Bollicine, sì ma da vitigni di antica coltivazione. Un trend in decisa crescita, soprattutto, in Italia che sta delineando un nuovo scenario per il Bel Paese in bottiglia, dove un fenomeno sostanzialmente di nicchia sta evolvendo in una “corsa” verso la declinazione effervescente dell’autoctono. È questa una delle tendenze in aumento (esponenziale) nel panorama enologico italiano, registrata da Winenews, e che sarà al centro del dibattito di Vinitaly, la rassegna internazionale di riferimento del mondo del vino (Verona, 6/9 aprile; www.vinitaly.com). Un fenomeno quello della spumantizzazione di uve indigene che parrebbe prendere le mosse dal successo del Prosecco. C’è anche questo, è chiaro, ma molti spumanti da uve tradizionali hanno una storia ormai consolidata e un percorso del tutto proprio.
E l’Italia, si tratta di un elemento ormai molto chiaro, trova proprio nella ricchezza ampelografia una delle sue carte sempre più vincenti e la declinazione dei vari vitigni indigeni come spumanti è un ulteriore elemento di caratterizzazione. Sangiovese, Montepulciano d’Abruzzo, Nebbiolo, Trebbiano, Verdicchio, Prosecco/Glera, Garganega, Aglianico, Lambrusco, ma anche Malvasia, Prié Blanc, Piedirosso, Erbaluce di Caluso, Cortese, Arneis, Durello, Pecorino, Spergola, Asprinio d’Aversa, Vermentino, Roscetto, Ribolla Gialla, Pigato, Carricante, Falanghina, Greco, Negroamaro, Groppello Gentile, Bombino Bianco, Passerina, Mantonico Bianco, Bianchetta Genovese e Nerello Mascalese, sono solo alcuni dei vitigni che hanno trovato, nel recente passato, una loro precisa strada fra le bollicine tricolore Una tradizione presente in vari disciplinari di produzione, in alcuni casi da svariate decine di anni, e che dà la possibilità di vinificare le uve tradizionali anche come spumante sia con metodo Charmant che con il più nobile Metodo Classico. Un fenomeno che però va interpretato e, probabilmente, reso autonomo dalla moda della vinificazione di qualsiasi vitigno autoctono, possibilmente in purezza, in ogni versione possibile.
In alcuni casi unicamente esercizi di stile o operazioni di marketing e comunicazione. Molte di queste particolari produzioni hanno invece un valore, sia da un punto di vista tecnico, sia storico, vedasi il caso del Verdicchio, da sempre presente anche in versione effervescente. “Un argomento caldo quello dei vitigni tradizionali spumantizzati - spiega Michele Bernetti, alla guida della cantina marchigiana Umani Ronchi che produce un Metodo Classico Extra Brut e il Metodo Classico Brut Nature La Hoz - anche noi, dal 2008, ci dedichiamo al Metodo Classico con un progetto qualitativo, tutto votato a mettere in evidenza le potenzialità del Verdicchio come spumante. Il fenomeno della spumantizzazione di vitigni di antica coltivazione - continua Bernetti - molto spesso ha intenti del tutto legati al lato commerciale. Forse non solo questo andrebbe percorso e, infatti, non sono pochi i casi in cui dietro ad una bottiglia di spumante da uve indigene c’è un lavoro importante in vigna e in cantina. Abbiamo in questo caso - conclude il patron della cantina Umani Ronchi - prodotti decisamente interessanti che hanno come aperto un “mondo nuovo” su questa tipologia con grandi potenzialità”.
Un giacimento di prodotti di qualità, insomma, originali e da scoprire, capaci di dare una sterzata decisa ai gusti e alle curiosità di molti e in grado di connotare anche uno spumante con un’impronta superiore non solo varietale ma di territorio. Una vera e propria ricchezza della diversità che amplifica l’appeal del vino italiano anche, probabilmente, in chiave di proiezione verso l’estero. Il peso dell’export della spumantistica made in Italy, infatti, nel 2013, ha rappresentato da solo un vero e proprio piccolo boom. La tipologia in questione detiene il maggiore tasso di crescita nell’anno appena trascorso, con 2,1 milioni di ettolitri e 736 milioni di euro, rispettivamente in crescita del 13% e del 18% sul 2012.
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