Il Gallioppo “del peccato” ha una storia affascinante: nel 1532 il Monastero di S. Giovanni a Scorzone, in Abruzzo, venne chiuso per ordine del Papa, per le vicende peccaminose tra le suore ed i contadini del territorio avvenute tra le sue mura e scatenate, secondo la leggenda, dal pregiato vino ottenuto da un antichissimo vitigno risalente al 1011.
Analisi e ricerche, ed il parere degli esperti di viticoltura, hanno appurato che si tratta di una varietà antica di Gallioppo, coltivato per scopi religiosi dalle suore del Monastero, all’epoca situato a Poggio Valle, alle porte di Torricella Sicura (Teramo), dove è stato riscoperto 8 anni fa e riportato alla luce dalla cantina Villa Colle. Che ora, dall’antico e pregiato vitigno, produce il vino “Iuaria” (ossia “un piccolo ministero o luogo del Giudice, destinato dai primitivi feudatari di quelle parti ad amministrare la bassa giustizia ai vassalli”), il primo autoctono dell’Appennino abruzzese.
Il vitigno, documentato anche da alcuni scritti dello storico ed archeologo abruzzese Francesco Savini del 1800, è ancora più unico perché si tratta di una varietà presente solo nel territorio di Torricella Sicura. E il vino che ne deriva ha già ottenuto “numerosi consensi - racconta la cantina Villa Colle - anche a livello internazionale, essendo stato presentato in kermesse esclusive quali il Sial China (The Asian Food Marketplace) e il Vinitaly di Verona come il primo autoctono dell’Appennino abruzzese”. Che affonda le sue radici nel lontano Medioevo.
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