate.
I campioni sono costruiti in modo bilanciato tra uomini e donne (leggera prevalenza maschile) dai 21 ai 64 anni per Usa e Russia e dai 21 ai 50 anni per la Cina ed eterogenei dal punto di vista della composizione famigliare (singles, coppie senza figli, coppie con figli, conviventi con i genitori ...). In Russia e Cina sono stati intervistati residenti prevalentemente di grandi città (come Mosca, S.Pietroburgo; Pechino, Shangai, Guangzhou, Shenyang; limitatamente altre aree urbane/suburbane) mentre negli USA la distribuzione è più eterogenea tra le 4 grandi aree del Paese (Midwest, Northwest, South, West) e per ampiezza dei centri.
La prima evidenza riguarda la numerosità di coloro che si considerano bevitori di vino (tutte le tipologie, compresi champagne e i vini ad alta gradazione alcolica) anche solo occasionali. Le percentuali risultano molto elevate nel caso della Russia e della Cina (87.6% e 75.6% rispettivamente e di cui circa 2/3 si autodefiniscono discreti bevitori e pochissimi gli astemi di vino) mentre negli Usa quasi il 40% si autodefinisce come non bevitore di vino e il 55.4% discreto o occasionale.
Nel campione di popolazione italiana dai 15 ai 74 anni del Food Monitor la percentuale di bevitori di vino è oltre 86.1% ma ovviamente il dato non è perfettamente comparabile con quello dell’indagine Cawi internazionale che ha - come abbiamo detto e lo ricordiamo - caratteristiche metodologiche e campionarie differenti.
Riguardo il tipo di vino consumato negli ultimi 6 mesi, al primo posto - con percentuali diverse - troviamo in tutti e tre i Paesi i vini rossi (compresi i rosé), al secondo troviamo lo Champagne in Russia e i bianchi negli Usa (quasi alla pari dei rossi) e in Cina (molto più distanziati dai rossi). Al terzo posto, lo champagne negli USA e Cina e i vini bianchi in Russia. Al quarto posto troviamo gli spumanti in Usa e Russia, in Cina i vini ad alta gradazione alcolica. Al quinto posto, viceversa, vini ad alta gradazione in Usa e Russia e spumanti in Cina.
Il Drinking Repertoire alcolico più in generale è abbastanza ricco in tutti e tre i Paesi (birra, cocktails/long drinks, wisky, gin, rhum, liquori, vodka per la Russia … ), e a livello di numerosità di bevitori negli ultimi 6 mesi (indipendentemente dalla frequenza e volumi) spesso vini e birra sono simili.
Anche sui campioni internazionali abbiamo effettuato la segmentazione attitudinale nei confronti del vino, ritrovando, omologamente all’Italia, i tre macro gruppi: gli Intenditori, i Tradizionali, e gli Outdoor, in misure diverse a seconda dei Paesi.
Negli Usa, ad esempio, sono nettamente prevalenti gli Outdoor (67%) e molto ridotti i Tradizionali.
In Cina e Russia troviamo un po’ più Intenditori, con percentuali intorno al 40%, simili a quelle italiane.
Il tipo di vino preferito, analogamente ai consumi, si conferma in tutti i tre Paesi il rosso. Seguono il bianco, il dolce-liquoroso, lo champagne in Russia e Cina (mentre negli Usa è al sesto posto subito dopo gli spumanti), il rosé e gli spumanti.
Si confermano sensorialità e gusti abbastanza diversi rispetto al palato e alla cultura italiana. I sistemi di decodifica sono per così dire diversi nei tre Paesi, per cui ad esempio facendo scegliere due gusti su 6, risulta che il dolce è particolarmente apprezzato nel campione Cinese, i vini giovani/leggeri lo sono di più in Russia, gli aromatici/fruttati/speziati in USA (seguiti dai dolci). Seguono significativamente la scelta del secco/fermo in Russia e Cina, dei corposi/maturi/invecchiati negli Usa e Russia. Le bolle più apprezzate in Russia rispetto agli altri due Paesi.
I Paesi produttori che nell’opinione del campione producono vini di qualità vedono l’Italia al secondo posto in Russia e Cina e al terzo negli Usa.
Al primo posto negli USA troviamo i vini locali statunitensi, seguiti dai francesi ma quasi un 40% del campione non ha saputo rispondere.
In Russia e Cina al primo posto si collocano i vini Francesi con un significativo scarto rispetto agli italiani (in Russia il 69.4% ha scelto la Francia e 17.2% l’ Italia; in Cina l’82.6% ha scelto la Francia e 20.2% ha scelto l’ Italia), seguiti dai vini “locali” ( per la Russia i paesi della ex Unione Sovietica come Georgia, Ucraina, Crimea). In Russia è significativo l’appeal qualitativo dei vini Spagnoli, con percentuali di poco inferiori a quelle italiane.
Le intenzioni di acquisto vedono in generale una preferenza per i vini di provenienza locale ma i vini italiani mantengono buone prospettive.
Gli aspetti positivi riconosciuti ai vini italiani vedono al primo posto in tutti e tre i Paesi l’“originalità del sapore/gusto”, al secondo posto la situazione si diversifica.
E’ il “buon prezzo” per il campione Usa, per la Russia l’“Alta Qualità e la Sicurezza”, in Cina il 2° aspetto è il fattore immagine, il fatto cioè di “sentire parlare e bene” dei vini italiani.
Al terzo posto troviamo negli Usa e in Cina la comunicazione rassicurante attraverso “etichette chiare e semplici” , mentre in Russia il buon prezzo.
Concludiamo accennando alla ricca rilevazione e mappatura, a livello internazionale, delle forme evolute del consumo di vino (wine experience) e sulla percezione ed esperienza con il vino italiano in 12 città glocal.
Una metodologia di ricerca sul campo, di matrice etnografica, in alcune città chiave del mondo (Amsterdam, Mosca, Berlino, Londra, Parigi, Bangalore, Sydney, New York, Los Angeles, Città del Messico, Shanghai, Tokyo) e una Desk & Web Research, cioè un’analisi di un panel di riviste e siti a livello internazionale e confronto/integrazione di questi dati con quelli emersi con l’osservazione sul campo.
Abbiamo mappato le tendenze emergenti nel panorama contemporaneo riguardo al vino nelle città glocal e abbiamo individuato alcuni filoni: Semplicità, Sostenibilità, Autenticità, Indulgence, Monomania, Esibizione, Ibridazione e Wine 2.0.
Immagini esemplificative dal mondo ci condurranno in scenari spesso molto diversi dalla situazione italiana. La specificità del vino italiano fa però scuola e tendenza in un mondo sempre più complesso e quindi non potrà che avere ancora successo se ben gestita e supportata.
Marilena Colussi

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