
Si può arrivare a produrre vino minimizzando l’uso delle principali e necessarie risorse fino ad azzerarle? Dimostrare che questo è possibile è lo scopo dell’avveniristico Jess S. Jackson Sustainable Winery Building, la cantina sperimentale dell’Università di Davis in California per l’Enologia Sostenibile. A parlare di questa cantina, la prima al mondo del tutto autosufficiente per l’approvvigionamento di acqua ed energia (realizzata nel 2014 con un investimento da 4 milioni di dollari, di cui 3 donati da Jess Jackson e dalla moglie Barbara Banke della Jackson Family Wines, ndr), è stato Ron Christopher Runnebaum, docente del Dipartimento di Viticoltura ed Enologia dell’Università, nel Congresso Assoenologi a Verona (www.assoenologi.it).
“In California - ha spiegato Runnebaum - l’acqua rappresenta un fattore limitante. I pozzi, utilizzati per lungo tempo, ora esauriti, hanno acque di elevata salinità. Inoltre in vendemmia, quando da noi le temperature sono molto elevate, abbiamo difficoltà a disporre dei grandi quantitativi di energia necessari in vendemmia per la refrigerazione delle uve e delle vasche. Inizialmente puntavamo “soltanto” alla sostenibilità dell’edificio e nel 2010 abbiamo ottenuto la certificazione Leed (Leadership in Energy & Environmental Design, ndr), poi nel 2013 abbiamo raggiunto la completa autonomia per acqua, energia e l’azzeramento delle emissioni di anidride carbonica”.
L’acqua delle piogge, prevalentemente invernali, viene recuperata, stoccata e depurata sottoponendola a una prima filtrazione grossolana e poi a osmosi inversa. Il processo può essere anche lento visto che queste acque vengono utilizzate in vendemmia, quindi in autunno, e utilizza energia generata da batterie a idrogeno come quelle delle auto elettriche, o pannelli fotovoltaici. I sali minerali necessari nel processo vengono riutilizzati, come pure la stessa acqua, che viene riciclata per 10 volte. L’acqua viene raffrescata o riscaldata per i diversi usi in cantina.
Il condizionamento o riscaldamento degli edifici, già in partenza assolutamente coibentati, tanto che la temperatura esterna si ripercuote su quella interna con variazioni pari a 1/10, sono governati stoccando aria fredda notturna per il raffrescamento, o con tubi in cui corre acqua fredda o calda. L’energia necessaria proviene da pannelli fotovoltaici posti su tutti i tetti e l’uso di pannelli flessibili, non ancora sul mercato, collegati a batterie al litio, ne consente lo stoccaggio. L’anidride carbonica, prodotta in fermentazione, viene recuperata completamente, “fissata” in carbonato di calcio e venduta ad aziende che producono alghe e batteri. “Adottiamo le nuove tecnologie in tempo reale - ha proseguito il ricercatore californiano. La funzione del Jess S. Jackson Sustainable Winery Building non è solo quella di mettere in pratica processi sostenibili e di rendere possibili alcune ricerche, ma anche di dimostrare come le nuove tecnologie possano essere implementate nelle aziende vitivinicole”.
A proposito di nuovi progetti sperimentali, nel 2015 è partita una ricerca che consentirà di isolare i numerosissimi elementi che in vigna e cantina determinano la qualità del vino. “Abbiamo piantato in California - ha concluso Runnebaum - 15 vigneti con lo stesso clone di Pinot Nero, sullo stesso portainnesto, in siti differenti per condizioni pedoclimatiche, e uno in Oregon. Tra quello più a Nord e quello più a sud in California ci sono 650 chilometri, che diventano 1.400 considerando l’impianto in Oregon. Nei cinque anni di durata della prova, utilizzando protocolli di vinificazione standardizzati e ripetibili, grazie a fermentini sperimentali di 100 litri che abbiamo nel Centro, potremo individuare le fonti di variabilità e correlare le caratteristiche pedoclimatiche del vigneto a quelle sensoriali e chimiche del vino”.
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