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1971-2021

Antinori, una degustazione delle “5 decadi” di Tignanello ed un’installazione a Palazzo Antinori

La storica famiglia celebra 50 anni del primo Super Tuscan e fine wine d’ Italia tra vino e cultura a Firenze. A partire dal restauro di Ponte Vecchio

Cinquant’ anni fa la storica famiglia Antinori presentava Tignanello 1971, la prima annata di un vino capace di anticipare i suoi tempi. Pietra miliare dell’enologia, innovazione divenuta tradizione, Tignanello ha contribuito all’avvio del “Rinascimento” del vino italiano. Una rottura degli schemi, quella di Tignanello, divenuta punto di riferimento, che ha dato il via al movimento ormai celebre dei “Super Tuscan”, e dei fine wine italiani, di cui è stato il primo esempio. Per festeggiare la sua storia, Marchesi Antinori ha dato al via alle celebrazioni in grande stile, con una degustazione di cinque annate rappresentative delle sue cinque decadi a Tenuta Tignanello, e un viaggio nei luoghi che gli hanno dato origine, nel cuore del Chianti Classico dove si trova la sua famosissima collina, e con “Ars Una”, una suggestiva installazione site-specific di arte-esperienziale firmata Felice Limosani che, per la prima volta nella sua storia, “anima” Palazzo Antinori a Firenze. Celebrazioni di un anniversario importante, che si si accompagnano al contributo di Antinori al primo restauro conservativo di Ponte Vecchio, simbolo della “culla” del Rinascimento e d’ Italia, nel solco della secolare tradizione di mecenatismo che, dal Trecento ad oggi, ha legato la famiglia, da 26 generazioni, ai più grandi artisti italiani, di pari passo con la produzione di grandi vini (da quando, nel 1385, Giovanni di Piero Antinori entrò a far parte dell’ Arte Fiorentina dei Vinattieri), ma anche al “dono”, al paesaggio della Toscana, di un altro suo simbolo: una nuova collina, a Tenuta Tignanello.
“A distanza di 50 anni, Tignanello non finisce mai di sorprendermi, annata dopo annata - sottolinea il suo artefice, il Marchese Piero Antinori, che, a WineNews, con Albiera Antinori, presidente Marchesi Antinori, con il supporto delle sorelle Allegra e Alessia Antinori, e l’enologo e ad Renzo Cotarella, ha raccontato i suoi ricordi più belli legati a questo vino, nato con l’ enologo Giacomo Tachis, e la “benedizione” del maestro del giornalismo enogastronomico italiano Luigi Veronelli - un vino a cui io e la mia famiglia siamo profondamente legati e che rappresenta per noi una sfida mai finita, l’ossessione a migliorarci, a porci sempre in discussione, a trovare margini qualitativi sempre più elevati. Proprio pochi mesi fa abbiamo reimpiantato l’ultima parte del vigneto della collina di Tignanello, e il caso ha voluto che fosse proprio durante questo anniversario. Da oltre sei secoli la nostra famiglia ha un profondo legame con la città di Firenze, il mondo del vino e l’arte. I 50 anni di Tignanello ci hanno dato l’opportunità per unire e rendere omaggio a questi tre elementi che ci stanno particolarmente a cuore, nel segno del Rinascimento, sia vitivinicolo, che artistico”.
Tignanello nasce con la prima annata del 1971 - sul mercato uscirà nel 1974, ndr - da 76.682 viti di antica vigna chiantigiana, detta Tignanello, situata a 390 metri sul livello marino, su un terreno collinoso ricco di alberese e galestro, nella Tenuta nel cuore del Chianti Classico che come il vigneto ha lo stesso nome, oggi 57 ettari esposti a Sud-Ovest. Un vino concepito come il primo Sangiovese a essere affinato in barrique, il primo vino rosso moderno assemblato con varietà non tradizionali (quali il Cabernet), e tra i primi vini rossi nel Chianti Classico a non usare uve bianche, prodotto con una selezione di Sangiovese e Cabernet. Un bordolese con un inconfondibile tocco di italianità. Ma il Tignanello è anche tra i primi vini a portare in etichetta il nome del suo vigneto. Fuori da ogni disciplinare, rivoluzionario in tutto, ha aperto la strada anche al posizionamento in termini di valore del vino italiano nei mercati del mondo, e nei desideri dei collezionisti. È una pietra miliare, un vino capace di rappresentare a pieno lo spirito del “Te Duce Proficio”, motto della famiglia Antinori che significa “Sotto la tua guida io procedo”.
Per le celebrazioni del cinquantesimo anniversario di Tignanello, Marchesi Antinori, il marchio di vino italiano più ammirato del mondo, affianca, a Firenze, il Comune di Firenze per il restauro conservativo di Ponte Vecchio, primo di questo tipo effettuato sull’ opera, mentre Palazzo Antinori, la storica residenza di famiglia, dialoga per la prima volta nella sua storia secolare con un’ opera digitale di Felice Limosani, donando alla città un’ esperienza emozionante e contemplativa. Su commissione di Antinori, l’artista ha reinterpretato le tecniche tradizionali di pittura paesaggistica e floreale utilizzando l’intelligenza artificiale e software generativi, creando ambientazioni surreali tra il figurativo e l’astratto, esaltando la maestosità della natura. L’ opera, visibile sulla facciata e nella corte del Palazzo, trasforma le atmosfere del Chianti Classico in paesaggi onirici e giardini incantati. La colonna sonora, composta dai suoni naturali di uccelli, cicale e grilli, evoca una dimensione sensoriale unica e immersiva. “Ars Una”, nome dell’installazione (liberamente visibile da oggi al 9 giugno, dalle 21.00 alle 24.00), letteralmente significa “un’unica arte” o “una sola arte”, ovvero l’interconnessione di tutte le forme di conoscenza e abilità, enfatizzando l’unità, l’equilibrio e l’ eccellenza. Nella visione greco-romana, arte significava “fare bene le cose” come un ideale che trascende la semplice esecuzione tecnica, per abbracciare una filosofia di qualità, dedizione e miglioramento continuo. Limosani ha creato un viaggio sensoriale riflettendo sulla necessità di unire le bellezze e le urgenze della natura e dell’umanità con lintelligenza artificiale, riconoscendo che ciascuna parte può contribuire a un insieme sostenibile per il futuro. La sinergia tra queste entità va oltre le unicità che rappresentano: insieme possono creare “un’intelligenza aumentata” universale.

Focus - Il “Rinascimento” del vino italiano nelle cinque decadi del Tignanello di Marchesi Antinori
Decade 1971-1981
Negli anni Sessanta il panorama vitivinicolo italiano viveva un periodo “buio”, profondamente diverso da quello attuale. Il Marchese Piero Antinori iniziò a viaggiare nelle aree viticole che avevano al tempo più successo, in particolare la zona di Bordeaux, avendo modo di conoscere un grande personaggio, enologo e appassionato di vino francese: Émile Peynaud, che contribuì in prima persona, insieme a Giacomo Tachis, nel cercare nuove soluzioni, innovative per l’epoca, per produrre vini di carattere e qualità che potessero competere con i migliori vini del mondo. Erano consapevoli che il terroir chiantigiano non stava esprimendo tutto il suo potenziale. Con questo in mente, iniziarono le prime sperimentazioni vitivinicole nel vigneto Tignanello. Così, nel 1971, da 76.682 viti di antica vigna chiantigiana, nacque la prima annata, composta quasi esclusivamente da uve Sangiovese, affinata in barrique di rovere Tronçais fino al 12 febbraio 1974. Presto compresero che, per creare un vino rosso moderno di altissima qualità in grado di invecchiare nel tempo, il Sangiovese poteva avere un apporto importante utilizzando una piccola quota di Cabernet. L’ uscita della prima annata, la 1971, avvenuta nel 1974, provocò una reazione controversa. In un momento in cui le prime Doc stavano facendo capolino nel mondo vitivinicolo, Tignanello fu classificato come Vino Da Tavola: un vino con una qualità e identità superiore ma con una classificazione nominalmente meno nobile. Questa contraddizione destò grande curiosità e contribuì probabilmente anche all’ affermazione di Tignanello.

Decade 1981-1991
Come amava dire Émile Peynaud, riprendendo le parole di Oscar Wilde: “la tradizione è un’innovazione riuscita bene”. Un’ innovazione che riesce bene, che ha successo, diventa una tradizione: e così è stato per Tignanello. È stato infatti uno dei primi vini a essere soprannominato “Super Tuscan” dalla stampa americana, un termine coniato a metà degli anni Ottanta da autore ancora oggi sconosciuto. “Super Tuscan” è un termine utilizzato per descrivere alcuni vini rossi toscani non convenzionali per l’epoca. Vini di eccezionale qualità che sfuggivano ai disciplinari di produzione attraverso l’utilizzo di varietà non autoctone o metodi di affinamento non previsti. La loro qualità, che non rifletteva la classificazione “Vino da Tavola” e successivamente “Vino Tipico” con cui dovevano uscire, portò alla coniazione del termine “Super Tuscan”. Furono proprio i Super Tuscan a mettere in evidenza le potenzialità della viticoltura ed enologia toscana di qualità e a contribuire all’ evoluzione dei disciplinari delle Doc, poi Docg. Nel 1984 iniziano una serie di riforme che avrebbero cambiato il disciplinare del Chianti Classico, ammettendo varietà internazionali e riducendo notevolmente la quota di uve bianche. Tignanello ha dato il via a quel movimento di grande impatto culturale, denominato oggi il “Rinascimento” del vino italiano, segnando una svolta per il territorio del Chianti Classico e per il Sangiovese.

Decade 1991-2001
A partire dal 1993 Renzo Cotarella diviene direttore di produzione e responsabile enologico di Marchesi Antinori. In questi anni inizia il processo di rinnovamento dei vigneti e dei vini. Con l’azienda in salute e pronta a nuove sfide, venne deciso di focalizzarsi sempre di più sulla qualità e l’identità, più che inseguire ulteriori novità a ogni costo. Si trattava di fare ordine, di perfezionare quello che già lo sembrava. Iniziò quindi il reimpianto dei vigneti di Tignanello. Il vigneto ha subito 4 interventi: all’inizio del Novecento, dopo la fillossera, in coltura promiscua tipica della mezzadria; dopo la metà del secolo, con la fine della mezzadria; verso la fine degli anni Novanta, con criteri sempre più orientati alla qualità; e, infine, nel 2024, per il completamento della collina. Il reimpianto degli anni Novanta si basava sull’ osservazione della collina e sull’ identificazione di differenze e tipicità presenti in ogni singolo parcella di vigna. Ciò permise la selezione di una serie di biotipi che vennero piantati con una densità di 5.000 piante per ettaro. Le novità di quegli anni non si limitarono alle piante, e presto venne studiato un modo per uniformare l’esposizione al sole dei diversi grappoli e, in generale, del singolo grappolo in ogni sua parte. Questo fu possibile grazie ai sassi di alberese, venuti in superficie con lo “scasso” dei terreni, che vennero ridistribuiti nei filari di Tignanello e che oggi rendono questo vigneto così particolare. Questa roccia tiene asciutto il terreno, tempera e controlla, razionando l’acqua e i nutrimenti degli acini più esuberanti. Ma, prima di tutto, la pietra alberese “addomestica” il sole. Nelle estati più calde infatti il sasso specchia il raggio scottante che torna alla vite sottoforma di luce invece che come calore, evitando così possibili scottature e un’eccessiva concentrazione zuccherina nelle uve. Serve anche per eliminare naturalmente le erbe infestanti senza l’uso di prodotti chimici.

Decade anni 2001-2011
Negli anni Duemila ogni fase della produzione ha trovato la sua nuova centralità. In questi anni viene migliorata l’intera filiera di produzione di Tignanello, dalla vigna alla cantina. Un fine, divenuto nel tempo ossessione, quello di comprendere le caratteristiche del terroir della collina di Tignanello. Ben prestò fu chiaro come Tignanello non fosse solo una vigna, ma un mosaico di piccole vigne disegnate sulle caratteristiche del terreno e delle viti. Dal 2007 in poi, ogni decisione viene presa ragionando per micro-parcelle. È la viticultura di precisione, verso una produzione sempre più responsabile, qualcosa di moderno e antico allo stesso tempo. Dallo stesso anno viene introdotto anche il tavolo di cernita degli acini, prima della vinificazione. Cinque persone per ogni lato, un lavoro che richiede una concentrazione costante ma che permette di garantire che solo i migliori acini vengano scelti. Un processo che nelle annate di maggior sofferenza della vigna può eliminare fino al 30 o 40% dell’uva, eliminando quantità ma garantendo un livello qualitativo altissimo. A partire dal Duemila, iniziano inoltre i lavori negli spazi di vinificazione e affinamento, con una sezione divisa per i diversi vini. A Tignanello e Solaia - altro mito dell’enologia italiana e mondiale che nasce a Tenuta Tignanello - si destinano cantine di vinificazione e affinamento dedicate con lo scopo di esaltare al massimo le diverse sfumature di ciascun vino e delle varietà che lo compongono, attraverso l’attenzione maniacale per ogni minimo dettaglio. Le prime, completamente rinnovate tra il 2008 e il 2009, sono allestite all’ interno dell’antico edificio adiacente Villa Tignanello; nel sottosuolo invece si trovano le cantine dove avvengono gli affinamenti in legno.

Decade 2011-2021
La vendemmia 2021 di Tignanello rappresenta un compleanno importante, ovvero i 50 dalla prima annata nel 1971, uscita nel 1974. Un vino che non smette mai di sorprendere, vendemmia dopo vendemmia. Una sfida continua, d’ accordo con questo terroir unico, che spinge a migliorare, a porsi sempre in discussione, a trovare margini qualitativi sempre più elevati. Sono 7 le annate non prodotte nella storia di Tignanello (1972, 1973, 1974, 1976, 1984, 1992, 2002), tante sono state le innovazioni tecnologiche, sia in vigna che in cantina, con la profonda convinzione che la centralità dell’uomo e dei luoghi che fanno il vino siano imprescindibili. A dimostrazione di ciò, diverse delle persone che lavorano a Tenuta Tignanello ci lavorano da decenni, alcune da generazioni, rappresentando un valore importante per la continuità qualitativa della produzione. Il 2021 segna anche l’acquisizione degli ultimi 20 ettari di terreno mancanti della collina di Tignanello. Tre anni dopo, nel febbraio del 2024, esattamente 50 anni dopo la fine dell’affinamento della prima annata di Tignanello, un nuovo inizio: comincia l’impianto dell’ultima parte del vigneto nella collina di Tignanello, con barbatelle di Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc.

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