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VINO E TERRITORIO

Cambiare e mettersi in discussione, per restare se stesso: il futuro dell’Amarone della Valpolicella

Stile, posizionamento, comunicazione: da “Amarone Opera Prima 2024”, il vino principe della Valpolicella ed il suo territorio, anticipano il domani

Affrontare il futuro in una congiuntura incerta che favorisce i fine wine, puntando sull’aumento del valore grazie all’affinamento dello stile sulla base di progetti di ricerca dal vigneto, alla cantina al fruttaio. A fronte delle grandi trasformazioni che stanno investendo il settore del vino, e non solo (dal cambiamento climatico al mutato contesto economico, anche a causa delle guerre, dalle nuove dinamiche di consumo alla variazione della demografia dei consumatori) ad “Amarone Opera Prima” 2024 (3-4 febbraio, a Verona) il Consorzio dei Vini Valpolicella si è interrogato sui percorsi da intraprendere per fare fronte alla situazione.
“Abbiamo deciso di metterci in discussione - ha esordito il presidente Christian Marchesini, nel talk che ha aperto oggi l’edizione n. 20 dell’evento dedicato al vino punta di diamante della Valpolicella - per affrontare le sfide sui mercati. Il Consorzio ha portato avanti in tempi non sospetti incontri con i produttori per capire la direzione da intraprendere e oggi siamo arrivati alla stabilizzazione della superficie vitata a 8.600 ettari così come avevamo programmato nel 2010. Abbiamo 2000 anni di storia alle spalle, produciamo cinque vini rossi di straordinaria contemporaneità e stiamo lavorando per farne crescere in valore”. E sull’Amarone Marchesini ha aggiunto: “dobbiamo, vogliamo e possiamo fare un Amarone sempre più competitivo e più contemporaneo”. Incremento del valore dell’Amarone - anche grazie al suo deciso ingresso tra il fine wine e nell’alveo dei vini da collezione - e la riflessione sul suo stile sono stati anche al centro delle due interessanti masterclass dedicate alla stampa che hanno preceduto l’evento su cui torneremo.
I vini della Valpolicella fanno i conti, come tutti gli altri rossi, con la discesa della tipologia già in atto da tempo, solo congelata dal rimbalzo post Covid, ma resa verticale da un 2023 negativo. L’istantanea dell’Osservatorio di Unione Italiana Vini (Uiv) fotografa cali importanti per i principali vitigni dei 5 Continenti e i principali competitor dell’Amarone, con l’export dei rossi francesi nell’ultimo biennio che si è contratto del 15% e quello spagnolo di oltre il 20%. Lo scorso anno i consumi globali della tipologia hanno fatto segnare un -7% sul 2021, con forti ridimensionamenti negli ultimi 12 mesi nei principali mercati di sbocco, a partire da Usa (-9%), Canada (17%) fino ai Paesi Scandinavi, alla Cina e alla stessa Italia (-5%). In questo quadro, nel 2023, l’Amarone ha subito una battuta d’arresto nei volumi esportati (-12%), a 75.000 ettolitri, dato comunque in linea (+1%) con il 2019 e sensibilmente in crescita negli ultimi 10 anni (+17%). Il calo tendenziale dell’export, nell’ultimo anno, è dovuto da una parte a riduzioni reali dei consumi (in particolare, Scandinavia e Canada, in parte Germania, che ha, comunque, registrato un forte aumento delle vendite nel canale retail), mentre negli Stati Uniti, al trend generale dei vini rossi, si è affiancato l’effetto congiunturale del destocking di prodotto accumulato alla fase distributiva, che ha coinvolto tutto il vino italiano e non solo, rallentando in maniera significativa le richieste di vino dall’estero. Stabili, infine, le vendite sul canale retail italiano Tuttavia, come ha sottolineato Carlo Flamini, responsabile dell’Osservatorio Uiv, “se per la prima volta dopo decenni di boom, il mercato del vino registra una sorta di restrizione del recinto in cui opera, ci sono le eccezioni importanti nei segmenti premium della nostra offerta” ed è il caso dell’Amarone che conta su uno stock di soli 4 milioni di bottiglie del millesimo 2019, troppo pochi per un vino così longevo.
“Negli Usa, per esempio - ha continuato Flamini - a fronte di vendite generali di vino rosso italiano a -9% nel canale più profittevole, quello dell’on-premise (ristorazione, locali, hotel), l’unica fascia di prezzo che è riuscita a strappare aumenti è quella all’ingrosso sopra i 25 dollari a bottiglia (+2%). Da qui devono ripartire i prodotti italiani, dimenticando il concetto di rosso da “mass market” e coltivando forti valori di identità e coerenza territoriale e stilistica”. Infine, Carlo Flamini, paragonandosi scherzosamente a Winston Wolf il “risolutore” del film Pulp Fiction di Quentin Tarantino (1994) interpretato dall’attore Harvey Keitel, elencando i fattori chiave dell’attuale congiuntura ha dato dei suggerimenti ai produttori di Amarone, ma di validità generale. “Nell’analisi dei mercati - ha concluso - è necessario individuare le proprie nicchie di consumo nel dettaglio per Paesi, regioni e tipologie di consumatori e rispondere di conseguenza con prodotti sartoriali per crescere laddove c’è ancora spazio ed è potenzialmente possibile, come nel caso degli Usa negli Stati dell’Ovest. Nella comunicazione, considerando l’allarme per il consumo dell’alcol che coinvolge anche il vino, non si può più ricorrere al paradosso francese, al collegamento tra vino e salute, ma bisogna agganciare il nettare di Bacco al benessere spirituale”.
Il territorio di produzione, anzi meglio, il terroir Valpolicella - quindi metodo dell’appassimento compreso, ha ancora molte potenzialità inespresse che sono state lucidamente analizzate da Andrea Lonardi, vicepresidente del Consorzio e Master of Wine e Coo Bertani, una delle cantine storiche della Valpolicella. Premettendo che i vini della Valpolicella hanno beneficiato del cambiamento climatico a favore della migliore maturazione delle uve, Andrea Lonardi, come già anticipato ieri da WineNews, in questo articolo, ha individuato una serie di gap colmando i quali raggiungere l’incremento di valore. “Abbiamo un grande potenziale - ha spiegato - stiamo di fronte ad un territorio che è stato poco studiato, che ha ancora un gap culturale molto importante da colmare. Abbiamo una serie di vitigni su cui abbiamo ricercato pochissimo che rappresentano un serbatoio di biodiversità viticola che potrà darci risposte sui parametri enologici e sul fronte della resilienza agli eventi estremi causati dal riscaldamento globale. Abbiamo innovato poco dal punto di vista qualitativo, creato sistemi di appassimento per rispondere a fabbisogni quantitativi e ancora c’è da lavorare sulla vinificazione e sull’affinamento. D’altra parte abbiamo risposto alla domanda di volumi, nei prossimi anni ci concentreremo sugli aspetti stilistici varando alcuni progetti di ricerca tecnica. Sto pensando al lavaggio delle uve e alla selezione ottica. Anche le tempistiche di appassimento vanno ripensate. Una ricerca che abbiamo condotto di recente dimostra che al 20% di calo in peso si ha la massima concentrazione di sostanze aromatiche nell’Amarone dopo di che partono processi di degradazione delle sostanze aromatiche, ma oggi il disciplinare impone il 40% di perdita di peso. Questo dimostra che non possiamo che migliorare rispetto al passato, senza paura del cambiamento”. Quello dell’Amarone è un fenomeno unico. Negli ultimi 20 anni è cresciuto enormemente, secondo solo al Prosecco Doc. La superficie vitata è raddoppiata passando da 4.800 ettari del 1997 ad oltre 8.000 ettari a partire dal 2020. La quantità di uve messe a riposo è aumentata del 492% in vent’anni. Il reddito ad ettaro è passato da poco meno di 5.000 euro del 1993 a superare i 20.000 euro a partire dal 2008 e stabilmente sopra i 25.000 negli ultimi tre anni.
“L’Amarone - ha proseguito Lonardi - in passato ha soddisfatto una domanda di mercato. I produttori della Valpolicella sono stati tra i più bravi, soprattutto in alcuni mercati, a capire che c’era la necessità di un vino morbido, caldo e piacevole. Questo ha consentito un grande successo volumetrico. Per farlo si è, però, ecceduto con l’appassimento e con la necessità di rincorrere uno stile che questo segmento del mercato richiedeva. Oggi quel segmento non cresce più e regala molte più ombre che sicurezze per il futuro. Dobbiamo quindi cambiare ed evolverci reindirizzando i nostri vini verso un cambiamento sia in termini di geografie di mercato, che di profilazione del consumatore. Per farlo occorre, anche ma non solo, un cambio stilistico. I vini commercialmente solidi sono infatti i fine wines, quelli che hanno un profondo legame con il territorio di origine, vini che hanno valori e un wording comunicativo specifico tali da renderli identitari. Occorre pensare a un Amarone che rimetta in equilibrio i suoi fattori produttivi: il metodo (la messa a riposo), il territorio (suolo, vitigni, clima), le persone (produttori, imprese) e la comunicazione. La sfida è chiaramente complessa, dal volume al valore, e richiede dei cambi: culturali, produttivi, legislativi e comunicativi”. Ed a proposito di comunicazione Lonardi ha sottolineato come debba cambiare sia in termini di contenuti sia di gerarchia dei valori, passando da un vino con modello di leadership di comando - cioè muscoloso, strutturato, ricco concentrato che impone fortemente il suo stile sul consumatore - ad un vino con un modello di leadership di prestigio - cioè più intellettuale che non si impone con forza, ma con un racconto che faccia emergere i suoi caratteri identitari e distintivi.
“Le nuove generazioni - ha concluso il Master of Wine - rifuggono dal comando e dall’imposizione. Ricercano la cosiddetta accountability, il coinvolgimento mentale e culturale. E dobbiamo immaginare questa impostazione anche comunicando a giornalisti, opinon leader e consumatori”.
Ma, a proposito di cambiamento e delle resistenze che incontra, Vittorio Grigolo, tra i più giovani e talentuosi cantanti lirici del panorama mondiale, dal 2013 protagonista dell’”Arena Opera Festival”, sul palco di “Amarone Opera Prima” 2024, in un singolare parallelo tra Amarone e Opera lirica, commentando la scarsa affezione dei giovani verso quest’ultima, ha sottolineato come il cambiamento debba essere guidato da una azione di informazione spiegando che porterà a un miglioramento.
Il riferimento è stato al suo modo di stare sul palco in continuo movimento molto criticato perché differente da quello degli illustri tenori del passato di cui Grigolo è un erede. “I giovani di oggi hanno bisogno di essere attratti, bisogna catturare il loro sguardo abituato a stare incollato sugli smartphone. Muovendomi sul palco riesco a ottenere questo risultato, così come portando l’Opera in luoghi inconsueti come le stazioni ferroviarie o gli aeroporti”. E, continuando nel parallelo, il tenore ha ricordato quanto diceva la soprano Maria Callas su quanto fosse “difficile per Maria essere ogni giorno la Callas”, così come per l’Amarone mantenere le posizioni conquistate e ha concluso: “oggi io non desidero il successo economico, ma arrivare sempre a più gente. Desidero sapere che più persone mi stanno ascoltando e vibrano con la mia voce. E così credo debba essere per l’Amarone, il mio vino preferito: che più persone ne ascoltino l’eccellenza”.

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