“Sulla qualità dei nuovi vitigni resistenti ormai non ci sono più dubbi. I problemi aperti sono altri. Il primo è che non si può pensare di rifondare la viticoltura italiana su 5 o 6 varietà resistenti, che sono tutti incroci con varietà del Nord, come Chardonnay e Pinot, ci vuole un progetto serio sui vitigni resistenti del Centro Sud, altrimenti si crea una concorrenza sleale. L’altro problema è quello della collocazione di queste varietà in una nomenclatura del vino, perché attualmente sono ammessi solo per la produzione di alcuni IGT. La novità, in questo senso, arriva dalla Francia, con l’Inao che ha autorizzato le Denominazioni più importanti ad utilizzare fino al 10% di uve da vitigni resistenti”.
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