02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2025 (175x100)

La critica enoica, almeno in parte, è stata “destrutturata” dal web e dai social, mettendo in discussioni modelli, leadership e ruoli. Nel bene e nel male. Le riflessioni sul tema della celebre Master of Wine Jancis Robinson, sul “Financial Times”

Italia
La celebre Master of Wine inglese, Jancis Robinson

La critica enoica, almeno in parte, è stata “destrutturata” dal web e dai social, mettendo in discussioni modelli, leadership e ruoli. Nel bene e nel male. Una riflessione non nuova, ma tema di dibattito sempre attuale, tanto più se a rilanciarlo è una delle voci di quella critica tra le più seguite al mondo, quella della Master of Wine Jancis Robinson, e niente meno che dalle pagine (versione on line) di uno dei giornali più prestigiosi al mondo, il “Financial Times” (http://goo.gl/vqY7AF). In un lungo articolo in cui, sostiene la Robinson, alla vigilia dell’uscita dell’edizione n. 4 del “The Oxford Companion to Wine”, “fare il mestiere di critico del vino non è mai stato complicato come ora”.
Tanti i motivi di questa difficoltà, secondo la Master of Wine. A partire da un mondo del vino che cresce ad ogni latitudine e quindi più complesso da conoscere in maniera sufficientemente approfondita da poterlo giudicare in maniera seria e credibile, passando da internet e dai social media, che hanno portato alla necessità di un modo di comunicare sempre più rapido e poco incline all’approfondimento da un lato, ma anche ad una pluralità di voci e una vastità di informazioni disponibili come non mai dall’altro.
Senza contare il lato più tecnologico, con tante app che consentono a tutti, anche (o soprattutto) ai non esperti, di accedere con pochi click, ed in ogni situazione, a recensioni diverse dello stesso prodotto, comparazioni e così via. Un affollamento di fonti e di informazioni che hanno portato anche ad una polarizzazione dell’atteggiamento nei confronti della critica, tra chi la dileggia e chi la difende, tra amatori che si improvvisano esperti ed esperti che, per sgomitare, spesso utilizzano l’espediente di terminologie sempre più fantasiose, come il sentore di “grilled watermelon” (letteralmente, anguria grigliata), per ritagliarsi un posto al sole, uno spazio su un palcoscenico sempre più frammentato.
Di certo, tra le parole della Robinson, c’è, ancora una volta, la presa di coscienza che non sono più poche, o pochissime, le voci capaci di influenzare il mercato, come un tempo, partendo dalla sua, passando per quella di Robert Parker, di Michel Bettane e Jacques Dupont in Francia, e così via.
E questo non è un male assoluto anche perché, specifica l’autrice inglese, “non ho mai creduto che esistesse un solo metodo valido ed infallibile di giudizio di un vino, o una sola voce da ascoltare”. Bene, dunque, secondo la Robinson, la messa in discussioni di parametri e metodi come il “100 point system”, che pure ha avuto (ed ha) un ruolo importante nella divulgazione della conoscenza del vino e anche nei mercati, e benvenga, tutto sommato, l’apertura ad una pluralità di voci, anche se magari molte hanno un livello di preparazione eccellentissimo. Perché, quantomeno, la maggiore concorrenza spinge al miglioramento anche di chi è sulla cresta dell’onda da più tempo, e a cercare di perfezionarsi in un mestiere, quello del critico di vino, che se fatto in maniera professionale richiede un “notevole sforzo mentale, di concentrazione, ma anche fisico”.

Copyright © 2000/2025


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025

Altri articoli