Tarare ad hoc misure diverse, tra quelle di cui si parla (vendemmia verde, distillazione di crisi, stoccaggio, taglio d’annata ...) per i diversi territori ed i diversi vini, sperando che arrivino presto risposte a livello italiano ed europeo; ripartire con la promozione, tanto sul territorio che nei mercati mondiali, appena possibile, magari con una visione strategia a livello di Paese, sfruttando questa crisi gravissima imposta dal Covid per fare un passo in avanti di cui da anni si parla, ma che non si è mai concretizzato. Sono i binari sui cui deve tornare a marciare la locomotiva del vino italiano, secondo Filippo Mobrici, alla guida del Consorzio della Barbera d’Asti e vini del Monferrato e di Piemonte Land, il “Consorzio dei Consorzi” dei vini della Regione Piemonte. Con riflessioni che arrivano da una Regione che, dalla nobiltà del Barolo e del Barbaresco alla quotidianità della Barbera, dai bianchi del Gavi alle bollicine dell’Asti e dell’Alta Langa, è una sorta di cartina tornasole del vino italiano, coprendo, come poche, ogni tipologia e fascia di posizionamento sul mercato.
E allora, partiamo dal capire chi ha sofferto di più la crisi imposta dal Covid, tra lockdown, ristoranti chiusi e mercati mondiali rallentatissimi, se non fermi, e che stanno cercando con fatica di ripartire. “La crisi ha toccato praticamente tutti i vini, ma con delle particolarità e delle differenze. I vini da grande occasione sicuramente sono quelli che hanno patito e stanno patento di più - sottolinea Mobrici - perché essendo mancate le occasioni di incontro, e con i ristoranti a lungo chiusi, è evidente che questi vini si siano bevuti meno. Cominciando dai grandi nobili, Barolo e Barbaresco, ma vale anche per vini da brindisi o da aperitivo, come Alta Langa, Asti e Brachetto. A livello internazionale qualcosa si è mosso, le cose hanno retto un po’ meglio, ma le difficoltà ci sono. Senza dimenticare il blocco delle vendite in cantina, che, nei nostri territori, con l’enoturismo, è molto importante. Per i vini quotidiani, come noto, la grande distribuzione ha tenuto, anzi è cresciuta di qualche punto, ma senza compensare le perdite dell’Horeca. La situazione è complessa, comunque, e bisogna tenere conto che ci sono tante difficoltà economiche per molte persone, tanti lavoratori che non hanno avuto reddito, o la cassa integrazione che arriva a fatica, ed è normale che anche il consumo di vino ne risenta”.Vino del Piemonte che, come il vino d’Italia, è fatto di tante tipologie diverse, con specificità marcate e diversità importanti, dai mercati ai valori, dai metodi ai volumi di produzione. Per questo le tante misure proposte da Piemonte Land per superare l'emergenza, che sono poi quelle di cui si discute a livello nazionale, dalla distillazione di crisi volontaria, alla vendemmia verde, fino ai contributi allo stoccaggio, vanno tarate chirurgicamente su ogni situazione.
“È per questo che abbiamo fatto tante proposte diverse, perché il vino piemontese, come del resto quello italiano, è un mondo variegato, non c’è una soluzione uguale per tutti - spiega Mobrici - mentre c’è bisogno di andare incontro alle esigenze di tutti per non lasciare nessuno indietro. Dai piccoli ai grandi produttori, da chi produce e vinifica a chi produce solo uva. Alle misure citate, aggiungerei anche la proposta di poter aumentare il taglio d’annata oltre il 15% consentito oggi, fino al 25-30%, in via eccezionale, una misura che sarebbe a costo zero e aiuterebbe a gestire eventuali eccedenze, anche se ad oggi, a livello europeo, non è stato concesso. Per le altre misure, confermo che la vendemmia verde selettiva, quindi legata alla riduzione della resa, tutta a base volontaria, è una proposta che siamo stati tra i primi a portare avanti sui tavoli della filiera, attraverso Federdoc e la Regione Piemonte, che ci è stata sempre vicino. Sono misure che sono da adattare a seconda dei casi. La distillazione, per esempio, può essere importate per alcuni vini che non si possono conservare a lungo, e che non sopporterebbero l’affinamento. Mentre non avrebbe senso per vini importanti che, invece, nascono per essere affinati. In ogni caso, il concetto è che non vogliamo lasciare indietro nessuno dei nostri produttori, nessuna delle 18.000 aziende vitivinicole che il Piemonte rappresenta, riunite nei diversi consorzi, raccolti a loro volta sotto Piemonte Land.
E non dimentichiamo la promozione, di cui c’è un grande bisogno per tornare sui mercati del mondo, e nelle posizioni che ci competono. Ma ci sono tanti aspetti da affrontare. In Piemonte, per esempio, la maggioranza delle attività viticole è svolta manualmente, e noi abbiamo bisogno in questo momento, e ne avremo ancora di più in vendemmia, della manodopera specializzata, spesso straniera, che, in questo momento, è bloccata nei propri Paesi d’origine. Ancora, manca la liquidità, perché il circolo virtuoso che si creava nelle nostre aziende tra enoturismo, ristoranti e degustazioni, vendita diretta si è fermato. Servono misure e tanto lavoro per non disperdere il frutto di decadi di lavoro che hanno portato il Piemonte del vino ai livelli a cui è oggi, e per non perdere tante imprese. Abbiamo le nostre vigne di Langhe, Roero e Monferrato che sono patrimonio Unesco, per esempio, e anche da questo si deve ripartire. Stiamo lavorando tanto con la Regione Piemonte, ma speriamo che anche a livello ministeriale arrivino risposte straordinarie per affrontare un momento straordinario”.
Guardando al mondo Barbera, e alla Barbera d’Asti, lo stop mondiale è arrivato in un momento di grande rilancio per uno dei vini storici del Piemonte, tanto per le tipologie più “pop” e quotidiane, che per il Nizza, da qualche anno al vertice qualitativo della piramide. È cresciuto il valore dei vini, quello dei vigneti, e sono aumentati anche gli investimenti sul territorio. E da qui si deve cercare di ripartire. “La prima cosa da fare è ripartire sul territorio, perché i primi consumi sono quelli immediati, vicini e che ci consentano subito di poter riprendere a fare girare la macchina. Molte sono le piccole aziende che hanno bisogno del quotidiano, del consumo di prossimità. E sicuramente prima che si riaprano i mercati così come li abbiamo visti fino a qualche mese fa, ci vorrà del tempo. Ci auguriamo di poter quanto prima tornare a fare attività in Piemonte e nelle Regioni vicine, almeno. Senza dimenticare, però, tutti i mercati che con fatica abbiamo conquistato, e ci auguriamo che possano accoglierci come li abbiamo lasciati. C’è da dire che in questo non siamo stati fermi, e a breve lanceremo una nuova campagna promozionale di comunicazione, ci stiamo preparando agli eventi sperando che si possano fare almeno quelli autunnali. È evidente che il mondo della Barbera, della Barbera d’Asti e del Nizza, ma anche il Piemonte Barbera, che è il vino quotidiano per eccellenza, il colpo lo hanno sentito, a tutte le latitudini. E, soprattutto, si è sentito, per le aziende medio-piccole, nei ristoranti vicini, nelle enoteche del territorio e anche nelle vendite in cantina. Poter ripartire a livello locale sarebbe già un primo passo importante, sperando poi in autunno che possano ripartire i grandi eventi dove vogliamo essere protagonisti e fare la nostra parte”.
Langhe, Roero e Monferrato Patrimonio Unesco, terre di grandi vini ma anche di tante eccellenze enogastronomiche, motori di un turismo del gusto importantissimo, con eventi di alto livello, come la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco di Alba, per esempio, che in Piemonte è più forte che mai e vale tanto anche per le cantine. Un settore che cerca di reinventarsi un futuro. “In Piemonte, soprattutto tra Langhe, Roero e Monferrato, si contano un milione e mezzo di pernottamenti all’anno: un numero importante, un flusso che genera ricchezza, che crea visibilità. Di certo, nel breve periodo non possiamo aspettarci che ripartano grandi eventi di massa. Spesso e volentieri ci siamo concentrati a far visitare le cantine, ora è il momento giusto di aprire le nostre vigne - suggerisce Mobrici - magari per eventi all’aperto approfittando anche del fatto che qui, per qualche mese anche dopo l’estate, il clima è mite. Senza dimenticare risorse come le Cattedrali di Cannelli, o gli Infernotti del Monferrato, anche questi Patrimonio Unesco. Tutte risorse da valorizzare ancora di più, con attenzione, magari contingentando il numero di persone e aumentando la frequenza delle visite. Le soluzioni si possono trovare, noi ci siamo ripresi da crisi ben più gravi di questa. Questo mondo ha tutte le caratteristiche per riprendersi. Ma bisogna superare insieme la paura di uscire, di fare le cose, di incontrarsi. Si può fare, rispettando le disposizioni che tutelano la sicurezza e la salute di tutti. Noi abbiamo spazi, vigneti e cantine grandi, possiamo fare cose che altri settori, purtroppo, non possono fare, ma dobbiamo metterci in moto”.
Un po’ di fiducia nel futuro, però, deriva proprio dal fatto che il vino italiano, dalle grandi crisi che ha vissuto, anche in epoche recenti, si è sempre rialzato più forte di prima. A patto di mettere in campo qualche cambiamento concreto. “Servirebbe soprattutto che il vino italiano parlasse una sola lingua - conclude Mobrici - noi abbiamo tanti rappresentanti, e questa può essere una forza, la diversità aumenta anche quelle che sono le capacità di potersi esprimere e di rappresentare tutti. Ma allo stesso tempo può diventare una debolezza. Lo dico per l’Italia ma lo dico anche per il Piemonte, perché anche qui ci sono le voci stonate, o comunque discordi. Io dico che sarebbe ora che il Piemonte e l’Italia, facessero un passo in avanti in questo senso. Nella promozione del vino, per esempio. Noi spesso ci dividiamo. In Consorzi, in Regioni, in Denominazioni, associazioni e così via, ma non va bene. E servirebbe anche un forte impulso a livello nazionale nella promozione, se è vero come diciamo spesso che il vino è uno degli ambasciatori più importanti del Paese. Come servirebbe una strategia sul digitale. Anche sull’e-commerce, per esempio, serve programmazione, per sfruttare le tante potenzialità anche di incontro virtuale che abbiamo scoperto in questi giorni, che possono, in certi contesti, far risparmiare tempo e costi. Ma più in generale, dobbiamo fare squadra, ritrovare l’orgoglio di essere la più grande nazione produttrice di vino del mondo, anche a livello di qualità, insieme alla Francia. Ecco, mi auguro che l’Italia si promuova come fa la Francia. Che quando si brinda, a livello nazionale, quando si hanno ospiti, si brindi con i vini italiani nelle occasioni più importanti. A me piace vedere quando le delegazioni francesi vanno in giro per il mondo e si presentano unite a vendere e promuovere il vino francese. Noi siamo un esercito di piccoli produttori, siamo bravi a fare la nostra parte, ma se fossimo più coordinati e uniti forse riusciremmo ad ottenere risultati migliori rispetto a quelli, comunque importanti, che abbiamo ottenuto fino ad oggi”.
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