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Tra sacro, profano e filari: in un sobborgo di San Francisco il cimitero dello Holy Sepulchre, già adornato di vigneti, permette ai familiari di un caro estinto di seppellirlo a fianco delle viti usate per creare i vini griffati “Bishop’s Vineyard”

Italia
Il cimitero dello Holy Sepulchre

A voler essere più realisti del re - o, per meglio dire, più puritani del Vescovo - il vedere un cimitero utilizzare vigneti come ornamento potrebbe far storcere la bocca. Se poi si aggiunge il fatto che l’idea viene non solo dagli Stati Uniti d’America, ma dalla California, e che la stessa Diocesi ha deciso di permettere (previo un sovrapprezzo di 1.000 dollari) di essere tumulati a fianco di questi vigneti, allora il facile moralismo è dietro l’angolo. Ma prima di raccogliere le proverbiali pietre, sarebbe forse il caso di soffermarsi sul rapporto antichissimo e imprescindibile che la vite e la religione cristiana hanno dal miracolo delle nozze di Cana, al punto che se la vite è così diffusa ai quattro angoli del globo è proprio per via del Cristianesimo.
Detto questo, quindi, il fatto che la Diocesi di Oakland abbia deciso di allargare ulteriormente la sua scelta della vite come ornamento vegetale per il cimitero dello Holy Sepulchre, consentendo ai familiari di un defunto di farlo seppellire a fianco di un filare di Chardonnay o di Pinot Noir, come riportato dal “New York Times” (www.nytimes.com), assume un profilo ben diverso.
La scelta delle viti fu originariamente presa per motivi eminentemente economici e pratici, dato che era un’alternativa più a buon mercato e - dato non secondario in uno Stato di frequente attanagliato da siccità notevoli - con un minor consumo di acqua; da allora, però, i filari dello Holy Sepulchre sono stati capaci di dare vita a nettari da premio, e anche un aspetto “meno intimidatorio e triste” al cimitero stesso, nelle parole del Vescovo, Michael Barber. Che ha aggiunto, perdipiù, che la storia di quei 16 ettari di vigneti “è un po’ come il miracolo di Gesù quando ha tramutato l’acqua in vino”, riferendosi al successo di critica e commerciale dei vini ora venduti con l’etichetta “Bishop’s Vineyard”. Etichetta i cui vini provengono non solo da quel cimitero, ma da altri due, dato che lo Holy Sepulchre ospita Chardonnay, Pinot Noir e Primitivo, lo Holy Cross di Antioch Cabernet Sauvignon e Zinfandel e al cimitero di Saint Joseph’s, a San Pablo, sono stati piantati filari di Pinot Noir, Merlot e Sangiovese.
Altro dato non secondario, l’insolita accoppiata lapidi-vigneti attira visitatori, e di conseguenza, modi alternativi e innovativi di coprire i costi di manutenzione: “I cimiteri - ha commentato Keith Eggener, professore di Storia dell’Architettura alla University of Oregon e studioso della materia - sono storicamente sempre stati considerati un ornamento di prima classe per una città ed erano pieni di sentieri meravigliosi, al punto che era comune visitarli con degli ospiti e farci dei picnic. E adesso stanno tornando su quella strada”.
Da questo punto di vista, quindi, quella della diocesi di Oakland è stata una scelta decisamente lungimirante, e lo sarebbe già stata a sufficienza per la differenza di costo tra piantare erba e piantare viti. Ma la vera svolta fu quando, nel 2013, la Diocesi decise di far valutare la qualità delle uve da un consulente professionale per farne del vino da messa “senza troppe pretese”. Che si rivelarono in realtà eccellenti, e oggi i vini della Bishop’s Vineyard possono vantare un discreto palma res di medaglie - oltre che una storia, e un panorama, decisamente peculiare.

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