Un settore in crescita ma che deve fare i conti con il rialzo dei costi di produzione. Per i salumi il 2021 è stato un anno caratterizzato da una a ripresa dei consumi, sia in Italia (+5,4% in volume) che all’estero (export +15,2% a volume, +12,0% a valore) oltre che della produzione (+7,0% in volumi e + 6,2% in valore). Ma, rispetto al 2020, sono cresciuti anche esponenzialmente i costi di produzione e le difficoltà del settore. E la situazione adesso appare difficile. Le aziende del comparto sono oggi allo stremo: risultano fra le più colpite dai rincari, perché l’utilizzo di energia nei processi di lavorazione e conservazione è altamente impattante e, a peggiorare le prospettive, si sono aggiunti i casi di peste suina africana fra i cinghiali in Italia. Un fatto, questo, che sta danneggiando gravemente le esportazioni. Ecco i dati economici in assemblea annuale Assica (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi).
“Nel 2021 - ha commentato Ruggero Lenti, presidente Assica - abbiamo avuto ottimi segnali di crescita, come testimoniano le vendite in Gdo e quelle on line; nonostante le mancate occasioni di consumo fuori casa abbiano ancora penalizzato la domanda interna rispetto ai livelli pre-pandemia, la disponibilità al consumo dei salumi si è attestata a 17kg, corrispondente a un consumo medio reale pro capite di 11,3 Kg/anno. In forte aumento è risultata la domanda estera, che ha beneficiato della ripresa delle attività e delle minori restrizioni, rispetto al nostro Paese, adottate in diversi Stati partner sia all’interno della Unione Europea sia fra i Paesi terzi, trainati dal boom degli invii verso gli Usa, che hanno registrato uno straordinario +53% in quantità e +43,3% a valore”. La “doccia fredda” è arrivata con l’incremento dei costi di produzione, la guerra, i casi di Peste Suina Africana ed i timori per nuove ondate del Covid-19 in autunno. Le aziende hanno finora retto, riducendo progressivamente i propri margini. L’incremento dei costi dei fattori produttivi e dei servizi non si è tradotto in un incremento dei prezzi unitari dei salumi che hanno evidenziato nel 2021 un rientro rispetto all’anno precedente. L’incremento dei prezzi delle commodity e di tutti i costi di produzione è stato assorbito dalle aziende ma l’aumento dei costi della materia prima ha procurato una situazione complicata. Per quanto riguarda l’impatto della Psa sull’export i dati del primo trimestre evidenziano ancora una crescita, ma l’analisi dei mercati rivela che i Paesi Terzi che non applicano la regionalizzazione stanno registrando una battuta d’arresto: -27,6% sia a volume sia a valore.
I consumi in Italia. Il consumo apparente pro capite, considerato l’andamento della popolazione e la minore presenza dei turisti, si è attestato intorno ai 17 kg contro i 16,2 del 2020 (+5,4%) corrispondente a un consumo medio reale pro capite di 11,3 Kg/anno. Nel 2021 tutte le principali categorie di salumi hanno evidenziato una crescita. I consumi apparenti dei prosciutti crudi stagionati, favoriti dal rimbalzo della domanda interna e dalla ripresa di quella estera, sono saliti a 222.400 tonnellate (+6,1%); quelli di prosciutto cotto sono tornati a quota 274.800 tonnellate (+4,8%). In aumento anche i consumi di mortadella e wurstel (+4,2% per 190.800 tonnellate) e quelli di salame (81.500 tonnellate, +4,4%). Deciso recupero per i consumi di bresaola saliti a 25.800 tonnellate dalle 24.200 dell’anno precedente (+6,7%) e quelli degli “altri salumi”, attestatisi a 219.800 tonnellate (+7,0%).
La struttura dei consumi interni ha così visto al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota pari al 27,1% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo al 21,9% da mortadella/wurstel al 18,8%, dal salame all’8,0% e dalla bresaola al 2,5%. Chiudono gli altri salumi al 21,7%. Considerando l’insieme dei salumi e delle carni suine fresche, il consumo apparente pro-capite è salito a 28,4 kg da 27,2 kg dell’anno precedente (+4,4%), corrispondenti a 18,8 kg/anno di consumo reale.
La produzione. Nel 2021, la produzione di salumi è tornata a crescere, dopo l’importante flessione registrata nel 2020 a causa della pandemia e ha chiuso i 12 mesi attestandosi a 1,169 milioni di tonnellate da 1,093 del 2020 (+7,0%). In aumento è risultato anche il valore della produzione salito a 8.420 milioni di euro (+6,2%) da 7.927 milioni del 2020. La produzione di prosciutti crudi stagionati, dopo la profonda flessione del 2020, ha evidenziato un robusto +8,2% attestandosi a 282.500 tonnellate e un +7,0% in valore per 2.263 milioni di euro. Importante aumento anche per la produzione di prosciutto cotto, salita a 288.200 tonnellate (+6,3%) per 2.026 milioni di euro (+4,8%). La quota di prosciutti crudi e cotti, prodotti leader del settore, ha evidenziato un lieve miglioramento in quantità sull’anno precedente, attestandosi a 48,8% da 48,7% del 2020, ma ha evidenziato una lieve flessione a valore, fermandosi a quota 50,9% da 51,1% dell’anno precedente. Trend positivo anche per la produzione di mortadella, salita a 163.800 tonnellate (+4,3%) per 710,2 milioni di euro (+4,2%) e per quella dei wurstel, arrivati a quota 60.800 tonnellate (+3,2%) per un valore di 188,5 milioni di euro (+0,6%). Nel 2021, la produzione di speck si è attestata a quota 33.600 tonnellate (+2,8%) per un valore di 352 milioni di euro (+1,6%). In forte aumento è risultata anche la produzione di salame, attestatasi a 120.200 tonnellate (+10,3%) per un valore di 1.077 milioni di euro (+8,6%). Un contributo molto positivo alla crescita della categoria è arrivato dalla domanda estera cresciuta in modo significativo sia a volume sia a valore. Ha registrato un andamento in calo la pancetta che nel complesso dei 12 mesi ha visto la produzione fermarsi a quota 45.800 tonnellate (-4,0%) per un valore di 230,8 milioni di euro (-5,1%). In calo anche la produzione di coppa con 39.000 tonnellate (-1,0%) per 309 milioni di euro (-2,0%). Molto bene, infine, la bresaola che ha chiuso l’anno con un +8,9% in quantità per 29.500 tonnellate e un +7,1% in valore per 473,9 milioni di euro.
Import - Export. Il 2021 è stato un anno ottimo per le esportazioni e ha segnato, secondo l’Istat, un nuovo record: 197.759 tonnellate per un fatturato di 1.836 milioni di euro, registrando un aumento a due cifre sia a volume (+15,2%) sia a valore (+12,0%). Le esportazioni dei salumi italiani hanno abbondantemente superato i livelli pre-pandemia, registrando un +7,9% in quantità e un +15,6% a valore rispetto al 2019. Il saldo commerciale del settore ha registrato un +15,7% rispetto al 2020, salendo a 1.623 milioni di euro. Per quanto riguarda le aree geografiche, hanno evidenziato una solida crescita sia le esportazioni verso la Ue a 27 sia, soprattutto, quelle verso i Paesi terzi, trainate dal boom degli invii verso gli Usa. Le spedizioni verso i partner comunitari hanno evidenziato un +13,6% in quantità per 135.969 tonnellate e un +10,4% in valore per circa 1.207 milioni di euro. Ottimo 2021 anche per gli scambi con i Paesi extra Ue che, con arrivi di salumi italiani per 61.790 tonnellate per un valore di 629 milioni di euro, hanno registrato un +18,9% a volume e un +15,3% a valore. Tra i prodotti, nel 2021 sono tornate a correre le spedizioni di prosciutti crudi stagionati, che archiviano il difficile 2020 con un +17,6% in quantità e un +14,7% a valore. Importante risultato anche per le esportazioni di salami (+18,9% a volume e +14,3% a valore), di bresaola, (+16,0% in quantità e un +14,3% a valore) e soprattutto dei prosciutti cotti, che con invii per 22.058 tonnellate e 164,3 milioni di euro, chiudono l’anno con un +23,9% in quantità e con un +14,5% in valore e registrano la migliore performance fra le varie tipologie di salumi. Discreto il risultato di mortadella e wurstel (+5,8%a volume e +4,0% a valore) mentre gli invii di pancetta stagionata registrano un +3,1% in quantità ma un -6,6% a valore. Nel primo trimestre del 2022, le esportazioni di salumi italiani hanno registrato ancora una crescita: + 5,4% in quantità per un totale di 44.780 tonnellate e +9% in valore per 431,5 milioni di euro. Molto bene le esportazioni verso la Ue: + 6,4% per un totale di 31.323 tonnellate esportate e + 9,1% per un fatturato di 291 milioni di euro. Perdono slancio, invece, le esportazioni verso i Paesi Terzi (+3,1% a volume e +8,7% a valore) che, nonostante gli ottimi risultati di Usa (+38,6% a volume e+38,4% a valore) e Regno Unito (+16,0% volume e +17,9% a valore), scontano il rallentamento di molti altri importanti partner, in particolare i Paesi asiatici che non applicano con riferimento alla Psa il principio di regionalizzazione.
In assemblea annuale Assica è stata presentata la pubblicazione, realizzata con Ivsi (Istituto Valorizzazione Suini Italiani), che riassume buone pratiche e impegni verso un nuovo modello d’impresa: 5 goals, 48 Best practices e 35 impegni concreti verso un nuovo modello di impresa, il primo “Programma Sostenibilità” Assica per il settore della salumeria italiana vuole certificare un “cambio di passo” in atto da tempo. Fra i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (denominati Goal) dell’Agenda 2030 dell’Onu (SDGs), ne sono stati selezionati 5, quelli su cui i produttori di salumi possono offrire un contributo significativo e sui quali concentrare, di conseguenza, gli sforzi più consistenti. Affermare e valorizzare la sensibilità e la proattività del settore rispetto allo sviluppo sostenibile è l’intento principale del documento. In tema di sostenibilità ambientale, le principali best practice evidenziate nel programma riguardano il monitoraggio delle emissioni negli stabilimenti a tutti i livelli, da generatori a biogas interni con raccolta di scarti e sottoprodotti derivanti dalla macellazione e dall’azienda agricola, ai contratti di energia 100% rinnovabile. In tema di sostenibilità economica, il processo di miglioramento dei valori nutrizionali dei prodotti in commercio ha riguardato tutti i principali salumi italiani così come è generale l’investimento in ricerca per soluzioni innovative che riducano l’utilizzo della plastica e contengano l’impatto ambientale del packaging a fine vita, trasformandolo da rifiuto a risorsa utile per la tutela dell’ambiente. Sul versante sociale le buone pratiche più diffuse e significative riguardano il benessere e la formazione dei lavoratori e la collaborazione con realtà no profit territoriali, mentre l’impegno di Assica si evidenzia soprattutto nella formazione, in collaborazione con l’Ivsi. Oltre alle tre dimensioni della sostenibilità, ampio spazio è dedicato anche al tema del “benessere animale” , fra gli argomenti più delicati e specifici per le aziende della salumeria, tema su cui Assica sta incoraggiando una crescita culturale, per favorire un sistema di filiera sostenibile, in linea con le aspettative del consumatore.
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