Mezzo secolo fa, le campagne italiane erano molto popolate, e di stranieri non ce n’erano. Oggi le campagne si sono spopolate, e gran parte degli abitanti sono stranieri. “Quando vedo i miei villaggi di Langa con percentuali di residenti stranieri che superano il 15-20% (percentuale che, peraltro, WineNews, monitora costantemente, ndr), abbiamo l’obbligo di garantire l’integrazione, in modo che i langaroli non si sentano invasi e gli ospiti emarginati: questa è la formula della civiltà”. A ribadirlo, “a tu per tu” con WineNews, è Carlin Petrini, con il quale la conversazione spazia ogni volta attorno al cibo tra cultura e stretta attualità, dall’odissea dei migranti, “una catastrofe annunciata, nell’insipienza di tutti”, all’agroalimentare, forse il settore più in salute dell’economia italiana, dal quale “assolutamente sì”, per il presidente e fondatore di Slow Food, può arrivare una risposta al loro bisogno di accoglienza ed integrazione. Un Petrini che conduce una delle sue battaglie proprio contro uno dei reati connessi al problema degli immigrati: il caporalato, che va “denunciato immediatemente” e dal quale “nessuno può ritenersi immune e scaricare il barile. Sarò uno dei più acerrimi nemici di tutti coloro che contribuiscono a questa forma di sfruttamento, non mi interessa se sono amici da anni, se sono un fiore all’occhiello dell’enologia piemontese (il riferimento è alla frase, pronunciata in precedenza, “se in Langa attecchisce il caporalato offendiamo la memoria dei nostri vecchi”), non me ne frega: meritano di essere denunciati”.
Da un lato, con WineNews, e non è la prima volta, Petrini parla di integrazione: “bisogna che tutti insieme si faccia un lavoro di comprensione, imparando a convivere”. Perché con quello che sta succedendo in Europa con l’arrivo degli immigrati, “dovremo abituarci a convivere per minimo dieci anni, e l’Europa deve e dovrà tirare fuori tutte quelle che sono le sue caratteristiche pregnanti, ed avendo un calo di natalità, accettare questi arrivi come un tesoro. Dobbiamo essere orgogliosi che se non c’era l’Italia sarebbe stata un’ecatombe. Prendiamo in mano il valore di un europeismo vero e non facciamoci stordire da forme di xenofobia inutile”.
Dall’altro, Petrini “tuona” a WineNews contro il caporalato: “bisogna denunciare immeditamente le cooperative locali o straniere che organizzano questa forma di lavoro e di sfruttamento - sottolinea il fondatore di Slow Food - qualsiasi produttore di Langa non può lavarsi la coscienza pensando che il lavoro sporco lo fanno queste cooperative, perché quando le paga 6-7 euro all’ora, sa benissimo che non è a posto, che l’intermediazione gliene prende il 50%, e che alla fine i lavoratori prendono 2-3 euro all’ora. In una zona come questa bisogna che tutti siano coscienti che se il lavoro si fa per intermediazione deve oscillare tra 12-13 euro, se si fa direttamente deve arrivare almeno ad 8 euro, al di sotto è sfruttamento”.
Non è neppure la prima volta che sull’Expo, dove, paradossalmente, i Paesi di Europa ed Africa, dell’America e dell’Asia si ritrovano tutti assieme con al centro la questione alimentare, il presidente internazionale di Slow Food dice che “è mancata più incidenza sul tema, che c’è ma non è stato rispettato, e sono mancate più argomentazioni sui grandi problemi mondiali dell’agroalimentare, primo tra tutti la vergogna della fame. Si poteva fare di più. Ma non sono di quelli che dicono è andata bene o male: ci sono stati elementi positivi e sono contento per il mio Paese li abbia portati a casa, ma sono altrettanto scettico di chi vede solo elementi positivi e non vede mancanza di opportunità. Ma bisogna pensare cosa succederà dopo, e sento un vuoto di idee, progettualità e visione, gravissimo. Tra due mesi, il gioco è finito, cosa ne faremo del sito, e così via. Attualmente non sento nessuna proposta, arriveremo tardi a dare una risposta”.
Prima però c’è “Terra Madre Giovani”, il grande evento di Slow Food a Milano (3-6 ottobre). “Un meeting di 2.500 giovani di 120 Paesi - spiega Petrini - impegnati nell’agroalimentare, contadini, pescatori, attivisti, neppure tanti, ma non potevamo fare di più, tenuto conto che far arrivare un contadino africano costa 1.000 euro di viaggio e lui non ce l’ha, ed abbiamo dovuto trovare queste risorse. Abbiamo garantito viaggio, vitto ed alloggio ad almeno 1.500 di loro, una cifra per noi rilevantissima. Ma sono in nuce giovani leader, dell’Africa, dell’America Latina, dell’Asia, ed interfacciarsi tra di loro, discutere, far maturare una rete, che è già quella di Terra Madre, ma si caratterizza come “giovani”, sotto i 40 anni, per noi è un patrimonio straordinario”.
Al centro, forse ci saranno anche questioni come quella dell’espandersi della monocoltura in certe aree agricole del mondo. “Le scelte colturali dipendono anche da quello che rendono: la vite rende di più e tende ad espandersi. La grande scommessa del secolo è governare il limite, che non vale solo per l’agricoltura, ma anche per la ricchezza, per la crescita, per il Pil. Se non lo facciamo, tra un po’ ci ritroveremo con un eccesso di vino e sarà innegabile che i prezzi diminuiranno e non sarà più lo stesso per noi”.
“Direi che basta” anche l’attenzione per la buona enogastronomia “se esageriamo ancora senza tener conto che non è solo l’arte degli chef ma anche quella di contadini, comunicatori, educatori, che non è solo cucina ma anche agricoltura, zootecnia, ambiente, biologia, genetica, salute, economia, politica, se ci concentriamo solo sugli chef, non è troppa attenzione, ma una forma di pornografia alimentare. Deve aumentare la visione più olistica, più complessiva. Per privilegiare solo le categorie i mass media possono dare delle contro produzioni, creando obbiettivi a delle persone che poi non ci arriveranno: c’è un boom nella scuola alberghiera di ragazzi che vogliono fare gli chef, ma non si rendono conto che non diventeranno tutti chef stellati e che il lavoro in cucina è duro”. E, dall’altro lato, il ritorno alla terra c’è? “È ancora troppo lento”, conclude Petrini.
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