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LO SCENARIO

Vino italiano, in 20 anni export a +188%. Tante le sfide future, in uno scenario complesso

Il calo dei consumi, la geopolitica, i dazi, gli “health warnings” e le elezioni Ue, nell’Assemblea Generale Federvini, oggi, a Roma

A pochi giorni dall’appuntamento con il voto europeo, il mondo del vino italiano si interroga sulle sfide, numerose, che dovrà affrontare per un futuro che è già presente, tra problematiche ormai ben note e di scala globale che sembrano diventare strutturali, calo dei consumi e cambiamento climatico in testa, ma non solo. E dovrà farlo senza precipitare in una “grande depressione”, forte anche di alcuni dati che mostrano una crescita significativa che ha abbracciato gli ultimi anni. I numeri sono sempre importanti, a maggior ragione per un settore dinamico come è quello del vino che in Italia vale 21,5 miliardi di euro di fatturato, 2.600 imprese, 30.000 occupati e il 21% dell’export del food & beverage italiano. Un export che nel 2023 ha sfiorato gli 8 miliardi di euro, quasi in linea con un 2022, salutato come un anno record. Ma a colpire di più è la performance registrata nell’ultimo ventennio: nel 2003 l’Italia era leader in 9 Paesi coprendo il 17% dell’export globale, nel 2023 primeggia in 46 Paesi toccando il 22% della quota complessiva. Un cammino virtuoso che l’ha avvicinata alla Francia (passata ad avere la leadership da 41 a 51 Paesi, ma con un valore dell’export mondiale sceso dal 38% al 33%) e che, tradotto in altre cifre, significa +188% di valore all’export nel ventennio, con le esportazioni che valgono il 50% del giro di affari. Statistiche che sorridono al settore e che “abbracciano” anche gli stessi spirits e gli aceti, una crescita che si può definire vitale e che va a contrastare i consumi interni che sono calati in modo strutturale. Ma il comparto da tempo è alle prese con gli scenari di crisi che incidono sul commercio del prodotto anche fuori dai propri confini, e quindi le tensioni internazionali, gli “health warnings”, e senza dimenticare la questione demografica con un Paese che sta invecchiando e con il vino che non riesce a trovare la giusta sintonia con le nuove generazioni. Nondimeno, il “fuori casa” continua a fare rima con socialità davanti ad un bicchiere e buon cibo, per gli italiani, ma la concorrenza per il vino è aumentata, e, non a caso, i consumatori occasionali salgono, mentre, allo stesso tempo, perdono terreno quelli abituali. E con l’età media anagrafica che schizza verso l’alto le previsioni non sembrano rosee, a meno di un cambio di passo che può essere dato anche da un appeal e da un linguaggio più efficace verso i giovani. Temi affrontanti nell’Assemblea Generale Federvini,, di scena, oggi, a Roma alla presenza delle istituzioni, e di importanti produttori italiani di un comparto che ha un’indiscutibile rilevanza.
Si è parlato, inevitabilmente, delle implicazioni della crisi russo-ucraina, delle prospettive del conflitto in Medio Oriente, dei timori di nuovi dazi commerciali applicati a titolo ritorsivo, di uno scenario quindi critico per le filiere, come quelle rappresentate da Federvini, che vedono nell’export la principale leva di crescita e di creazione del valore. Per questo, per esempio, il raggiungimento di accordi commerciali di libero scambio con nuovi partner, sulla scorta dell’esperienza positiva del Ceta definito con il Canada (per i vini italiani un tasso di crescita del +7,6% nel periodo 2018-2022 rispetto al +3,7% del 2013-2017, mentre il comparto degli aperitivi, amari, liquori e distillati made in Italy balza al +13,1% rispetto al +2,9% del periodo precedente), resta una prospettiva fondamentale per sostenere il libero scambio e le produzioni di qualità come quelle in cui l’Italia è leader riconosciuta. Tale prospettiva si traduce in un appello del sistema Federvini all’attuale presidenza italiana del G7 affinché si faccia interprete dell’esigenza di impedire che controversie commerciali originate in altri comparti possano avere ricadute sulle produzioni agroalimentari. Ma da Federvini parte anche un appello per una nuova Europa, perché è nel Vecchio Continente che si scriverà molto del futuro del settore: dalle iniziative sugli “health warnings” dell’Irlanda e più recentemente del Belgio (per ora “congelata” , alla revisione della direttiva sugli imballaggi, alla normativa sull’etichettatura e al Regolamento relativo alle Indicazioni Geografiche, numerose sono state le tematiche che hanno interessato i comparti di Federvini nel corso del quinquennio di legislatura appena chiuso. Dossier dall’evidente impatto, “che a volte non hanno tenuto in considerazione il valore non soltanto economico, ma anche sociale e culturale, espresso dalle imprese e dalle produzioni vitivinicole, di spiriti e di aceti. “Il nuovo Parlamento Europeo che uscirà dalle urne - è l’auspicio di Federvini - dimostri un approccio realistico, guidato dalla considerazione di elementi oggettivi nell’ottica di una promozione equilibrata delle componenti produttive, a partire dall’occupazione e dall’economia dei territori, attenzioni che hanno caratterizzato il mandato parlamentare in chiusura di numerosi rappresentanti italiani”. L’export sarà comunque la chiave per una crescita strutturale del comparto. Secondo i dati dell’Osservatorio Federvini, in collaborazione con Nomisma e TradeLab, l’export di vini italiani negli ultimi 20 anni ha conosciuto una sensibile crescita, passando da una quota di mercato del 17% nel 2003 (con la Francia al 38%) al 22% nel 2023 (i transalpini invece flettono al 33%). Un risultato che permette all’Italia di consolidare, grazie al complessivo +188% in valore di export, il secondo posto mondiale, e che assume un carattere ancor più straordinario se pensiamo all’incremento dei mercati in cui l’Italia esprime una posizione di leadership: 46 contro i 51 della Francia (vent’anni fa erano 9 contro 41). Evidenze positive anche sul fronte degli spiriti: negli ultimi 20 anni, secondo Nomisma, l’export ha registrato un incremento del 300% per un valore di 1,7 miliardi di euro (oggi l’Italia è il quinto top exporter globale). L’andamento positivo delle vendite oltre frontiera si conferma per il comparto degli aceti (+180% a valore negli ultimi venti anni). In generale, anche in considerazione di un calo strutturale dei consumi interni, le esportazioni assumono un carattere strategico, rappresentando un fatturato del 50% per i vini, del 35% per gli spiriti e del 48% per gli aceti.
E poi, come detto, c’è il “fuori casa” che sta crescendo e che, probabilmente, compensa un cambiamento delle abitudini che vede il “sacrificio” della cena come momento classico di ritrovo a tavola. Secondo i dati forniti da TradeLab la stragrande maggioranza degli italiani vede il “fuori casa” come un’occasione di convivialità e socialità, l’80% sceglie di bere principalmente durante occasioni sociali in accompagnamento al cibo distribuite lungo tutta la settimana, con il 27% che sostiene invece di consumare sempre la stessa tipologia di bevanda e il 40% che effettua la propria scelta in base alla particolare occasione di consumo. Il 95% del campione intervistato consuma bevande alcoliche in compagnia, un’abitudine che conferma il fattore della socialità quale elemento decisivo nelle scelte di consumo. Una tendenza che vede nell’aperitivo serale un fenomeno in netta crescita, con 14 milioni di italiani che lo organizzano in occasioni “fuori casa”, per un giro d’affari complessivo di 4,5 miliardi di euro.
In un contesto turbolento come quello di oggi, il futuro passa necessariamente anche dal sostengo ai principi e valori del consumo responsabile e moderato che proprio nello stile della Dieta Mediterranea trovano la migliore espressione. Una ricchezza unica al mondo di cui l’Italia può farsi, con rinnovato slancio, ambasciatrice nel mondo, a vantaggio anche della dimensione europea nel suo complesso, mettendo in luce il proprio modello virtuoso che dovrà essere promosso a livello internazionale. Importante a tale riguardo, secondo Federvini, sarà la dichiarazione politica dell’Onu sulle malattie non trasmissibili in calendario per il prossimo anno a New York.
“Stiamo attraversando un anno denso di novità e cambiamenti - ha dichiarato la presidente Federvini Micaela Pallini - primi tra tutti le ormai imminenti elezioni europee e, in autunno, le elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Nel frattempo, tensioni geopolitiche, commerciali ed economiche rischiano di impattare sulle attività di filiere fondamentali per l’agroalimentare italiano. Molto stanno facendo le nostre imprese per mantenere salda la propria capacità produttiva, penso ad esempio agli investimenti nell’internazionalizzazione, nella ricerca e per la sostenibilità. Non c’è dubbio, però, che per affrontare la dimensione delle sfide internazionali c’è bisogno di regole certe capaci di assicurare una competizione chiara e libera sui mercati, che non cedano a tendenze neo proibizioniste e che superino la logica ritorsiva dei dazi che nel recente passato ci hanno ingiustamente penalizzato”.
Riguardo al nuovo Parlamento Europeo, secondo Pallini, “il nuovo assetto delle istituzioni comunitarie che si definirà dopo la tornata di giugno sarà un fattore determinante per l’orientamento delle politiche che riguardano i nostri comparti, dall’etichettatura alla tutela dei prodotti tipici, fino alla competitività. In questo senso auspichiamo che la prossima legislatura europea sappia mantenere la barra dritta come hanno saputo fare quei parlamentari europei italiani a cui tanto dobbiamo per il loro impegno e le loro conquiste in questi cinque anni non facili. L’auspicio è che anche la nuova legislatura possa contare su donne e uomini capaci di ascoltare e confrontarsi con le categorie produttive, dotati di una visione razionale e rispettosa delle specificità e del valore espresso da filiere strategiche non soltanto per l’economia nazionale, pronti a costruire ponti e alleanze tra le diverse nazionalità e famiglie politiche che compongono l’emiciclo di Strasburgo”.

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