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LA VISIONE

Il futuro del vino è nei cambiamenti. Il messaggio nei 75 anni dell’Accademia della Vite e del Vino

Le riflessioni di accademici, imprenditori ed enologi, tra economia, produzione, ricerca, enoturismo e cambiamento climatico, guardando al domani

Fiducia nel futuro, nonostante tutto, ma anche consapevolezza che il “nuovo” non si può fermare, ad iniziare dal fenomeno dei vini “dealcolati” a cui anche l’Italia ha aperto, sulla scia di altri Paesi europei, Francia in primis, così come aspetti quali i cambiamenti climatici, i consumi che si spostano, la superficie vitata destinata a diminuire, l’enoturismo, risorsa, ma anche insidia se non si è in grado di “maneggiarlo”, la sostenibilità, di cui il vino può vantare un ruolo da pioniere. Non mancano le difficoltà da affrontare a viso aperto, con curiosità, coesione e visione d’insieme con la consapevolezza che non si può fare scudo per respingere le novità, ma, piuttosto, studiare le “contromosse” per trasformarle in opportunità. Tanti gli argomenti discussi nelle celebrazioni dei 75 anni dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, oggi a Siena, al Museo Santa Maria alla Scala, nella città in cui, su proposta del Comitato Nazionale Vitivinicolo, l’Accademia si costituì il 30 luglio 1949, con l’intento di dar vita ad un centro per promuovere il progresso vitivinicolo italiano.
Accademia della Vite e del Vino, guidata oggi dal presidente Rosario Di Lorenzo, che, ad inizio della giornata di approfondimento, ha presentato un volume (in focus), con le tappe salienti della sua storia. Un momento che ha anticipato la tavola rotonda “L’Accademia e le sfide future del comparto vitivinicolo italiano”, moderata dal giornalista Alessandro Torcoli, direttore “Civiltà del Bere”, a cui hanno partecipato Riccardo Cotarella, presidente Assoenologi; Lamberto Frescobaldi, presidente Unione Italiana Vini - Uiv, Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura ed enologia e già presidente del Comitato Nazionale Vini, Donatella Cinelli Colombini, fondatrice Movimento Turismo del Vino e già alla guide delle Donne del Vino, Giuseppe Liberatore, direttore Valoritalia, e Piero Mastroberardino, vicepresidente Federvini.
Attilio Scienza,
una delle voci più autorevoli del mondo del vino, ha spiegato che ci sono degli aspetti da rivedere in ottica futura, guardando ad un approccio diverso, più legato alle radici agricole, “allontanandosi anche dal concetto di terroir, in senso stretto, che abbiamo preso dalla Francia, per considerarlo più in senso lato. Il fatto è che il vigneto vive in un enorme contesto ambientale che abbiamo ignorato, quello che va fatto è recuperare e ripristinare il rapporto più complesso con la natura”.
Per Lamberto Frescobaldi, alla guida di Uiv e di una delle cantine più storiche d’Italia, “il nostro settore è costantemente in evoluzione. Dobbiamo guardare al domani, c’è stata un’evoluzione sul consumo e stiamo andando verso un’Italia di consumi saltuari. Non ci troviamo più a tavola a pranzo per aprire una bottiglia di vino con la famiglia, il ritrovo, piuttosto, è la sera quando si bevono magari gli spumanti, un prodotto che infatti sta andando molto bene tanto che non esiste più una Regione che non lo produce. Lo spumante sta ormai superando il vino bianco, negli Usa i consumi dicono 37% spumanti e 38% vino bianco, un andamento favorito anche dal successo dei cocktail, tra il pubblico, di cui spesso gli spumanti sono la base”. Per quanto riguarda il vino dealcolato, secondo Frescobaldi, “è stato molto importante averlo tenuto sotto il “cappello del vino”, abbiamo il controllo di questo prodotto. Pensiamo alle conseguenze se lo avesse gestito il settore del “beverage”. Ci piace? Non lo so, a me l’idea di questo prodotto non fa impazzire, però esiste, è comunque un’innovazione. Dobbiamo anche essere curiosi perché parliamo di cose che arriveranno. Dico anche che il potenziale viticolo è frenato, continueremo a perdere vigne, i consumi sono scesi, dobbiamo quindi trovare sbocchi diversi per avvicinare le persone al nostro mondo. E, chissà, magari da un dealcolato il consumatore passerà ad un prodotto superiore”.
Riguarda al futuro del vino, Riccardo Cotarella, n. 1 di Assoenologi e tra gli enologi più rinomati a livello internazionale, “le sfide sono continue, non siamo mai al top e non possiamo mai dire di aver raggiunto la tranquillità in vigna e cantina. Nel mondo si sciolgono i ghiacciai secolari, delle specie animali andranno ad estinguersi, lo stesso per alcuni vegetali. Ma nel settore vinicolo si vede anche una situazione diversa, il cambiamento climatico ha portato, in molti casi, ad una maturazione anticipata e questo può portare a grandi vini. Ma bisogna smettere con il fenomeno dei “viticoltori fai da te”, una vigna non si può, infatti, condurre da sola. Se ci approcciamo con professionalità al clima potremo avere risultati migliori del passato”. Sui vini “dealcolati”, Cotarella dice che “un vino senza alcol è come una persona senza sangue, è l’alcol a legare tutti i componenti del vino. Quello che ci ha fatto cambiare un po’ idea è stata la Francia, la prima nazione a crederci nei dealcolati. Recentemente li ho assaggiati e sono bevibili, anche se non li chiamerei vino, step by step poi i consumatori da qui potranno avvicinarsi al vino”.
Piero Mastroberardino
, vicepresidente Federvini, ha spiegato come “questo comparto si deve abituare ad una inversione di tendenza. La “torta” non cresce più, allora ci si domanda come fare per remunerare gli investimenti, avere flussi e redditualità. Dobbiamo provare a sviluppare un nuovo vantaggio competitivo, esplorare l’inesplorato, trovare nuove strade. Stiamo vivendo una fase difficile nella ricerca scientifica, manca anche una cultura d’impresa, la capacità di distinguersi da parte dei produttori in un comparto comunque straordinario, che produce ricchezza”.
Un aspetto interessante che può portare ulteriore crescita, ma che merita attenzione e un monitoraggio costante sugli sviluppi, è dato dell’enoturismo. Un filone che genera indotto a cascata, ma che non si propaga in modo omogeneo, insistendo principalmente su determinate zone con il rischio che possano snaturarsi. Donatella Cinelli Colombini, imprenditrice tra le fondatrici del fenomeno, in Italia, ha sottolineato come il “turismo cresce e crescerà. Occorre lavorare in gruppo, trovare il modo di fare andar i turisti nelle cantine e scegliere il tipo di turista. Le cantine aperte al pubblico sono importanti, ma generano piccoli flussi, salvo pochi esempi. Nel Chianti Classico si può parlare di “overtourism” ma anche altre zone della Toscana, da Montalcino a Montepulciano, da Bolgheri a San Gimignano non ne sono esenti. In certi posti non si trovano posti letto per gli operai agricoli. Delocalizzarlo è una necessità, l’overtourism va limitato. La destinazione turistica ha un ciclo di vita come ogni prodotto e il turismo consuma le destinazioni più velocemente al determinarsi di eventuali fattori come, ad esempio, la forbice tra il reddito dei turisti e quello dei residenti. Spesso parliamo di mete piccole e fragili, va salvaguardata l’identità locale. Il turismo del vino ha come vantaggi di creare canali di reddito a forte marginalità e di mettere le basi per consumatori futuri stabili. Creare circuiti e fare squadra è fondamentale, le Strade del Vino non hanno funzionato. Gli eventi si fanno all’estero, dove nasce il turismo, come ha fatto ad esempio il Prosecco, e non dove arriva. Bisogna spingere un prodotto turistico d’insieme, abbiamo un potenziale enorme, impariamo ad usarlo. Per il futuro l’intelligenza artificiale avrà un peso sempre maggiore, in Usa la costruzione del viaggio parte già così. Ma c’è un problema, avvantaggerà chi è già forte”.
L’intervento di Giuseppe Liberatore, direttore di Valoritalia, si è concentrato, infine, sulla sostenibilità, tema già oggi centrale e che sarà probabilmente sempre più determinante, soprattutto negli aspetti sociali, ambientali ed economici con cui si basa la certificazione di Equalitas, protocollo sotto l’egida di Federdoc, diventato un modello di riferimento per tantissime cantine del Belpaese. “La sostenibilità è uno degli aspetti del futuro. Il vino, in questo caso, si è mosso in anticipo e bene. Parlare di sostenibilità nel 2016 era atipico, ma devo dire che abbiamo fatto un grande lavoro che ci posizionerà bene nel mondo. Con il sistema di sostenibilità Equalitas, gli obiettivi sono in continua evoluzione e c’è un soggetto terzo come certificatore. Al momento - conclude Liberatore - sono 405 le aziende certificate Equalitas, anche da Spagna e Portogallo, realtà che generano 8 miliardi di euro di fatturato, 8 milioni di ettolitri di vino e 1,1 miliardi di bottiglie”.

Focus - I 75 anni dell’Accademia della Vite e del Vino (Aivv)
Era il 30 luglio 1949 quando nacque a Siena l’Accademia Italiana della Vite e del Vino. L’idea di fondare una accademia dedicata alla viticoltura e all’enologia era stata formulata nell’agosto del 1947 durante la mostra mercato dei vini tipici e pregiati che si era tenuta proprio a Siena. Fu l’allora Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi,a firmare il 5 luglio 1952, il decreto di erezione dell’Aivv in ente morale. Un segno del destino considerato che Einaudi era anche viticoltore, a Dogliani, con l’azienda di famiglia, la Poderi Luigi Einaudi, e per il quale l’agricoltura e il vino dovevano avere un ruolo fondamentale nel Belpaese. La presentazione della neonata Accademia avvenne il 4 agosto 1949.
Un percorso raccontanto in “Accademia Italiana della Vite e del Vino: 75 anni di storia”, libro che ripercorre le tappe più importanti di una realtà che, attualmente, include più di 500 accademici nelle diverse categorie. Da quando è nata l’Accademia ha realizzato 341 tornate (incontri) di cui 18 all’estero, numerose relazioni scientifiche e pubblicazioni di volumi. Tanti i protagonisti dell’Aivv che sono intervenuti, ad iniziare ada Rosario Di Lorenzo, attuale presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino che ha spiegato come l’obiettivo resta quello “di dare un contributo fattivo e concreto allo sviluppo della scienza vitivinicola, portando nel dibattito una visione rigorosa come metodo e acquisizione dei risultati”.
Angelo Costacurta, vicepresidente dell’Aivv e ricercatore di lungo corso, ha ricordato i numerosi argomenti affrontati “in presenza sui territori perché è fondamentale esserci. Dal tema dell’identificazione dei vitigni alla loro conoscenza, fino alla proposta di uno schema di metodologia che è poi stato adottato. Abbiamo fatto convegni sulla raccolta meccanica, sulle forme di allevamento dei vigneti, temi importanti negli anni ‘80 e ‘90 del Novecento. Oggi c’è il problema dell’irrigazione, dei diserbanti, della difesa delle viti”. Di certo “la fotografia dell’Italia enologica era diversa 45 anni fa” ha evidenziato Vincenzo Gerbi, vicepresidente dell’Aivv e docente di viticoltura ed enologia dell’Università di Torino, sottolineando l’importante lavoro di ricerca che è stato fatto negli anni. Per Davide Gaeta, produttore, economista, e docente all’Università di Verona, intervenuto con un messaggio, “raramente si riesce ad avere un osservatorio così prezioso sul vino. L’Accademia ha sempre avuto un respiro internazionale, affrontava l’argomento degli scambi internazionali prima che nascesse il fenomeno dell’export”. Giusi Mainardi, docente di Storia della Vite e del Vino (Università di Torino), ha affermato come “l’Accademia ha colto nel segno riconoscendo alla storia una parte importante delle proprie attività culturali”.

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