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VINO & CITTÀ

Nasce un nuovo vigneto urbano a Roma: la Città Eterna celebra il suo legame con il vino

Inaugurata nel Parco di San Sisto, la vigna si estende su una superficie di 1.400 mq valorizzando sette varietà storiche di vitigni autoctoni

L’obiettivo è quello di continuare a riportare i vigneti in città, valorizzando i vitigni storici della Capitale, guardando, allo stesso tempo, alla ricerca e alla sostenibilità. Roma, il più grande comune agricolo in Europa, conferma il suo feeling con il vino e, dopo la nascita, nel 2011 della denominazione Roma Doc, che porta con sé il prestigio del nome della Città Eterna, i progetti non si fermano. L’ultimo riguarda un nuovo vigneto urbano, realizzato nel Parco di San Sisto, alle pendici di Villa Celimontana, inaugurato nei giorni scorsi, ed ultimo capitolo di un piano, ambizioso, di promozione della vitivinicoltura capitolina. Un fenomeno, quello delle vigne urbane, non nuovo per Roma e per l’Italia in generale, se consideriamo che il Belpaese ne detiene il numero maggiore. Vigneti urbani che sono perni di biodiversità e di rigenerazione urbana, in grado di custodire tradizioni e varietà autoctone, rappresentando una risorsa per il sociale e l’economia cittadina.
Il vigneto realizzato nel Parco di San Sisto si estende su una superficie di 1.400 mq e si inserisce nel progetto “Roma Mater Vinorum” che sostiene il patrimonio vitivinicolo storico della Capitale nella reintroduzione dei vigneti in città. L’ultima novità nasce da un accordo di collaborazione con l’Associazione internazionale Iter Vitis che ha individuato le sette specie storiche autoctone delle oltre 1.000 barbatelle utilizzate per l’impianto: e, quindi, Bellone, Nero Buono di Cori, Cesanese, Moscato di Terracina, Mammolo, Abbuoto e Malvasìa Puntinata. Sono le varietà di vitigni, infatti, che costituivano i vigneti della Roma antica e che coprivano larga parte dell’area del Palatino, dell’Aventino e di quella poi divenuta dei Fori Imperiali.
Tra modernità e sostenibilità si fonda, invece, la collaborazione con la startup Citiculture che ha installato, sui filari, sensori climatici, alimentati da pannelli fotovoltaici, in grado di rilevare la temperatura e l’umidità, la pressione atmosferica, l’intensità dell’irraggiamento solare e la presenza di inquinanti come il particolato fine Pm 2,5 e Pm 10. Le informazioni sulle caratteristiche vegetazionali e ambientali sono illustrate da appositi pannelli didattici allestiti attorno al vigneto.
Per il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, si tratta di “un altro tassello per il recupero di una dimensione fondamentale di Roma, legata alla terra, al cibo e all’agricoltura. È un’idea che replichiamo anche in altri ambiti e, se da un lato estendiamo quantitativamente la porzione di territorio destinata all’agricoltura, dall’altro inneschiamo processi di riqualificazione urbana”. L’assessore all’Agricoltura del Comune di Roma, Sabrina Alfonsi, ha aggiunto che “la realizzazione del vigneto di San Sisto apre un nuovo capitolo della viticoltura a Roma. Il vigneto, infatti, ha, un grande valore culturale poiché restituisce l’immagine di una città dove storicamente la coltivazione dell’uva occupava larga parte del suo territorio e, allo stesso tempo, rappresenta un esempio concreto di come la viticoltura urbana possa dialogare con il mondo della ricerca. L’impianto di San Sisto costituisce un autentico laboratorio ambientale a cielo aperto, capace di fornire preziosi dati climatici sulla qualità dell’aria e di svolgere un importante funzione di mitigazione climatica, assorbendo anidride carbonica, abbassando le temperature e favorendo la biodiversità e la presenza degli insetti impollinatori. Grazie al progetto “Roma Mater Vinorum”, premiato nell’ottobre 2024 come miglior progetto europeo di valorizzazione della cultura del vino e della vite, è stato avviato un lavoro che porterà alla realizzazione di diversi vigneti urbani in siti storici che costituiranno un vero e propria rete di itinerari culturali alternativi agli usuali percorsi turistici e, insieme, preziosi presidi ambientali e storico-didattici”.

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