Apertura di nuovi mercati, sempre più qualità, sostenibilità ambientale e aggregazione: ecco i temi affrontati dal settore vitivinicolo all’assemblea di Roma dell’Alleanza delle cooperative italiane agroalimentari, il coordinamento nazionale costituito dalle associazioni più rappresentative della cooperazione italiana (Agci, Confcooperative, Legacoop), che, con 43.000 imprese associate, rappresenta oltre il 90% del mondo cooperativo italiano per persone occupate (1.200.000), per fatturato realizzato (140 miliardi di euro) e per soci (oltre 12 milioni), http://www.alleanzacooperative.it).
“La cooperazione - afferma Ruenza Santandrea coordinatore del settore vitivinicolo dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari - è un modello di glocalismo di successo. Là dove è presente, il sistema cooperativo consente, tramite l’aggregazione di tanti, spesso piccoli e piccolissimi produttori, di portare quelle che sono le eccellenze dei nostri territori in mercati anche molto lontani. L’elevata frammentazione della produzione italiana - continua - conferisce un ruolo centrale al sistema cooperativo che remunera i soci conferitori, 180.000 viticoltori riuniti in cooperativa, con un valore medio più alto rispetto al mercato”.
“Di tutti i settori agroalimentari, infatti, il vino è sicuramente il comparto cooperativo maggiormente internazionalizzato con il 60% delle cantine che può essere definito esportatore abituale. In alcuni casi - afferma Santandrea - le vendite all’estero rappresentano ben oltre il 50% del fatturato generato dalla cantina, toccando punte del 70-80% in quelle realtà che hanno fatto della vocazione all’export lo strumento principale per affrontare un periodo in cui i mercati più dinamici sono sempre più spesso quelli più lontani. In questo quadro, diventa fondamentale ciò che stiamo facendo come mondo della rappresentanza cooperativa, per offrire adeguate risposte alle nostre associate e per meglio promuovere e tutelare il comparto ai tavoli di Roma e Bruxelles, dove già si sta parlando di quali potrebbero essere le regole del comparto post 2018, ma soprattutto post 2020. Su questo - ha concluso Santandrea - occorre che tutto il settore sia consapevole della grande responsabilità verso un utilizzo efficiente delle limitate risorse che l’Ocm mette a disposizione del comparto, perché dopo il 2020 le basse capacità di spesa delle risorse stanziate potrebbero essere l’indicatore per effettuare economie nel bilancio agricolo comunitario”.
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