Bollicine in Inghilterra del Sud e Germania, vigneti a profusione in Cina e qualche filare in luoghi un tempo inimmaginabili, come la Scandinavia. La fotografia dei cambiamenti climatici applicati alla produzione enoica scattata dalla Mw Jancis Robinson, in occasione della pubblicazione dell’edizione n. 7 dello “World Atlas of Wine”, di cui è co-autrice con Hugh Johnson, di certo non può non stupire. Ma d’altro canto, “la geografia del mondo del vino è cambiata notevolmente: la spinta climatica si muove verso i poli del pianeta, e di conseguenza la Cina è ad oggi un player importantissimo sia per i consumi che per la produzione. Senza contare”, ha aggiunto Robinson, che mettersi a produrre vino “è diventato un po’ il sogno di qualsiasi uomo facoltoso”.
I dati Oiv più recenti parlano sì di una produzione globale in flessione di circa sei punti percentuali nel 2012, a causa principalmente di rese minori in Francia, Spagna, Italia e Argentina, ma di un consumo globale in leggera crescita (+0,6%), anche a causa “di un rallentamento della domanda in Cina, dovuto a una minore crescita del ritorno sugli investimenti percepita dai buyers”. Nel frattempo la crescita della cultura del vino sta aprendo nuovi mercati ai produttori, specialmente in America Latina, in paesi come il Messico, “che si sta aprendo al nettare di Bacco nonostante fosse, e sia tuttora, un paese di consumatori di birra. La domanda globale”, ha concluso Robinson, “si sta evolvendo nei posti più impensati”.
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