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Domanda: … E’ con un certo malessere che mi appresto a scrivere queste righe a WineNews, lo faccio dopo aver letto una lettera di Alessandro Bulzoni (enotecario romano di vecchia data) sul “Gambero Rosso” (agosto 2001), con il quale mi trovo pienamente d’accordo: ciò che anima la polemica è lo smodato aumento dei prezzi che alcuni vini stanno subendo. Porto un esempio che tutti quelli che si interessano di vino sicuramente conosceranno: Solaia ‘97, grandissimo vino per carità, ma comprarne una bottiglia ora (ma già dal giorno successivo all’uscita della classifica di Wine Spectator), significa essere disposti a spendere almeno 400.000 lire per un vino, il cui prezzo “normale” poteva andare dalle 110.000 lire alle 150.000 lire. La conseguenza di questo è che il prezzo del Solaia ‘98 franco cantina è aumentato del 50%, sì, del 50% in un anno. Un altro fenomeno a dir poco da fantascienza è costituito dai vini di Bordeaux: per l’acquisto “en primeur” dei cinque premier gran crù del 2000 (vendemmia osannata da tutte le testate più famose e specialistiche, Parker in testa) sono necessarie 500.000 lire più Iva franco importatore, contro le 290.000 più Iva dell’annata 1999. Più che di rammarico dovrei parlare di rabbia perché ogni volta che giro per le enoteche a cercare dei vini un po’ particolari o mi vedo ridere in faccia oppure mi sento richiedere delle cifre da gioielliere, e poi scopro che ci sono persone con le cantine strapiene di questi cosiddetti vini virtuali (immagino acquistati razziando tutta Italia prima dell’uscita delle “classifiche”) che poi cedono ai prezzi di cui sopra. Lungi da me il voler mettere sotto accusa le riviste del settore che comunque hanno svolto e continuano a svolgere un grande lavoro di divulgazione e di comunicazione, ben vengano le manifestazioni, le degustazioni comparative, la classifiche, ma ricordiamoci che il vino è un bene di consumo e che va bevuto, mi pare che invece ultimamente si stia trasformando in un vero e proprio mezzo speculativo: è tutto un comprare e vendere casse dai nomi altisonanti di annate leggendarie, ma poi un giorno verranno mai bevuti ? Quello che da più da pensare in questo ordine di cose è che gli appassionati comuni mortali dovranno privarsi di uno dei piaceri che giudicano più gratificanti a meno di non vincere al Totocalcio, la speranza è che questa tendenza non dico si inverta, ma almeno si blocchi: penso che tornare con i piedi per terra , farebbe bene a tutti. (Massimo Drini)
Risposta: cosa dire se non che la critica enologica (ma anche la grande stampa, che ha fatto conoscere questi vini “cult” al grande pubblico) deve tener conto di questi effetti ! Certamente, non potrà non giudicare i “top wine”, ma i mass-media e le guide dovranno occuparsi sempre di più dei vini ancora “possibili” e dei vini dal buon rapporto qualità-prezzo e, perché no, di “casse prodotte”.

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