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Agricoltura sostenibile, energie rinnovabili e bio-economia , al centro del lavoro delle distillerie che, dagli scarti della vite, oltre alla grappa, producono anche acido tartarico, fertilizzanti e bioetanolo

Agricoltura sostenibile, energie rinnovabili e bio-economia sono termini all’ordine del giorno, anche per le distillerie che, dai sottoprodotti della vinificazione, oltre a ricavare molteplici prodotti indispensabili per altri settori merceologici, ottengono energie rinnovabili: così dal convegno “Grappa, distillazione e sostenibilità”, che ha affrontato il tema della sostenibilità dei processi di distillazione e dell’intero comparto viti-vinicolo (www.grappaday.it).
Partendo dai dati elaborati dal professor Vittorino Novello, ordinario di Arboricoltura Generale e Coltivazioni Arboree all’Università di Torino, emerge come l’industria vinicola sia fonte di un vero e proprio tesoro. Già solo con la potatura delle viti si ottengono biomasse significative: un ettaro fornisce tra le 1,5 e le 3 tonnellate di materiale organico, che adeguatamente trattato equivale a 0,5-0,9 tonnellate di gasolio. In Italia si producono ogni anno 53 milioni di quintali di uva da vino, e se ne ricavano 45 milioni di ettolitri (dati Oiv), mentre i residui si possono quantificare in 8 milioni di quintali di vinacce e 2,25 milioni di ettolitri di fecce che, secondo la normativa vigente, devono essere convogliate in distilleria. È una normativa lungimirante, perché le cantine (che sono in quel momento in una fase di massima attività) si liberano di materiale che potrebbe creare rischiose rifermentazioni, ottengono un riconoscimento economico (un calcolo approssimativo valuta in 52 euro a ettaro il ricavato da parte delle cantine) e non devono accollarsi il problema della gestione di questi residui; si evita così anche il rischio di sovrapressature e torchiature a garanzia di una migliore qualità del prodotto vino.
Ed è proprio a questo punto che, quello che viene valutato un sottoprodotto, le distillerie trasformano in grande risorsa: nuovi processi, tutti eco-compatibili, che daranno vita a preziosi elementi per molti altri settori. La prima lavorazione, come ha illustrato il professor Carlo Viviani (corso di laurea in Viticoltura ed Enologia all’Università di Firenze) è quella nobile, che regala grappa e alcool. E mentre tutti sappiamo che cosa sia la grappa, poco si sa degli alcol. Gli alcol sono di uso alimentare ed industriale ma soprattutto sono l’elemento da cui deriva il bioetanolo: un carburante di seconda generazione, di origine agricola, esente da acqua. L’impiego del bioetanolo diminuisce naturalmente l’uso di carburanti di origine fossile, con conseguente riduzione delle immissioni di Co2. Da valutare, infine, un altro fattore molto importante: il bioetanolo è ricavato da residui non edibili e non richiede l’utilizzo di terreni dedicati.
Ma le fasi di distillazione non si fermano e, dalle vinacce, si ricavano ancora acido tartarico naturale (largamente impiegato dall’industria farmaceutica ed alimentare) e, dopo vari processi, olio di vinaccioli e fertilizzanti (fra cui le borlande). I fertilizzanti ottenuti dai processi di distillazione, essendo di origine naturale sono particolarmente ricchi di sostanza organica e azoto e contribuiscono fortemente alla riduzione della desertificazione dei suoli. Le borlande sono impiegate in particolari coltivazioni agricole (il mais ad esempio) dove accrescono - sempre in modo naturale - la resa e il risparmio di acqua.
Le conclusioni, tracciate dal presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella, ritraggono quindi un settore che fra i primi ha raccolto la necessità di un comportamento più responsabile e che oggi è già in grado di raccogliere i primi frutti riducendo in maniera significativa gli inquinanti. Molto ancora si può fare, dando organicità e struttura a programmi sul lungo termine, ma il percorso è già chiaramente segnato e l’impegno è dimostrato. Le distillerie in questo panorama giocano un ruolo da vere protagoniste, sia per una vocazione intrinseca sia perché negli ultimi anni hanno fatto un ulteriore “upgrade” e la versione “nuovo millennio” le ha viste dotarsi di impianti per la produzione di energia elettrica.
“Le imprese di distillazione - spiega Mariacarla Bonollo, responsabile relazioni esterne Distillerie Bonollo - rivestono un ruolo importante nel sistema industriale italiano, sono aziende che si caratterizzano per una forte carica innovativa (in media il 70% delle distillerie investe ogni anno) e, negli ultimi decenni, hanno dato un forte impulso alle tecnologie legate alle energie rinnovabili. Non dobbiamo dimenticare, infine, che l’Europa oggi utilizza, per l’80% del proprio fabbisogno energetico, combustibili fossili. Ogni anno le distillerie ricevono dalle cantine oltre un milione di tonnellate di sottoprodotti della vinificazione, attraverso l’adeguata gestione e lavorazione di questo materiale si arriva ad ottenere quasi 300.000 Mwh annui, sufficiente quindi a coprire i fabbisogni domestici annui di una popolazione di 300.000 persone. Ecco perché pensiamo che proprio dalle distillerie possa partire un cambiamento di rotta sulle politiche energetiche del nostro Paese che, a catena, porterebbe positivi effetti sia a livello economico che occupazionale (oltre che ambientale). Un nuovo modo di fare impresa, un nuovo modo di intendere il mondo”.

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