Cʼè il “radical”, che in una bottiglia cerca genuinità, fedeltà ai canoni tradizionali del rapporto uomo-natura e contatto con la terra, e lo “enosnob”, che cerca, anzi pretende, massima qualità e ricerca delle sfumature più impalpabili al naso e al palato. E ancora, il “socialite”, che vede il vino non come fine ma come mezzo di convivio e di condivisione di attimi con amici, conoscenti e altri enoappassionati, e infine il “pane al pane”, per i quali il vino è un alimento quotidiano e troppo influenzato dal chiacchiericcio altezzoso che spesso lo circonda.
Sono queste le quattro classificazioni che Diletta Sereni e Daniele Dodaro, dellʼistituto di ricerche Squadrati di Milano, hanno elaborato tramite unʼanalisi di marketing “non convenzionale”, effettuata a partire da sei mesi di conversazioni, commenti, post e tweet sul vino che sono stati recuperati tramite un programma di “crawling” dal mare magnum delle interazioni sociali della Rete, di scena oggi a Vinitaly. La massa grezza dei dati, dopo essere stata raccolta e catalogata, è stata poi esaminata nel dettaglio, utilizzando uno strumento molto più comune nelle accademie di semiotica che nelle ricerche di marketing, ovvero il “quadrato semiotico”, ideato dal linguista e semiologo lituano Algirdas Greimas.
Sereni e Dodaro hanno posto agli estremi cartesiani del quadrato due coppie di categorie associate al vino e al suo consumo, ovvero “natura/cultura” e “sacro/profano”. Ed ecco che, agli angoli del quadrato, si identificano le quattro classi di consumatori di cui sopra: il radical è contrario agli interventi umani nei confronti di quello che considera innanzitutto un prodotto della natura (“natura/sacro”) e lo enosnob - spesso coincidente con il connoisseur o il sommelier - considera il vino come una gemma preziosa, che nasce dalla natura ma che necessita di un lavoro “di cesello” quasi perfetto per diventare un gioiello unico (“cultura/sacro”). Altrettanto vale per il socialite (“profano/cultura”) e il pane al pane (“profano/natura”).
La ricerca di Squadrati è ben lontana dallʼessere un divertissement: è stata commissionata dalla cantina veneta Bosco Viticultori, ed è uno strumento che rende evidente come il cambiamento della platea dei consumatori italiani sia continuo e tuttʼaltro che lento, nonostante il generale e ormai cronico calo dei consumi interni del nettare di Bacco. E i social media, come sottolineato da Dodaro, sono un ottimo strumento per questo, perchè permettono di osservare cosa davvero viene detto di certi prodotti in un ambiente non controllato, come ad esempio un focus group, ma libero da ogni filtro scientifico. Di conseguenza, ciò che si può recuperare in questo modo sul conto di un dato brand è molto più vicino allʼopinione autentica dei consumatori - o almeno, di coloro tra di essi che esprimono la loro opinione sui social network. Anche questa “maggioranza silenziosa”, va detto, è però con tutta probabilità influenzata da questi pareri: dopotutto, alzi la mano chi non conosce almeno una persona appartenente a ciascuna delle tipologie identificate dai ricercatori di Squadrati ...
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025