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IDEE DI FUTURO

Il vino vuole guidare la rivoluzione felice e sostenibile dell’agroalimentare

I messaggi di “Slow Wine Fair” e “Sana Food” 2025, la “coppia perfetta” del vino e del cibo “bio” e non solo, a BolognaFiere (23-25 febbraio)

Non nascondere le difficoltà del settore, dal mercato al clima, ma ripartire da qui, dal concetto di “vino buono, pulito e giusto”, unito al cibo biologico e sostenibile, dal cambio di una narrazione con al centro il suolo e la biodiversità, il paesaggio, ma anche una nuova consapevolezza ambientale. Perché se è vero che le nuove generazioni magari non sono più innamorate del vino lo sono, però, dell’ambiente, un aspetto sul quale il vino può pretendere, a buon diritto, per storia, cultura e ruolo di tutela di colline, territori e borghi, un ruolo da copertina. Una risposta positiva e proattiva, al calo dei consumi, ad un certo “terrorismo” salutistico, alla paura dei dazi e di messaggi allarmistici da mettere in bottiglia, a cui si può rispondere giocando la carta della bellezza, del feeling con la natura, di una ulteriore crescita del biologico (di cui l’Italia è già leader) e proponendo nuove soluzioni per alleggerire l’impatto ambientale, una su tutte, il “dimagrimento” delle bottiglie di vetro, per una sostenibilità che non si fermi al pur fondamentale aspetto produttivo, alla vigna e alla cantina, ma vada oltre, fino allo scaffale, per un prodotto ormai globale, nei consumi, come il vino, che per oltre la metà viene consumato fuori dal Paese in cui viene prodotto, e fa migliaia di chilometri dalla vigna ai calici. Consapevolezza e fiducia, dunque, ma anche la capacità del vino di guidare una rivoluzione felice e sostenibile dell’agroalimentare, sono gli ingredienti del messaggio lanciato da “Slow Wine Fair”, a BolognaFiere, edizione n. 4 dell’evento organizzato da BolognaFiere con la direzione artistica Slow Food (e con l’incontro mondiale della “Slow Wine Coalition”), e che quest’anno, per la prima volta, va a braccetto con il nuovo format “Sana Food”, lo storico salone del biologico e del naturale, giunto all’edizione n. 36, un grande appuntamento per appassionati, horeca e retail specializzato per promuovere un nuovo modello di produzione e consumo, attento all’ambiente e alla salute.
Un evento che guarda e pensa in grande, forte anche dei numeri messi in campo: per “Slow Wine Fair”, la fiera internazionale dedicata al “vino buono, pulito e giusto” e che, quest’anno, ha messo al centro il tema della sostenibilità del packaging e della logistica della filiera vitivinicola, si parla di oltre 1.050 espositori provenienti da tutte le regioni italiane e da 30 Paesi, con 157 cantine estere, più del 50% delle quali certificate biologiche o biodinamiche, e oltre 6.000 etichette in degustazione che attendono appassionati, buyer e professionisti. Il pubblico di “Slow Wine Fair” (che è fatto anche di tantissimi giovani, ndr) ha la possibilità di scoprire produttori e produttrici della “Slow Wine Coalition” e vini che sono espressione dei valori del “Manifesto del vino buono, pulito e giusto”.Per “Sana Food”, il primo evento del Sud Europa dedicato a tutte le declinazioni della sana alimentazione fuori casa a filiera controllata e sostenibile, è un “trionfo” in esposizione del biologico e biodinamico, grazie a 250 aziende espositrici, tra produttori e distributori/rivenditori, il 15% delle quali in arrivo dall’estero, in particolare da Austria, Corea del Sud, Polonia, Romania e Slovenia.
La “coppia perfetta” di “Slow Wine Fair” & “Sana Food”, protagonista da oggi al 25 febbraio a BolognaFiere per un legame sempre più forte, anche per idee e filosofia, tra le due manifestazioni e il polo fieristico (qui il video), come confermato dal presidente BolognaFiere, Gianpiero Calzolari: “mettiamo a disposizione il nostro know-how per valorizzare al meglio i prodotti. Il fuori casa è un momento importante, dalla colazione alla cena, ed è fondamentale porre attenzione a cosa e come si mangia e si beve. Abbiamo deciso questo nuovo format perché “Slow Wine Fair” e “Sana Food” sono pensati entrambi per il mondo della ristorazione fuori casa, due fiere delle quali sono protagonisti i vini e i cibi di qualità, sostenibili e sani, prevalentemente biologici. Abbiamo promosso questo progetto nell’intento di offrire un’opportunità ad un mercato in cui l’origine degli alimenti, la qualità e il benessere delle persone e degli animali, come pure la tutela dell’ambiente, siano centrali per produttori e consumatori”.
Un evento che arriva in un 2025 definito come “spartiacque” da Giancarlo Gariglio, curatore della guida Slow Wine e coordinatore della “Slow Wine Coalition”, caratterizzato da una “crisi sistemica” ma dopo anni, non bisogna dimenticarlo, di crescita ininterrotta per il settore. Anzi, “forse l’ultimo vero miracolo economico negli ultimi 40 anni è stato quello del vino in Italia” ha ricordato Gariglio, prima di illustrare uno scenario che adesso è cambiato. “I giovani non vengono attratti dal mondo del vino, c’è il pericolo dei dazi, fattori che potrebbero scatenare la tempesta perfetta. Ma si può avere la speranza di uscire dalla crisi più forti di come ci siamo entrati. Il 70% degli espositori a Slow Wine sono bio, biodinamici o in fase di certificazione. Ci piace pensare che la sostenibilità ambientale sia il primo pilastro per una rivoluzione. Ma accanto a questa, il vino in Italia ha anche un ruolo sociale, i produttori sono le sentinelle del paesaggio, e non a caso l’Unesco ha riconosciuto quattro territori del vino con il suo marchio. E poi l’aspetto economico: il vino ha modificato i territori, pensiamo come erano Bolgheri e Montalcino qualche anno fa e come sono oggi con il numero dei turisti presenti. Il vino ha cambiato i territori e continua a farlo”. Ma per cambiare, continua Gariglio, “c’è bisogno di un ripensamento, basti pensare al tema del vetro per le bottiglie, ma il vino può diventare una macchina virtuosa. Penso che questa fiera possa aiutare per dare il via ad un cambio di narrazione e di punto di vista riguardo al vino, aiutando nella percezione di quello che realmente è nella società”.
Sulla necessità che il vino debba rinnovarsi ne è convinta anche Barbara Nappini, presidente Slow Food Italia, che parla di un impegno per un “vino felice”. Quello che serve è una “innovazione sostenuta da una politica lungimirante. Serve tutelare il suolo e la biodiversità, le uniche due ricchezze in grado di salvarci”. Nappini ha lanciato anche la “call to action” di Slow Wine per la “riduzione della grammatura delle bottiglie di vetro che genera un impatto per tutta la filiera. Il più grande contributo in termini di impatto ecologico è dato dal packaging e quindi dalle bottiglie di vetro. I giovani sono estremamente sensibili alle questioni ambientali, per ripartire dobbiamo raccontare gli sforzi che vengono fatti. A questa “Slow Wine Fair” chiediamo qualcosa di più per il nostro ambiente che, con l’aumentare della coscienza ecologica, sta diventando oggetto di una legislazione più severa, com’è già in molti Stati. Questa nuova battaglia per ridurre il peso delle bottiglie devono farla anzitutto i produttori, ma può essere vinta solo con il concorso di tutta la filiera: dagli enotecari che spiegano la scelta della cantina, al ristoratore che ne fa una dovuta promozione, fino a noi quando scegliamo cosa portare in tavola. Quindi, il messaggio che parte dalla “Slow Wine Fair” è: aiutiamo i produttori, non lasciamoli soli in questo momento di importante transizione”.
“Slow Wine Fair” e “Sana Food” hanno come pilastri la produzione biologica i cui rappresentanti dominano gli spazi di BolognaFiere. Ed è ormai una solida realtà, come evidenziato da Maria Grazia Mammuccini, presidente FederBio: “il vino biologico sta diventando la punta trainante della sostenibilità e lo è anche da un punto di vista economico e sociale, basti pensare che ha fatto conoscere territori che erano sconosciuti. Siamo in una fase complessa, a livello generale, per il vino, eppure c’è una crescita dei consumi di vino biologico e biodinamico a dimostrazione che questa è una delle strade da intraprendere per rimettere al centro l’agricoltura”. Sulla “demonizzazione” del vino, Mammuccini ha detto che “il vino non è alcol, ma è fermentato. Bisogna puntare su sostenibilità ed educazione alimentare ma non si può distruggere una storia millenaria in poco tempo, non è giusto”. Anche perché il vino, in ottica di sforzi “green”, ha fatto la propria parte ed è pronto a crescere ancora: “il 23% della viticultura nazionale è biologica, gli operatori del settore rappresentano un terzo del totale di quelli bio in Italia. Nel 2024 la ripresa e la crescita è stata consistente, il biologico è uno strumento per favorire la transazione ecologica. Ed in Europa bisogna parlare di Green Deal, una parola che è sparita”. Sulle decisioni da prendere a livello continentale e su un altro problema che sovente affronta il settore, quello dell’emergenza climatica,si è soffermato l’europarlamentare Stefano Bonaccini, che è anche relatore sulla riforma della Politica Agricola Comunitaria (Pac) per la Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo: “prima di tutto dobbiamo dire no alla demonizzazione del vino, che è sbagliata. Si deve distinguere tra consumo consapevole ed abuso, e quest’ultimo va ovviamente combattuto. Sulla Pac stiamo lavorando, oggi è una misura che assorbe un terzo delle risorse del bilancio Ue (387 miliardi di euro nel ciclo 2021-2027) e vogliamo non solo che siano mantenute - ha spiegato Bonaccini, a WineNews - ma anche introdurre questioni più specifiche, come un capitolo dedicato alla gestione del rischio: abbiamo bisogno di garantire che una eventuale calamità naturale possa dare poi un’assicurazione a chi è stato colpito. Ma le assicurazioni stanno un po’ fuggendo da questo settore, che è molto oneroso, e quindi, oltre ad un fondo di solidarietà europea, ci deve essere la certezza di un fondo pubblico, di 2 miliardi di euro, che possa sostenere gli agricoltori e a stipulare le assicurazioni, e alle compagni assicurative stare nel settore”. Tra gli interventi anche quello di Brunella Saccone, dirigente Ufficio Agroalimentare Ice (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), e che ha affermato come il made in Italy agroalimentare all’estero è molto ben rappresentato e posizionato, riconosciuto per tradizione, cultura e qualità. “Qui a Bologna come Ice portiamo 130 buyer esteri provenienti da 14 Paesi, insieme a 8 trade analyst esperti del settore, offrendo alle aziende un’opportunità concreta di approfondire tematiche strategiche. Sono già più di 1.000 gli incontri business to business programmati, cui si aggiunge una serie di tour sul territorio per consentire agli operatori di conoscere i modi della produzione sana, biologica e sostenibile”. Con le luci accese su un settore, dunque, quello del biologico, e del sostenibile più in generale, che è una significativa risorsa per il nostro Paese, con un valore di oltre 5 miliardi di euro, di cui oltre i due terzi vengono esportati, secondo un trend di crescita costante, e con un’incidenza del 6% sul totale dell’export agroalimentare, che, nel caso del vino biologico, raggiunge l’8,5% sul totale dell’export vitivinicolo (dati Ice), e le cui vendite in Italia sfiorano i 60 milioni di euro (dati Nomisma).

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