02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024
UNIONE EUROPEA

Ceev: le misure per sostenere la ripresa del settore vino in Commissione Ue

Dallo scoppio della pandemia troppi fondi a distillazione e vendemmia verde e pochi a garantire cash flow e recupero sui mercati delle cantine
CEEV, COMMISSIONE UE, COVID, Europa, MISURE DI SOTEGNO, SETTORE VINO, UNIONE EUROPEA, Mondo
Il settore vino Ue

Da marzo 2020, il settore dell’ospitalità (on trade) è stato chiuso o ha lavorato con enormi restrizioni. In tempi normali, l’on trade pesava per il 30% dei volumi e per il 50% dei valori del vino consumato in Unione Europea, lasciando quindi così una parte importante europeo senza sbocchi. L’impatto di limiti e chiusure, però, non è omogeneo e varia da Paese a Paese e da azienda ad azienda, con le più piccole che hanno sofferto maggiormente. Il canale off trade (supermercati e alimentari) ha continuato ad operare normalmente, al netto di qualche piccolo problema di logistica ad inizio pandemia. Con la chiusura del canale on trade, in tutta Europa sono cresciute le vendite nell’off trade, con un vero boom dei vini entryl level.
Senza grosse sorprese, la crisi Covid-19 ha fatto balzare le vendite dell’e-commerce del +30% nel 2020, con picchi del +180% durante il lockdown in Europa. Comunque sia, rappresenta ancora l’1,5% delle vendite complessive, nonostante le aziende ci stiano investendo molto. L’Europa resta la prima destinazione turistica, con i Paesi della Ue che hanno ospitato 478,4 milioni di arrivi internazionali nel 2015, il 40,4% del totale, numeri in calo dell’80% nel 2020. Un crollo che ha impattato inevitabilmente anche sull’enoturisno, e quindi sulla vendita diretta di vino. Le stime, per il mercato europeo del vino, parlano di una perdita dell’8% dei volumi e del 12% a valore. Ecco la cornice, tratteggiata dal Ceev - Comité Européen des Entreprises Vins, al report “Covid-19 Crisis and the Eu Wine Sector: Ceev Impact Analysis & 2nd Wine Package”.
La crisi Covid-19 ha causato un calo delle vendite globali senza precedenti, con un calo dell’export internazionale, nel periodo del lockdown (marzo-giugno 2020) del 17%. Nell’anno della pandemia le importazioni dei principali mercati hanno visto una perdita di 1,4 miliardi di dollari e 2,7 milioni di ettolitri,
ma le conseguenze sono state diverse nei singoli mercati. In Usa i consumi nel 2020 sono rimasti stabili (+0,6%), ma con l’off trade che ha conquistato fette importanti dell’on trade è diminuito il prezzo medio, e quindi i valori. Gli Usa, così, hanno importato gli stessi volumi del 2019 (+0,1%), ma a valori decisamente in ribasso (-9,4%). Il calo delle spedizioni da Germania (-32%), Francia (-30%) e Spagna (-10%) è da ricondursi interamente alle tariffe volute dall’Amministrazione Usa in senso alla querelle sull’aviazione civile.
La Gran Bretagna, nell’anno della Brexit, ha aumentato le quote di vino importato (+4,1%), ma calano i valori (-3,9%), ed è difficile quindi pesare l’impatto della crisi Covid-19. Di certo l’uscita dalla Ue ha spinto i distributori a riempire i magazzini, e anche qui il consumo domestico ha preso il posto dell’on trade. In Cina le importazioni di vino sono in calo ormai dal 2018, ma nel 2020 il crollo a valore è stato drastico: -26,7%. Il Paese è stato il primo ad uscire dall’emergenza, ma i consumi riprendono lentamente. Così, il conto pagato alla crisi dai diversi Paesi produttori Ue, in termini di export, non è lo stesso per tutti. La Francia, colpita dai dazi Usa, perde l’11,3% a valore e il 5,1% a volume; La Spagna ha chiuso il 2020 con un -3,6% a valore e -6% a volume; l’Italia limita le perdite sia a valore (-2,3%) che a volume (-2,4%); il Portogallo è addirittura cresciuto, del 3,5% a valore e del 5,5% a volume; la Germania infine ha perso il 14,4% a valore e l’8,2% a volume. L’export dell’Unione Europea, nel complesso, ha perso l’8,8% a valore e il 5,4% a volume.
A livello aziendale, ovviamente, l’impatto del Covid-19 sui fatturati è stato maggiore chi ha nell’on trade e nei mercati extra europei i suoi canali preferenziali. Anche perché, l’off trade non ha aumentato la propria offerta, e chi non era sugli scaffali prima della pandemia difficilmente ci è arrivato durante o dopo. La riduzione del prezzo medio, in tutti i mercati, abbinata ai dazi Usa, ha ridotto i margini, mentre il calo delle vendite e i ritardi nei pagamenti hanno soffocato il cash flow, un grande problema per le aziende enoiche europee. In media, i fatturati delle cantine sono calati del 15-20%, con grosse differenze in base alla tipologia di prodotto, alla dimensione aziendale e al canale di vendita principale.
Per sostenere il settore, la Commissione Europea ha adottato misure straordinarie come distillazione di crisi, aiuti per lo stoccaggio di emergenza, flessibilità nella vendemmia verde, pagamenti anticipati ai Paesi membri, contributi europei al 70%, maggiore flessibilità nei programmi di supporto sui mercati.
Le misure prese in sede comunitaria sono state quindi implementate a livello nazionale, facilitando l’uso delle risorse dei Paesi membri. La flessibilità per i programmi di promozione è stata accolta positivamente dalle aziende e ha funzionato, consentendo alle aziende di adattarsi al meglio a un contesto instabile e dimostrando che questa flessibilità era necessaria al di là della crisi Covid-19. La promozione è la pietra angolare delle misure di sostegno e del successo delle esportazioni dei vini Ue nei Paesi Terzi, e troppo spesso è sottoutilizzata a causa della rigidità di alcune regole adottate nel 2016. Da questo punto di vista, un’armonizzazione delle norme aiuterebbe le imprese a beneficiare appieno della misura.
Nonostante alcuni limiti, legati principalmente al prezzo basso fissato da alcuni Stati membri, come in Italia, la distillazione di crisi è stata una delle misure più utilizzate e ha assorbito gran parte del budget (247,8 milioni di euro). In generale, la distillazione di crisi è stata utilizzata nelle Regioni che soffrono di problemi strutturali e non è stata adeguatamente accompagnata da una riduzione delle rese nella raccolta 2020. La vendemmia verde avrebbe potuto essere una misura più efficiente se fosse stata prevista maggiore flessibilità. Una vendemmia verde controllata avrebbe potuto aumentare la qualità della resa, e sarebbe costata meno della distillazione. Non si è dimostrata adeguata a controllare il rendimento 2020, e alla fine il settore del vino Ue ha finito per sottoutilizzarla (28 milioni di euro).
L’aiuto allo stoccaggio di crisi è stato molto apprezzato dalle aziende vinicole, perché ha finito per avere un doppio effetto positivo, controllando la quantità di vino immessa sul mercato e supportando le aziende in termini di cash flow. Non tutti gli Stati membri l’hanno attuata e alcune interpretazioni non in linea con il regolamento Ue hanno escluso in alcuni casi il vino imbottigliato, limitando l’efficacia della misura. Con 22,1 milioni di euro, gli aiuti allo stoccaggio di crisi hanno assorbito solo una piccola parte del bilancio dell’Unione Europea.
Nonostante il cofinanziamento dei singoli Stati, appare però chiaro che i fondi non siano sufficienti per azioni di promozione o di investimento dopo l’attuazione della distillazione di crisi. La maggior parte del supporto è stato dedicato alla distruzione dei prodotti (vino o uva), senza che si siano affrontati in modo efficiente i principali problemi che le aziende vinicole hanno davanti: la destrutturazione del canale on trade in tutto il mondo e la mancanza di cashflow delle aziende vinicole che necessitano di investire nella presenza sul mercato.
Il pacchetto di aiuti su cui si è concentrata la Commissione Ue purtroppo non consente di preparare adeguatamente il settore vino ad una ripresa rapida già nel 2021, perché non è focalizzato sulla preparazione del futuro, che arriverà quindi solo dal mercato. Scegliere di distruggere il prodotto ha già dimostrato in passato di non essere la chiave per garantire l’equilibrio del mercato. Va ricordato che, nonostante le richieste provenienti dal settore vitivinicolo, dagli Stati membri e dal Parlamento Europeo, la Commissione Europea non ha concesso alcuna risorsa di bilancio aggiuntiva per far fronte a tale situazione, soprattutto per quanto riguarda i Paesi esportatori che sono stati pesantemente colpiti dalle sanzioni commerciali statunitensi. Significa che la maggior parte delle risorse è stata impiegata in misure di riequilibrio del mercato, ma senza sostenere la presenza commerciale sui mercati esteri.
E allora, il settore vino dell’Unione Europea ha bisogno della creazione di una combinazione di diverse misure per sostenere la resilienza economica delle aziende e per riprendere il viaggio verso i mercati, ossia un “secondo pacchetto vino” per fronteggiare gli effetti del Covid-19. Il cui obiettivo dovrebbe essere principalmente quello di sostenere la capacità di recuperare i mercati del vino nei prossimi 2-3 anni. L’approccio, quindi, non può basarsi sulla distruzione della produzione di vino per cercare di controllare il mercato. La distillazione di crisi non dovrebbe essere utilizzata per far fronte a squilibri strutturali non legati all’epidemia di Covid-19, perché rischiamo che, come nell’ultimo anno, questa misura assorba la maggior parte dei fondi Ue, e di conseguenza limiti la capacità delle aziende vinicole di riposizionarsi sui mercati del vino. Portare i vini europei sul mercato, in sostanza, è l’unico modo per garantire un futuro sostenibile al settore vitivinicolo dell’Ue. Ogni sforzo dovrebbe essere fatto sulla promozione e sugli investimenti, che modellano la nostra futura competitività, e le misure di emergenza dovrebbero essere limitate alle emergenze.
Il secondo pacchetto vino pensato dal Ceev, quindi, propone di recuperare i mercati del vino, e la competitività del vino Ue, attraverso misure orientate alle dinamiche del mercato, per ricostruire le rotte del vino e riguadagnare quote a livello globale. Ma anche supporto finanziario per sostenere le aziende vinicole alle prese con la mancanza di cash flow
e condizionalità dell’attuazione delle misure di controllo all’andamento del mercato. Alcune di queste misure erano già incluse nelle misure straordinarie della Commissione, ma dovranno essere ulteriormente perfezionate per aumentarne l’efficienza o per essere prorogate oltre il 2021.
Nello specifico, tra le misure prioritarie per rimettere in sesto i mercati dell’Unione Europea c’è lo stanziamento di un bilancio speciale per affrontare la crisi Covid-19. Poiché la Commissione europea ha prorogato fino all’ottobre 2021 le misure straordinarie adottate nel 2020, se i finanziamenti aggiuntivi non verranno sbloccati, le misure volte a distillazione e vendemmia verde assorbiranno nuovamente la maggior parte dei fondi Ue disponibili. Di conseguenza, sono necessari fondi straordinari aggiuntivi, come un gruppo di Stati membri ha chiesto alla Commissione nella riunione del Consiglio Agri dello scorso 22 marzo 2021, in modo che l’attuazione di qualsiasi misura tipo distillazione o vendemmia verde non metta indirettamente a rischio la capacità di ripresa del mercato.
Ci vorrà però anche un ulteriore contributo da parte dell’Unione Europea, che vada oltre il 2021. In questo senso, l’aumento del contributo Ue al 70% per le misure che sono state incluse nei sostegni della Commissione Europea dovrebbe rimanere fino alla fine del 2023, considerando che gli effetti dannosi del Covid-19 saranno a lungo termine e strutturali. Ci sarà quindi bisogno di flessibilità nella promozione e negli investimenti anche oltre il 2021. La maggiore flessibilità accettata dalla Commissione Europea ha permesso alle aziende del vino di adattare le azioni programmate alle difficili circostanze vissute.
Questa maggiore flessibilità dovrebbe essere mantenuta, come detto, oltre il 2021 per migliorare l’attuazione delle misure di promozione e investimento; estesa per consentire l’adeguamento dei programmi durante il periodo di esecuzione e migliorarne l’efficacia con risultati misurabili; ampliata nel suo campo di applicazione per aggiungere, tra le spese ammissibili per la promozione, quelle relative agli studi di mercato e alle attività di promozione. Inoltre, visto l’attuale scenario imprevedibile nei mercati dei Paesi Terzi causato dalla pandemia, è fondamentale garantire che le aziende vinicole che beneficiano del sostegno non siano penalizzate per le azioni non completate.
Considerando la necessità di tutelare la finanza delle aziende vinicole per garantirne la sostenibilità, sarà necessario mantenere la cancellazione dei ritardi nei pagamenti dalle Amministrazioni Nazionali alle aziende vinicole e, in generale, accelerare e rendere più flessibile tutto il processo amministrativo svolto prima di convalidare i pagamenti. Il “Pacchetto Vino” sarà efficace però solo se verrà sviluppato anche un programma di sostegno specifico per il rapido recupero del canale on-trade. Pertanto, è necessario un ambizioso piano di stimolo specifico per il settore Horeca dell’Unione Europea.
Ci sono, poi nel piano della Ceev, due misure secondarie, comunque importanti. La prima è la vendemmia verde, per cui sarà necessario prevedere maggiore flessibilità per estenderne, da un lato, la sua reale applicabilità e, dall’altro, finanziare in modo più efficiente le misure di controllo del mercato. È ovviamente più efficiente finanziare la distruzione dell’uva in vigna che la distruzione, attraverso la distillazione, del vino finito. In questo quadro, eccezionalmente per la vendemmia 2021, si richiede di includere nella misura “Vendemmia verde” la parziale distruzione, eliminazione o mancata raccolta dei grappoli, sull’intera azienda o su parte dell’azienda in zone Dop/Igp, dove la resa massima autorizzata per ettaro nel 2021 è almeno del 10% inferiore alla resa massima autorizzata nel 2020, e quando non è possibile alcuna declassificazione del vino.
Infine, ci vuole maggiore flessibilità nello schema delle autorizzazioni all’impianto. Considerate le difficoltà incontrate dai viticoltori e dalle aziende nell’utilizzo delle autorizzazioni concesse per l’impianto o il reimpianto delle viti, e poiché persiste l’incertezza dello scenario pandemico durante la campagna in corso, sarà necessario prorogare ulteriormente i termini che scadono nel 2021 fino al 31 dicembre 2022 e, eccezionalmente, non dovrebbero essere imposte sanzioni di alcun tipo (amministrative, finanziarie) ai produttori che, nonostante le proroghe di cui sopra, non riuscissero a utilizzare le loro autorizzazioni (concesse nel 2017, 2018, 2019 e 2020) in tempo.
L’ultimo aspetto riguarda il ruolo del NextGeneration EU. I Programmi di Sviluppo Rurale sono stati prorogati nel 2021 e 2022, con un bilancio di 26,9 miliardi di euro dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (Feasr) e sono stati rafforzati con ulteriori 8,1 miliardi di euro dallo strumento di ripresa dell’Unione europea (Euri). Nel loro insieme, i finanziamenti disponibili per la politica di sviluppo rurale da entrambi gli strumenti sono significativamente più alti rispetto agli anni precedenti e possono essere mobilitati per dare una spinta alla ripresa delle zone rurali e del settore agroalimentare.
Le risorse finanziarie disponibili nei Psr possono essere utilizzate nell’ambito di varie misure per affrontare le sfide del settore vitivinicolo europeo. Ad esempio, entrambi gli strumenti possono sostenere gli investimenti in infrastrutture, trasformazione, commercializzazione e imballaggio delle merci. Soprattutto, possono essere utilizzati per una ripresa verde e digitale del settore agroalimentare sostenendo investimenti in energia sostenibile, bioeconomia o agricoltura biologica.
Le aziende vinicole possono richiedere il sostegno del Feasr e dell’Euri, e gli Stati membri dovranno includere le misure pertinenti nei loro programmi di sviluppo rurale.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024