Vino: Brexit, calano consumi, ma ha ancora grande appeal ... Parlare di Gran Bretagna, in questi ultimi mesi, vuol dire parlare, inevitabilmente, di Brexit. Specie ora, con la data del 29 marzo che si avvicina e la possibilità di un’uscita senza accordo con la Ue che si fa sempre più probabile, rintuzzata dalle dichiarazioni del Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker e dall’inflessibilità del Presidente francese Emmanuel Macron. Eppure, il mondo va avanti, così come il commercio enoico, evidenzia il sito Winenews.it, anche in Gran Bretagna, dove aspettando la Brexit ed i suoi effetti ben altre sono le dinamiche da tenere sott’occhio, come racconta l’analisi di Wine Intelligence “UK on-trade 2019 to-do list”, che Winenews.it rilancia in Italia. Prima di tutto, i ristoratori e gli imprenditori britannici devono fare i conti da un po’ di tempo con l’aumento dei costi di gestione, dagli affitti alle tasse sugli alcolici, risposta problematica ai problemi di salute legati all’abuso di alcol, a cui ripsondere sfruttando al massimo gli spazi (quindi più coperti) e lavorando al meglio sui margini proprio del vino. Quindi, il peso delle app e dei servizi ai consumatori: il peso delle recensioni degli avventori è ancora relativamente importante, mentre i servizi di food delivery stanno diventando un concorrente inatteso per chi fa della tavola il proprio businesses. E ancora, la competizione del gin, che si sta rivelando tutt’altro che una moda passeggera, sta ’’rubando’’ importanti quote di mercato, essenzialmente i consumatori più giovani, che non si fanno facilmente ammaliare dalla narrazione del vino. Il mercato britannico, così, sembrerebbe una sorta di percorso ad ostacoli, ed invece, al di là di un leggero calo dei consumi, già raccontato proprio dallo “Uk Landscape 2019”, e condiviso con tutti gli altri alcolici, il vino gode ancora di un enorme appeal, grazie alla sua varietà, sia in termini di varietà che di prezzi, e del resto il lungo e sfiancante dibattito sulla Brexit potrebbe anche riportare la gente fuori casa, magari al pub, dove il vino è diventata negli anni una bevanda socialmente assai popolare. Che, però, deve ripartire da quattro condizioni per resistere e tornare a crescere. Il primo punto riguarda l’offerta entry leve, quindi di basso prezzo: è vero che sono tantissimi i consumatori che legano i propri gusti ancora alla varietà, quindi al semplice bicchiere di Sauvignon o Chardonnay, ma anche tra i vini base si può ampliare la ricerca e quindi l’offerta, con un numero maggiore di etichette, magari tutte allo stesso prezzo, così da rendere più vivace la scelta. E poi, bisogna riportare il vino dove merita, specie in termini di narrazione: è la bevanda che, senza alcun dubbio, racconta le storie più belle, anche in termini di provenienza, tracciabilità, sostenibilità ambientale, tutti plus da comunicare al meglio, perché hanno un peso importantissimo. Si aggancia a questo aspetto quello legato al potere delle immagini: Instagram è il cuore pulsante per le foto di piatti e cocktail, e in questo senso anche vigneti, cantine ed etichette devono imparare a prendersi la scena. Infine, il vino inglese: la stragrande maggioranza dei consumi, per ovvi motivi, continuerà ad essere legata alle importazioni, ma le produzioni britanniche, sulla fascia di prezzo medio-alta, cominceranno ad essere un fattore reale, da tenere in considerazione.
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