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BILANCIO

Uve sane e bellissime, la vendemmia 2021 sovverte ogni pronostico e stupisce i vignaioli

Raccolta alle battute finali e fermentazioni arrivate (quasi ovunque) in fondo: il viaggio di WineNews tra i territori e le cantine italiane

Nettamente più scarsa, in quantità, della media, come ampiamente previsto, ma capace, in ogni Regione d’Italia, di superare indenne gli eccessi climatici regalando uve sane e bellissime, bilanciate in alcol e acidità, foriere di grandi vini, dalle Langhe alla Toscana, dalla Valpolicella alla Campania, dall’Etna all’Umbria. Ecco l’annata 2021, nelle parole, a WineNews, dei produttori del Belpaese, e nei bilanci dei territori più importanti, con le uve delle varietà tardive alla fine delle fermentazioni, e la stragrande maggioranza dei vini già svinati. Alla fine di una raccolta lunghissima, e dilatata nei tempi anche all’interno dei singoli territori, per seguire i tempi delle diverse maturazioni, il sentimento che accomuna più o meno tutti è un senso di sollievo, dopo il flagello delle gelate primaverili e la siccità che ha lasciato a secco i filari per tutta l’estate, specie al Centro e al Sud, prima delle benefiche piogge di settembre, che hanno accompagnato le uve nelle ultime due settimane prima della raccolta, riportando equilibrio in chicchi poco generosi in termini di resa, ma ricchissimi di contenuto. Difficile se non impossibile, definirla in un solo aggettivo, ma quello più adeguato è forse “sorprendente”, perché in pochi, fino a un paio di mesi fa, avrebbero scommesso su un’annata tanto tormentata, nata e proseguita sotto i peggiori auspici, e rivelatasi, in potenza, una vendemmia da ricordare.

Partendo dai territori, segnali positivi arrivano innanzitutto dall’Alto Piemonte, dove a fare un bilancio è Andrea Fontana, presidente del Consorzio Nebbioli Alto Piemonte, nonostante il chiaro impatto del cambiamento climatico: “la vicinanza al Monte Rosa e la nostra posizione geografica ancora ci tutelano, rispetto ad altre zone molto più penalizzate da questo punto di vista, ragione per cui le uve si sono comunque presentate in vendemmia con indici di qualità più che buoni”. Il risultato è una produzione più contenuta rispetto al 2020, con rese uva vino in generale molto basse su tutti gli areali, ma con ottime premesse dal punto di vista qualitativo. L’eterogeneità del territorio, tuttavia, non permette di trarre un bilancio univoco della vendemmia: ci sono zone in cui la vendemmia ha restituito un buon carico produttivo con acidità e tenori alcolici buoni, altre che , nonostante le gelate primaverili, hanno inaspettatamente prodotto buoni risultati e zone in cui si sono invece rilevate drastiche riduzioni della produzione a causa degli straordinari eventi climatici registrati nel corso dell’anno che, in particolare in alcune aree del vercellese, nel biellese e nel novarese, hanno danneggiato tra il 45% e il 70% dei vigneti.

Restando in Piemonte, ma scendendo in Monferrato, si fanno anche qui i conti con una raccolta più bassa nei numeri, ma di grande profilo qualitativo, con uve sane e senza particolari criticità malgrado la gelata di aprile potesse incidere negativamente sull’equilibrio complessivo delle colture. L’analisi del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato rileva uno stato sanitario delle uve molto soddisfacente, mentre ci si prepara a monitorare e osservare l’avanzamento dei lavori in cantina. Per ora i grappoli sani e con un bilanciamento ottimo tra acidità e tenore alcolico promettono belle sorprese. Ottima qualità, gradazione buona, bucce delle uve spesse: sono questi i caratteri che spiccano dalla vendemmia di quest’anno e anche dal punto di vista sanitario si evidenzia uno stato complessivo ottimale, mediando tra quei vigneti che hanno subito influenze climatiche negative, incluse in alcuni casi scottature da sole nei mesi estivi, e quelli che invece non hanno accusato problematiche di alcun genere. “Una qualità eccellente che ci lascia prevedere un’evoluzione in cantina di alto livello, in linea con quella degli ultimi anni. Il grande caldo di quest’anno, però, ci mette in guardia sul futuro: stagione dopo stagione, i cambiamenti climatici sono sempre più percepibili, in particolare in agricoltura, e questo deve portarci a riflettere sul tema delle irrigazioni in vigna”, commenta Filippo Mobrici, presidente Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato.

Giocano un ruolo fondamentale, quando si parla di Asti Spumante e Moscato d’Asti, “le grandi case spumantiere, sulle cui richieste i vignaioli calibrano le produzioni”, spiega a WineNews Giacomo Pondini, direttore del Consorzio Asti Spumante e Moscato d’Asti. “Il disciplinare limita le rese a 100 quintali ad ettaro, ma negli ultimi 10 anni è un limite mai avvicinato. Nel 2020 si decise per 90 quintali, con 10 quintali accantonati come riserva vendemmiale. Quest’anno, sulla scia degli ottimi risultati commerciali, sia in Italia che sui mercati esteri, si è deciso di rispettare i limiti previsti dal disciplinare, quindi 100 quintali ad ettaro, più 15 quintali di riserva vendemmiale che, una settimana fa, abbiamo già sbloccato. Così come in cantina, le cose sono andate bene anche in vigna, con un buon andamento stagionale: nonostante la quasi totale assenza di precipitazioni, le vigne non sono andate in stress, e il clima asciutto ha garantito grande sanità delle uve, che qui non hanno dovuto fare i conti né con le gelate primaverili, né con gli acquazzoni, né con la grandine”, conclude Giacomo Pondini.

In Franciacorta la vendemmia ha riservato ai vignaioli del metodo classico un calo della produzione del 25%. “Colpa di due fattori: la gelata della notte tra l’8 ed il 9 aprile, e la grandine che ha colpito diversi vigneti del territorio nel mese di luglio”, spiega il presidente del Consorzio del Franciacorta Silvano Brescianini. “La siccità, invece, non ha rappresentato un problema, è limitata al mese di giugno, ma normalmente con il lago vicino e la Val Camonica che fa da imbuto, qualche perturbazione e qualche temporale benefico arriva sempre, purtroppo qualche volta sotto forma di grandine, e questo è l’unico problema che ci affligge. Le uve, portate in cantina ormai da qualche settimana, sono assolutamente sane, non hanno subito attacchi di botrite né di altre malattie, ma per dare un giudizio all’annata è ancora presto. Di certo, visto l’andamento sul mercato, la scarsità dell’annata, sommata alle difficoltà della 2017, in prospettiva ci crea qualche problema”, conclude Brescianini.

Tra i filari del Pinot grigio Doc delle Venezie trovano conferma il trend di metà estate, che anticipava cali più o meno lievi della produzione - da un -5% in Friuli a un -10/-15% in Veneto e nella Provincia Autonoma di Trento - che, in compenso, sono accompagnati a fine vendemmia da un ottimo stato fitosanitario dell’uva e da qualità eccellente diffusa su tutto l‘areale. L’andamento climatico è stato decisamente altalenante in tutto il Nordest, caratterizzato da eventi estremi, a partire dalla gelata dell’8/9 aprile, dalle temperature basse nel mese di maggio (che hanno ritardato la fioritura ai primi di giugno) e alte nel mese successivo, dallo stress idrico ed eccessivo caldo di metà agosto. Ma ciò non ha compromesso la salute né la qualità del Pinot Grigio.

Poco distante, nelle vigne del del Conegliano Valdobbiadene Prosecco, da un punto di vista meteorologico il 2021 è stato un’annata fresca se confrontata con gli ultimi 15 anni, e per tale ragione lo sviluppo della vite e conseguentemente la maturazione dell’uva sono arrivate in sensibile ritardo. A differenza degli scorsi anni, i mesi estivi di giugno e luglio sono stati meno piovosi e questo ha comportato il vantaggio di dover affrontare meno patologie in vigneto. Le vigne hanno regalato grappoli sani, che non hanno subito né scottature, né disidratazione. L’escursione termica che ha caratterizzato il mese di agosto ha portato a un buon livello di acidità, fondamentale per ottenere spumanti con spiccate note di freschezza.

A Montalcino, il Brunello ha messo in cantina una vendemmia “leggermente sotto la media, non la definirei un’annata abbondante, ma nemmeno scarsa”, commenta Michele Fontana, direttore del Consorzio del Brunello. “La qualità, invece, è ottima: si può dire che quello che abbiamo perso in quantità lo abbiamo abbondantemente recuperato in una qualità veramente elevata. L’annata è stata impegnativa dal punto di vista meteorologico, con le gelate di aprile che hanno interessato le aree più basse di Montalcino, mentre l’andamento climatico caldo, ma con qualche precipitazione, di agosto, in alcune zone ha permesso un periodo di maturazione posticipato con il raggiungimento di un’ottima qualità”, chiosa il direttore del Consorzio del Brunello di Montalcino.

La vendemmia per il Montecucco, piccola denominazione toscana racchiusa tra il Monte Amiata ed il Tirreno, si è conclusa, quantitativamente, con una diminuzione media pari al 20/25% sul 2020 causata dall’andamento altalenante di questa stagione produttiva, ma il Sangiovese arrivato in cantina è a dir poco eccellente. “L’uva è poca ma ottima” dice Giuliano Guerrini, storico agronomo dell’azienda Collemassari. “Nella denominazione siamo tutti contenti dei parametri chimici di maturità dell’uva osservati anche dopo le prime svinature, per quanto riguarda sia il Sangiovese sia il Vermentino, e possiamo azzardare un profilo qualitativo molto simile alle fortunate 2015 e 2019”. Un’annata senz’altro di difficile gestione, a partire dalla gelata dell’8-9 aprile, e poi una siccità a dir poco anomala che, dati alla mano, ha fatto registrare da gennaio 2021 al 30 settembre solo 204 mm di pioggia rispetto alla media ventennale di 450 mm. “Andiamo sicuramente verso Sangiovesi da lungo invecchiamento - aggiunge il presidente del Consorzio di Tutela Giovan Battista Basile - e anche per il Vermentino è stata un’annata favolosa. Siamo più che soddisfatti dell’ottimo stato fitosanitario dell’uva portata in cantina, nessuna traccia di peronospora né di oidio, a parte qualche lievissimo accenno a inizio luglio ma subito rientrato grazie alle temperature estive molto calde”.

In Puglia, la denominazione più importante, quella del Primitivo di Manduria, ha messo in cantina una vendemmia 2021 posticipata ma di grande livello. “La qualità delle uve si è dimostrata subito eccellente dal punto di vista fitosanitario. Inizialmente abbiamo pensato ad un’annata incerta, a causa delle elevate temperature di luglio ed agosto ma, alla fine, tecnologia e competenza ne hanno salvato la qualità. La raccolta delle uve ha riguardato prima le zone costiere, subito dopo gli alberelli e, infine, gli impianti a Guyot o a cordone speronato. Ringrazio tutti i tutti i vignaioli e gli addetti ai lavori che hanno dedicato anima e corpo alla raccolta dell’uva e alla tecnologia in vigna. E grazie alle nostre aziende che, con passione e abili capacità, producono questo vino straordinario. Un’eccellenza che ha conquistato e sta conquistando fette di mercato importanti”, commenta Mauro di Maggio, presidente del Consorzio del Primitivo di Manduria.

A salvare la vendemmia in Sicilia, dove le temperature hanno raggiunto picchi di 48 gradi, “ci hanno pensato i mesi di agosto e settembre, che hanno garantito maturazioni pressoché perfette ed uve sanissime, ma quantità decisamente basse, di poco superiori al 2020, ossia alla peggiore annata, in termini quantitativi, dal 1848 ad oggi”, ricorda Antonio Rallo, alla guida della griffe Donnafugata e presidente del Consorzio Doc Sicilia. “Alla fine, la vite ha superato in scioltezza il mese di agosto, che l’ha messa duramente alla prova, regalando uve che, all’assaggio, rendono felici. Nel complesso, se la Sicilia Occidentale si è dimostrata più generosa, anche grazie all’irrigazione di emergenza, cui sono potute ricorrere le aziende più strutturate, la Sicilia Orientale ha invece visto un calo persino rispetto al 2020, con l’Etna che segna il -15/20%, e non va meglio a Pantelleria”, conclude Antonio Rallo.

Il giro d’Italia tra le cantine del Belpaese, dove i vini sono ormai pronti quasi ovunque, inizia da Camilla Lunelli, alla guida, insieme ai fratelli Matteo, Marcello e Alessandro, di Cantine Ferrari, riferimento per tutto il Trentodoc: “è stata un’annata che ci ha fatto preoccupare - spiega - almeno inizialmente, per via di qualche gelata e qualche episodio di grandine di troppo, ma alla fine siamo arrivati ad una vendemmia che ci ha dato grande soddisfazione. Siamo partiti il 26 agosto, in media con le ultime annate, per una raccolta lunga e graduale, che ci ha garantito un bel grado zuccherino, acidità e quindi uve equilibrate e sane”.

In Trentino, a San Leonardo, la storica griffe guidata da Anselmo Guerrieri Gonzaga, “un debutto di stagione freddo e molto piovoso ci ha messo a dura prova. Poi dall’inizio d’agosto il clima ha veramente cominciato a sorriderci, vivendo delle giornate meravigliose, con importanti escursioni termiche che raggiungono fino a 18 gradi di differenza tra notte e giorno, a settembre. Abbiamo portato a termine una splendida vendemmia”.

Nel vicino Alto Adige, è Hans Terzer, il winemaker che guida San Michele Appiano, realtà cooperativa di riferimento per tutta la viticoltura italiana, a fare il punto. “Nonostante il tempo ci abbia fatto soffrire, è andata molto bene. Abbiamo dovuto fermarci e riprendere spesso, facendo selezioni accurate, ma posso dire da adesso che i vini bianchi promettono molto bene, così come i rossi, anche se gli ultimi sono appena arrivati in cantina. Pinot Bianco, Sauvignon e Gewurztraminer eccellenti. Quantitativamente, è una vendemmia “piccola”, non arriviamo in media a rese che superino gli 80 quintali per ettaro, che per l’Alto Adige è poco”, conclude Terzer.

Per Franco Adami, a capo della griffe del Conegliano Valdobbiadene, “a Valdobbiadene abbiamo vendemmiato più tardi del solito, ma il vero problema è stata una resa leggermente inferiore alla media, con una qualità, invece, straordinaria. Non ho mai visto, in 41 vendemmie, un insieme di acidità, e una gradazione naturale così elevata: ci aspettiamo un Valdobbiadene straordinario. L’unico problema riguarda la flavescenza dorata, una malattia della vite che ha colpito le migliori colline, e che ci preoccupa per due motivi: perché perdiamo la vite e perché per ripiantarla e metterla in produzione ci vogliono 4 anni, nei quali, se non risolviamo il problema, potremmo avere problemi enormi, proprio sui vigneti Unesco dove la malattia si sta trasmettendo a notevole velocità. I viticoltori di Conegliano e Valdobbiadene - spiega il vignaiolo Franco Adami - si sono uniformati alla necessità di garantire una produzione sostenibile, lavorando i vigneti con un impatto ambientale vicino allo zero, ma questo insetto è un problema, e se i produttori hanno fatto ogni sforzo per difendere la comunità, forse è il caso che la comunità aiuti i produttori delle rive a reimpiantare le viti che si sono ammalate”.

Nei Colli Berici, in provincia di Vicenza, per Anna De’ Besi di PuntoZero, “è stata una vendemmia molto buona e soddisfacente, aspettiamo di vedere i frutti di quello che abbiamo in cantina, ma siamo molto contenti. Facciamo la Garganega in purezza, e quest’anno è stata una raccolta molto bella, con questi chicchi, da maturi, ambrati ed enormi, che esplodono con i loro zuccheri ed i loro profumi”.

In Valpolicella, invece, secondo Tiziano Castagnedi di Tenuta Sant’Antonio “l’andamento climatico, già dalla primavera, ha dato delle buone prospettive, con piovosità nella norma. Assolutamente positivo il periodo della raccolta, tra settembre e ottobre, con bel tempo e belle giornate, che ci hanno permesso di raccogliere uve perfettamente sane. Abbiamo avuto un calo del 25%, ma questo non ci dispiace e anzi va a migliorare la qualità della vendemmia 2021”. Parere positivo anche quello di Silvia Allegrini, che insieme a Marilisa e Franco Allegrini guida uno dei gruppi più importanti del territorio. “Una vendemmia che ci ha dato grandissima soddisfazione, nonostante la stagione particolare, con qualche difficoltà. Avere i vigneti in alta colina ed in zone molto vocate ha dato un grande aiuto, e poi una gestione molto attenta e puntuale ci ha permesso di portare in cantina uve di grandissima qualità, molto ricche, con un bel tenore acido, per cui puntiamo ad un’annata di grandissima qualità, specie con la Corvina, che ha una buccia spessa e croccante, che darà una prospettiva importante ai vini da appassimento, che hanno bisogno di uve con una struttura di sostanza: sarà un grande Amarone”.

Favorevolmente sorpreso anche Giuseppe Speri, ultima generazione alla guida della griffe dell’Amarone, secondo cui “in Valpolicella l’annata 2021 è stata un po’ disequilibrata a livello climatico, con qualche evento atmosferico di troppo in termini di grandine, ma per chi non è stato colpito è stata un’annata estremamente positiva. Sarà per il bacino dei grandi laghi – Garda, Como e Maggiore - che garantisce sempre la disponibilità di acqua, ma anche la quantità è stata corretta. Quello che ci ha stupito, nei mesi finali di maturazione, è stata la qualità estrema del frutto. L’escursione termica negli ultimi quindici giorni di agosto è stata importante, e questo ha favorito lo sviluppo di una buccia più spessa, fondamentale per l’appassimento. Per me - aggiunge Giuseppe Speri, ultima generazione della famiglia - è stata la migliore vendemmia delle 15 che ho seguito, e molti nostri collaboratori, che lavorano con noi da quarant’anni, dicono di non aver mai visto uve così belle. Adesso ci sarà da lavorare in cantina, ma quello più importante si fa in vigneto, e di fronte ad annate del genere il nostro lavoro, quello dell’enologo, diventa davvero semplice”.

Le sorprese maggiori, forse, arrivano dalle Langhe, dove Guido Conterno produttore storico con la griffe Conterno Fantino, non nasconde entusiasmo ed ottimismo. “Per noi è stata una grandissima vendemmia, la più interessante degli ultimi anni, sia a livello di quantità che di qualità. In cinquant’anni ne ho viste pochissime così: uva perfetta e sanissima; l’escursione del mese di settembre, con 25 gradi di giorno e 10 la notte, è stata una manna dal cielo per il Nebbiolo; maturazione giusta, che ci ha permesso di raccogliere i Nebbioli ad ottobre, come una volta, non a settembre, come accade nelle annate più calde. Saranno sicuramente grandi vini quelli della 2021, firmerei perché tutte le annate fossero così”. Anche per Valentina Abbona, anima commerciale della Marchesi di Barolo, “il bilancio della vendemmia 2021 è decisamente positivo, nonostante le preoccupazioni di inizio stagione, dovute alla gelata e poi alla siccità, oltre che alle grandinate che si sono presentate a luglio. In vigna abbiamo avuto delle belle sorprese, dovute al grande impegno ed al lavoro attento, parcella per parcella, ha portato a grandissimi risultati, in termini di qualità, mentre la quantità viene un po’ a mancare. Grande ricchezza e concentrazione delle uve, che si tradurranno nei vini che tra qualche anno accoglieremo con grande curiosità”. Oscar Arrivabene, enologo e direttore generale della Domenico Clerico, a Monforte d’Alba, traccia un primo bilancio, ricordando come “la stagione, nella zona più a sud del Barolo, è iniziata con un inverno nevoso nella sua prima parte e nella sua conclusione mite, cosi come l’inizio della primavera. Ad aprile si è verificato un brusco ritorno del freddo, con temperature vicine allo zero in alcune notti, ma fortunatamente senza incorrere nelle tanto temute gelate tardive. L’estate, mediamente calda e poco piovosa, ha garantito un’ottima sanità delle uve e la forte escursione termica tra giorno e notte, già precocemente in atto dal 17 agosto, è riuscita a garantire ad oggi buone, se non addirittura ottime acidità nei mosti. La raccolta è stata tardiva, come nelle annate classiche, e il quadro complessivo lascia ben presagire una buona longevità dei futuri vini ”.

In Liguria, sulle colline di Luni, Diego Bosoni, alla guida di Lvnae, parla di “un’annata armonica, nessuna gelata in primavera e nemmeno particolare siccità in estate: la natura è stata dalla nostra parte e le uve sono arrivate alla vendemmia integre e con una maturazione ottimale”. In Emilia Romagna, come racconta Gianmaria Cesari, alla guida dell’azienda fondata dal padre Umberto, non è stata affatto un’annata semplice. “Le gelate di fine marzo e fino a metà aprile ci hanno colpito fortemente, perché le temperature primaverili di febbraio e marzo avevano anticipato la fioritura. Successivamente, nonostante l’irrigazione, il colpo di grazia ce l’ha dato la siccità, perché da metà maggio al 25 agosto non è caduta una goccia, e la sintesi è un calo di produzione del 25% rispetto al 2020. La qualità, però, è ottima, abbiamo delle concentrazioni e dei livelli di alcol meravigliosi, è una vendemmia che verrà ricordata per la longevità dei suoi vini”, spiega Gianmaria Cesari. “A livello di sanità delle uve, l’unica cosa che ci continua a creare qualche problema, ma assolutamente gestibile, è il mal dell’esca. La gioia più grande, invece, arriva dal Merlese, un’uva che si è dimostrata una volta in più assolutamente resiliente, perciò continueremo a puntarci e piantarla”.

Scendendo in Toscana, a Bolgheri, per uno dei vini più iconici d’Italia, il Masseto, re delle aste e sogno di ogni wine lover, l’annata 2021 è stata insidiosa e caratterizzata ovunque da forti contrasti, rendendo più concreto e tangibile il fenomeno del cambiamento climatico che ormai caratterizza gli andamenti stagionali. “A Masseto il grande punto di forza è stata sicuramente la capacità di risposta delle viti, aiutata - come spiega il direttore Axel Heinz - dalla resilienza dei grandi terroir: le sue caratteristiche hanno permesso di ammortizzare gli estremi climatici e di canalizzarli creando condizioni sì limitanti, ma allo stesso tempo prive di sofferenza. Proprio da queste premesse possono nascere grandi vini”. Fondamentali, in questa situazione di criticità atmosferica, si sono rivelati suolo e microclima. Per l’elemento suolo determinante è stata la presenza di quell’argilla blu, elemento di unicità di Masseto, capace di accumulare riserve idriche nella profondità del suolo, che ha evitato lo stress eccessivo delle viti e permesso di superare la siccità estiva. Il microclima, caratterizzato da brezze marine e temperature miti, ha messo al riparo in primavera dalle gelate, mentre in estate ha garantito quella ventilazione necessaria a superare l’eccesso di calura. La chiave do lettura giusta torna a essere il binomio uomo-terroir che ha permesso di trasformare le insidie in eccezionali punti di forza. La vendemmia, senza una goccia di pioggia dal primo all’ultimo giorno, è cominciata il 30 agosto e si è conclusa il 28 settembre, lasciando, come prime sensazioni, quelle di un’annata di grande stile.

A Montalcino, Emilia Nardi, proprietaria di Tenute Silvio Nardi, spiega che “grazie ad accorgimenti agronomici di preparazione post-vendemmia 2020 è stato possibile avere una preziosa riserva idrica, tale da permettere alle piante di affrontare bene le carenze successive di acqua. Le uve raccolte hanno mostrato un sorprendente equilibrio”.

Diverse le aziende del Consorzio del Chianti Classico sentite da WineNews, da cui si può fare un bilancio assolutamente positivo della raccolta 2021, almeno in termini qualitativi, aspetto fondamentale per proseguire in quel processo di crescita che ha portato alla crescita dei fatturati del +9% nei primi otto mesi del 2021 sullo stesso periodo del 2019, alla conclusione del percorso delle Menzioni Geografiche Aggiuntive (Castellina, Castelnuovo Berardenga, Gaiole, Greve, Lamole, Montefioralle, Panzano, Radda, San Casciano, San Donato in Poggio, comprensivo dei territori di Barberino Tavarnelle e di Poggibonsi, e Vagliagli) ed al rafforzamento del valore della Gran Selezione, vertice qualitativo della denominazione. Nel mirino del Consorzio del Chianti Classico, guidato da Giovanni Manetti, ci sono adesso il riconoscimento Unesco per il territorio, ed un nuovo grande progetto di ricerca agronomica e viticola come è stato in passato “Chianti Classico 2000”.

Tornando tra i filari ed in cantina, la Ambrogio e Giovanni Folonari Tenute - che, con la “casa madre” nel Chianti Classico, mette insieme 250 ettari di vigneto nei territori rossisti più importanti della Toscana del vino, Campo al Mare a Bolgheri, Tenuta di Nozzole e Tenute del Cabreo nel Chianti Classico, La Fuga a Montalcino, Torcalvano a Montepulciano e Vigne a Porrona in Maremma - non ha alcun timore a parlare esplicitamente di annata di grande qualità. “La qualità delle uve raccolte è il tratto distintivo di questa vendemmia, che è stata perfetta nel rispetto dei tempi del vitigno, delle modalità di lavoro e della progettualità vitivinicola - ha dichiarato il Presidente Giovanni Folonari -. Gli eventi climatici estremi della primavera, nella fase iniziale della maturazione, hanno influito solo sulla riduzione della quantità prodotta, non sulla sua qualità. Quella del 2021 sarà dunque un’ottima annata, con vini interessanti, di grande armonia ed eleganza”. Al termine del processo di maturazione dell’uva, i grappoli si presentavano perfettamente sani e le piante in buono stato vegetativo, anche se con carica produttiva più limitata rispetto all’annata precedente. Le gelate di inizio primavera hanno infatti parzialmente diradato il prodotto, lasciandone però intatta la qualità. Gli effetti del cambiamento climatico si tradurranno quindi esclusivamente in un calo di produzione, in linea con il dato nazionale. Le alte temperature estive, accompagnate da una forte siccità, non hanno invece interferito con il processo di maturazione e non hanno modificato l’equilibrio del prodotto.

Sergio Zingarelli, proprietario di una delle aziende di riferimento del Chianti Classico, Rocca delle Macìe, ricorda “un inverno molto freddo e piuttosto piovoso, che ci ha permesso di salvaguardare le risorse idriche, e questo ci ha aiutato a superare un’estate stagione abbastanza calda e molto arida. Abbiamo portato in cantina un prodotto sanissimo, e i risultati delle prime svinature sono piuttosto incoraggianti. Come azienda, siamo andati controcorrente, perché abbiamo avuto una produzione leggermente maggiore della 2020, che fu comunque decisamente scarsa. La qualità, invece, è decisamente buona, difficile da paragonare ad altre, forse allo stesso 2020, ma questa ha passato davvero di tutto, le condizioni climatiche sono state avverse, dalle gelate alla grandine, eppure il Sangiovese ha saputo resistere, specie al caldo di luglio, quando non sono mancate comunque notti abbastanza fresche, che ha evitato lo stress alle vigne”. A Castello di Brolio, ancora nel Chianti Classico, è stata un’annata complessa per le problematiche di gelate e siccità. Tuttavia “le uve a bacca bianca sono risultate ottime sia in termini qualitativi sia quantitativi”, spiega Francesco Ricasoli. “La vendemmia del Sangiovese ha regalato quantità minori ma a tutto vantaggio della qualità, con dimensioni più piccole dei grappoli che ricordano il 2017, allo stesso tempo con più colore, intensità di aromi e una maggiore concentrazione”.

A Radda in Chianti, per Martino Manetti, alla guida di Montevertine, la griffe da cui nasce il mitico Sangiovese in purezza Le Pergole Torte, “è stata una vendemmia migliore di quanto ci si aspettasse, abbiamo perso il 15% delle uve rispetto allo scorso anno, però la qualità è bellissima, non abbiamo buttato via neanche un grappolo. Non ce lo aspettavamo, perché è stata un’annata climaticamente difficile, con la gelata di aprile che ci ha fatto perdere in quantità, e poi l’estate siccitosa e torrida, senza piogge da giugno a settembre, con punte di 40 gradi a Radda in agosto. A fine agosto, avevamo poca uva ed acini piccolini, poi gli acquazzoni, potenti, di settembre, sono stati assorbiti dalle viti, e qualcosa è cambiato, trovando la quadratura del cerchio, ed i risultati alla fine sono molto buoni, mi lasciano contento. Una vendemmia di sostanza, alcol piuttosto alto per i nostri parametri, ma la consueta eleganza, che vogliamo trovare sempre nelle nostre uve”.

A cavallo tra Umbria e Lazio, con un occhio vigile rivolto verso Montalcino, dove la Famiglia Cotarella è proprietaria de Le Macioche, Enrica Cotarella tratteggia una “vendemmia simile sia nella zona a cavallo tra Umbria e Lazio che in Toscana, a Montalcino. Senza dubbio, è stata un’annata tendenzialmente calda, ma che ci ha consentito di portare in cantina una quantità magari inferiore di prodotto, ma qualitativamente elevata. Siamo contenti dell’andamento, ma è mancata la pioggia che, specie nella zona tra Umbria e Lazio, non vediamo da aprile, mentre a Montalcino c’è stata qualche pioggia. Le vigne più vecchie, che riescono ad andare più in profondità, sono riuscite a sopperire meglio ad un’annata sostanzialmente calda”.

In Umbria, Chiara Lungarotti, ad della storica cantina di Torgiano, parla di “fermentazioni finite e prodotto eccellente, nonostante l’annata difficilissima, che ha visto prima la gelata di aprile e poi la siccità con temperature folli. Alla fine, però, siamo molto contenti del prodotto in cantina. Dal punto di vista quantitativo, specie in Umbria, siamo stati particolarmente penalizzati, sia dalla gelata che dalla siccità. Le uve a bacca bianca hanno risposto in modo sorprendente, sia il Vermentino che il Grechetto, ma siamo molto contenti anche del Sangiovese”.

Nelle vicine Marche Alberto Mazzoni, direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vino, fa della vendemmia 2021 un “bilancio sicuramente positivo, perché le piogge del mese di agosto hanno rimesso in pista un sistema che tecnicamente era abbastanza pesante. Possiamo contare su un calo della produzione che si aggira intorno al 12-15%, con un andamento a macchia di leopardo, perché ci sono zone in cui cono caduti 200 ml di acqua ed altre in cui ne sono caduti appena 50 ml. Ovviamente, i vitigni precoci sono quelli che hanno sofferto di più, ma andando avanti con il Verdicchio, con il Rosso Piceno, con l’Offida e con il Bianchello abbiamo ottenuto prodotti generalmente buoni. Ricordiamo l’annata 2014, siccitosa, come quest’anno, ma che poi abbiamo riscoperto essere una grande annata: il bicchiere è mezzo pieno. Sarà un’annata da ricordare, magari non per tutti, anche perché - ricorda Mazzoni - la soddisfazione più grande non è tanto la vendemmia, quanto la ripresa del mercato: inutile pensare all’andamento in vigna se non c’è un mercato. Siccome, invece, stiamo facendo bene, e ci sono delle denominazioni sotto scorta, è bene che questa annata sia propedeutica per un grande rilancio della vitivinicoltura marchigiana”.

Per Marina Cvetic, a capo della griffe Masciarelli, a San Martino sulla Marrucina, nel cuore dell’Abruzzo enoico, “è stato un anno particolare, inedito, uguale a nessun altra annata. Abbiamo vissuto per 3-4 mesi con una siccità estrema, con picchi di 42 gradi per un mese e mezzo, e la vigna in sofferenza ha creato una riduzione delle quantità, in alcuni appezzamenti addirittura del 40-50%. Il mio enologo dice che quest’anno l’uva non c’è, ma quella che c’è è “a sette stelle”, quindi di altissima qualità, sanissima, è una grande gioia guardarla, fotografarla e vivere le giornate di un bellissimo settembre ed un autunno altrettanto meraviglioso, che ci ha portato grandi soddisfazioni. Sono una grande fan del Montepulciano, prima o poi me lo tatuerò, perché è il mio mood, vivo in base all’umore del Montepulciano. Anche i bianchi hanno prodotto di meno, garantendo concentrazioni e ricchezza, ma le soddisfazioni sono tante, arrivano dalla Malvasia e del Pecorino, mentre il Trebbiano ha sofferto il troppo caldo, e avremo inoltre dei Cerasuolo spettacolari”.

Spostandoci verso la costa, e quindi in provincia di Pescara, Jarno Trulli, ex pilota di Formula 1 da anni nel mondo del vino con Podere Castorani, parla di “un’ottima vendemmia, abbiamo iniziato molto presto con bianchi, perché abbiamo sofferto un po’ la siccità, ma fortunatamente abbiamo atteso per i rossi, e l’arrivo del fresco e della pioggia ha dato vigore alle vigne, che sono ripartite piuttosto bene. A livello di qualità non ci possiamo assolutamente lamentare, mentre la quantità è inferiore alla media, a causa del forte caldo, ma questo ci spaventa meno, perché l’obiettivo principale è produrre vini di alta gamma e di qualità”.

Nel piccolo, ma sorprendente, Molise il punto di riferimento è Alessio Di Majo Norante, che ricorda come in azienda ci siano “ancora quattro fermentatori in attività, perché con le uve tardive abbiamo finito la vendemmia il Giorno dei Santi, ma comunque ci riteniamo fortunati, perché nonostante il grande caldo - da cui comunque ci siamo difesi grazie alle riserve idriche del nostro sottosuolo – la vendemmia è stata molto buona, anche perché non abbiamo avuto gli sfaceli causati dalle bombe d’acqua. All’inizio le uve erano un po’ bloccate, ma a metà ottobre sono diventate straordinarie. Ho notato però uve più leggere, specie per quanto riguarda Aglianico e Greco, con grappoli che pesano in media il 20% in meno. Mi hanno sorpreso in maniera particolare la Tintilia, l’Aglianico ed il Montepulciano, che hanno dato dei colori impressionanti ai nostri vini”.

Tra le griffe di Puglia, Leone De Castris, benchmark dei rosati per la Regione, ha vissuto una delle vendemmie più lunghe e calde mai viste. “Il caldo torrido di luglio e agosto - si legge in una nota dell’azienda - ha messo in difficoltà sia i vitigni giovani che quelli vecchi. Nonostante tutto, si è complessivamente ottenuto un grado di maturazione ottimale e omogeneo in tutte le tenute. Possiamo ritenerci pienamente soddisfatti delle condizioni sanitarie e del potenziale polifenolico delle uve che, abbinati all’uso di macchine di ultima generazione utilizzate per la vinificazione, produrranno dei vini di qualità che, come da filosofia aziendale, mirano a esaltare il patrimonio aromatico e il carattere distintivo dei nostri vitigni autoctoni”.

In Sardegna, Massimo Ruggero, l’amministratore delegato della gallurese Siddùra, racconta che il fenomeno delle gelate primaverili qui è stato presente ma contenuto: “grazie al microclima specifico della vallata, la produzione ha subito una lieve perdita rispetto all’anno precedente, la situazione sanitaria è regolare e alla fine il livello di produzione è stato buono, pari quasi a quella del 2020”.

In Sicilia, nella zona dell’Etna, è stata un’estate torrida e siccitosa, e Vincenzo Lo Mauro direttore dell’azienda Passopisciaro ha aiutato le viti con l’irrigazione di soccorso notturna. “La vendemmia delle uve Chardonnay è cominciata anticipatamente subito dopo Ferragosto. Abbiamo portato in cantina uve perfette e profumate che produrranno un vino più intenso e strutturato. Per i rossi si spera in un calo delle temperature e nelle piogge che permetteranno di raggiungere il giusto equilibrio di maturazione”.

Anche dall’osservatorio di Alessio Planeta, a capo della cantina protagonista del Rinascimento enoico siciliano, la vendemmia 2021 è da annoverare tra “le buone annate, con il caldo che, nella totalità della stagione, tolti alcuni picchi davvero eccezionali, non è stato poi così eccessivo. La produzione è stata superiore alla 2020, che fu un’annata piccolissima, ma con differenze rilevanti tra un territorio e l’altro. Nella Sicilia Occidentale i risultati migliori, con uve belle, sanissime, e in leggero aumento rispetto allo scorso anno. Nella Sicilia Sud Orientale molto belli i vini che stanno nascendo a Noto, mentre Vittoria segna un leggero calo, e l’Etna ci ha impensierito non poco, almeno fino ad ottobre, quando le piogge hanno salvato un’annata difficile, raccolta poco prima dell’uragano che ha colpito Catania. È una vendemmia - conclude Alessio Planeta - che ci lascia davvero soddisfatti, specie per i risultati dei rossi di Menfi, del Nero d’Avola di Noto e delle varietà autoctone a bacca bianca, Grecanico e Grillo su tutte, mentre i rossi dell’Etna regaleranno una versione di loro più ricca e concentrata, nei sapori e nei colori”.

Sofia Ponzini, alla guida di Tenute Bosco, sempre alle pendici dell’Etna, racconta quella che “è stata un’ottima annata, che ci lascia fiduciosi, grazie alla qualità delle uve nonostante il caldo torrido che c’è stato in Sicilia, basti pensare ai picchi di 48 gradi toccati a Siracusa. Non è un’annata strepitosa come la 2020, ma comunque interessante: generalmente sull’Etna la vendemmia comincia nella seconda metà di ottobre, e nonostante il caldo il periodo è stato quello, accompagnato da maturazioni fenologiche graduali e rese leggermente più basse, anche se le uve che arrivano dalle vigne più vecchie non hanno subito alcuna variazione”.

Punto di vista diverso, e decisamente più ampio è quello di Luca D’Attoma, produttore in proprio, con Duemani, e consulente di realtà importanti del vino italiano, da Tua Rita a Poggio al Tesoro, da San Polo a Tolaini, da Tenute Lunelli a Monte delle Vigne. “Una vendemmia lunghissima, iniziata con delle difficoltà, perché ci sono stati degli anticipi dettati dal clima e dal caldo che non ha mollato mai la presa sui vigneti, mettendo in difficoltà, specie al Centro e al Sud, le varietà precoci. Nel Nord la situazione è stata completamente diversa, con le piogge che hanno allungato i cicli di maturazione, mentre il recupero del bel tempo, con caldo e luce, ha permesso di raccogliere comunque nei tempi canonici, se non con qualche ritardo, che vuol dire maturazioni più lente. La quantità si è rivelata più che sufficiente, anche se con delle rese un po’ più basse del normale in tutto il territorio nazionale, ma comunque vini di qualità, molto espressivi, in particolar modo tra i rossi, a partire dalla Toscana, che è partita con qualche difficoltà in più ma che alla fine ci consegna grandi estrazioni e grandi vini. Non posso dire altrettanto del Piemonte, se non nell’area della Barbera, nella zona del Monferrato, con delle Barbera straordinarie per alcol, colore intenso ed estrazione tannica. Come detto, vendemmie lunghe, specie nelle Regioni del Sud, e penso all’Irpinia, dove lavoro, con la vendemmia ancora alle battute finali con l’Aglianico: lì il clima è stato un po’ più inclemente, con piogge continue, ma le uve reggono ancora. Ottime le maturazioni dei bianchi autoctoni, per cui l’Irpinia è famosa ovunque, produzioni di eccezionale valore, come riscontrato da critica e mercato, mentre l’Aglianico, il re del Sud, che ragala vini dal grande potenziale di invecchiamento, paragonabile al Nebbiolo, sta dando risultati straordinari, che ci fa sperare in grandi vini”.

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