Meno vino in circolazione (con la produzione 2012 a 258 milioni di ettolitri, sui 268 del 2011 e i 281 del 2013), tensione sul tasso di cambio dell’euro nei confronti di alcune valute, come il Real del Brasile o lo Yen in Giappone, a livello macro, e fattori particolari Paese per Paese: ecco come si spiega, secondo Wine Monitor - Nomisma, guidato dal project leader Denis Pantini, direttore Area Agroalimentare Nomisma, il rallentamento della crescita dell’import mondiale di vino, che ha visto nel 2013 i primi segnali di arretramento di mercati in crescita da anni, come Cina, Canada, Brasile e Giappone, ma anche una frenata importante, nel complesso, degli Stati Uniti, mercato top del mondo, in cui, nel complesso, il valore è cresciuto di meno dell’1%.
La buon notizia è che l’Italia, quasi ovunque, ha fatto meglio della media dei mercati. Partiamo dalla Cina: dopo una crescita esponenziale degli acquisti di vini stranieri da parte dei consumatori cinesi passati nell’arco di un ventennio, da 1,7 milioni a 1.170 milioni di euro, il 2013 mostra un calo in valore sul 2012 di quasi il 5%, più o meno come i volumi:- 4,4%, per 3,77 milioni di ettolitri contro i 3,94 milioni del 2012. Di quei 60 milioni di euro che mancano all’appello, metà deriva dagli imbottigliati e metà dallo sfuso. Ma mentre per quest’ultima tipologia si evidenzia anche un calo nei volumi importati di circa il 27% (le quantità di vino sfuso pesano per circa un quarto sul totale delle importazioni della Cina), nel caso dei vini fermi imbottigliati la quantità non è calata, anzi è cresciuta del 5%. In altre parole, spiega WineMonitor, “sembra esserci stato un effetto sostituzione tra prodotti a più alto posizionamento di prezzo con altri più “economici” (e in questo può aver giocato un ruolo “deterrente” sugli importatori l’indagine anti-dumping minacciata dalle autorità cinesi nei confronti dei vini europei).
A testimoniare questa tendenza vi è il calo subito dalla Francia (-12,5%) nel valore delle esportazioni di vini imbottigliati in Cina che, è leader nel Paese con una quota vicina al 50% del mercato, andato a beneficio degli altri competitor, prima fra tutti l’Italia che all’opposto ha incrementato il proprio export di oltre l’11%. Lo stesso vale per gli spumanti: anche in questo caso la Francia ha lasciato sul campo un analogo -12,5% a fronte di una crescita esponenziale dei nostri prodotti, il cui export in valore è quasi raddoppiato (+86%)”.
Dalla Cina, che ha detta di molti in pochi anni sarà il mercato n. 1 del vino mondiale, a quello che, da anni, lo è, ovvero gli Stati Uniti, dove le importazioni sono diminuite del 6% in volume, ma solo a causa del crollo dello sfuso, che pesa per un terzo del mercato complessivo, visto che sono cresciute le importazioni sia di vini fermi (+3%) e di spumanti (+9%) imbottigliati, con una crescita anche in valore, rispettivamente del +3% e + 2%. Anche qui l’Italia, che rimane leader in volumi e valori tra i vini stranieri, ha “sovraperformato” il mercato, almeno in termini di valore, cresciuto del 5,5% per i vini fermi, e del 9% per gli spumanti. Decisamente peggio è andata in Brasile, dove il calo ha interessato tutte le tipologie: dai fermi imbottigliati (-6% in valore sul 2012), agli spumanti/frizzanti (-11%) e agli sfusi (-34%). Nel caso degli imbottigliati, tra i principali esportatori solo la Francia ha messo a segno un +3,5% di crescita, mentre l’Italia ha registrato una perdita del 2,7%.
In chiaro-scuro i dati che arrivano dal Giappone dove, a fronte di una diminuzione nei valori dell’import totale di vino (-4%) si è registrato all’opposto una crescita nei volumi (+2%). In particolare, sono diminuite le importazioni in valore di vini fermi imbottigliati e spumanti, rispettivamente, del 3% e 9%. A farne principalmente le spese in entrambi i segmenti è stata la Francia mentre l’Italia ha tenuto negli imbottigliati (+1%) ma è arretrata negli spumanti (-4%).
Altro importantissimo mercato è quello del Canada, giù dell’1% sia in valore che in volume, anche se l’Italia è andata nettamente in controtendenza, sia per i vini fermi che, soprattutto, per gli spumanti, il cui import è cresciuto del 3% in valore, e del 9% in quantità.
Dato interessante, infine, quello che arriva dalla Russia, dove la messa al bando della pubblicità di ogni tipo di alcolico, incluso il vino, non sembra aver pesato sull’import, cresciuto del 12% in valore, e del 2% in volume. E anche in questo mercato, spiega Wine Monitor, i nostri vini hanno conquistato ulteriori posizioni, a seguito di un incremento nei flussi di vino esportato superiore al 20%, sia nei valori che nelle quantità. Nel caso degli spumanti, l’import dall’Italia è aumentato addirittura del 49% in termini economici, a fronte di una crescita del 43% nei volumi, consolidando così la leadership detenuta dal nostro paese in tale segmento, con una quota oggi pari al 63% dell’import di spumante in Russia, contro il 27% della Francia.
In ogni caso, i buoni risultati del Belpaese un po’ ovunque, non permetto di sedersi sugli allori, perché, dopo anni di crescita ininterrotta, qualche scricchiolio di assestamento nei mercati più importanti del mondo, fondamentali per un Paese che vive di export come l’Italia, iniziano a farsi sentire, e vanno tenuti in massima considerazione per pianificare, al meglio possibile, il futuro.
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