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CHE SIANO PICCOLE AZIENDE CON FATTURATO FINO A 100.000 EURO, O GRANDI, CON BUSINESS DA OLTRE 500.000, LE CANTINE ITALIANE, PER OLTRE IL 90% DEI CASI, ESPORTANO I PROPRI VINI NEL MONDO. LO DICE, AL DEBUTTO, L'OSSERVATORIO B2B DI VINITALY, “WINE2WINE”

Italia
Piccole e grandi cantine esportano nel mondo

Che siano piccole aziende con fatturato fino a 100.000 euro, o grandi, con business da oltre 500.000, le cantine italiane, per oltre il 90% dei casi, esportano i propri vini nel mondo. Con Russia, Brasile, Stati Uniti, che sono i primi tre mercati su cui punteranno nell’immediato futuro. Emerge dal primo “outlook” sulle esportazioni di “Wine2wine”, l’osservatorio b2b di Vinitaly, presentato oggi a Veronafiere, su oltre 420 cantine del Belpaese. “Wine2Wine è formazione, informazione e networking in chiave business a supporto del processo produttivo e commerciale del vino italiano, è un insieme di attività, fatto di outlook business to business, con ricerche di mercato, ma sarà anche un forum b2b per scambiarsi informazioni e confrontarsi per costruire un network, che vuole essere uno strumento a supporto dell’attività di decisionale ed imprenditoriale”. Così Giovanni Mantovani, dg VeronaFiere. L’appuntamento “fisico” di debutto sarà il 3-4 dicembre a Veronafiere, “alla fine dell’anno che precede Expo 2015, quando sarà pronto anche il progetto per il Padiglione Vino dentro al Padiglione Italia - sottolinea Mantovani - dove si parlerà di marketing, comunicazione e web, ma anche di normative e di mercati esteri, di amministrazione e fiscalità e così via, per dare uno strumento di supporto e di aiuto alle imprese che devono, ogni giorno, prendere decisioni difficili”. Tornando ai dati salienti dell’outlook, presentati da Enrico Gallorini di Grs Ricerca e Strategie, emerge che il primo Paese di sbocco è per tutte le classi di fatturato la Germania, seguita la Francia e la Svizzera per i piccoli produttori fino a 100.000 euro di fatturato, da Svizzera e Belgio per quelli tra 100.000 e 500.000 euro, e da Usa e Svizzera per le cantine di grandi dimensioni. Non mancano comunque piccole realtà capaci di esportare nella East Coast degli Stati Uniti (30%), in Giappone e West Coast Usa (23%), Cina, Hong Kong e Australia (12,5%). E se le piccole e medie realtà sono portate a concentrare gli invesimenti futuri in mercati più “comuni”, le grandi puntano a nuove frontiere come Emirati Arabi Singapore e Messico. Ma è almeno il 25% delle aziende che punta a mercati “esotici”, come Corea del Sud, India, Svezia, Nuova Zelanda, Vietnam, Australia, Tailandia, Cina, Norvegia, Hong Kong, Taiwan, Turchia, Stati Uniti Costa Ovest e Finlandia.

Focus - La fotografia di “wine2wine” alle aziende del vino italiano

L’indagine è stata condotta su un universo di 4.026 aziende italiane espositrici di Vinitaly nei mesi di gennaio e febbraio 2014. All’indagine hanno risposto complessivamente 423 aziende, pari al 10.5% dell’universo, di cui il 25.8% del totale sono toscane, seguite dal Veneto (15.4%) e Piemonte (13.2%). Il 38% delle aziende interpellate hanno dichiarato di fatturare oltre 500.000 euro. Seguono, per numerosità, quelle con fatturato compreso tra 100.000 e 500.000 euro (31%), e quelle
con un giro d’affari inferiore ai 100.000 euro (11%). Mentre il 20% delle aziende hanno preferito non indicare il fatturato generato. Sulal tipologia di vini esportati, 4 aziende su 5 hanno dichiarato di esportare vino rosso; 2 su 3 bianco e 1 ogni 3 vende oltre confine vini rosé o spumanti. Il 13.2%, invece, produce vino biologico e riesce a venderlo nei mercati internazionali.

L’export delle aziende vitivinicole italiane

Il 97% delle aziende dichiara di vendere in almeno un mercato estero.
È interessante notare come la percentuale cresca progressivamente all’aumentare del fatturato:
infatti, “solo” l’87.5% delle aziende con ricavi inferiori ai 100.000 euro dichiara di esportare, percentuale che aumenta al 98.5% per le realtà con fatturato compreso tra 100.000 e 500.000 euro, arrivando al 100% nel caso di aziende con un giro d’affari superiore al mezzo milione di euro. Analizzando la presenza per singola area geografica emergono chiaramente due aspetti: il n. 1 è
che la percentuale di aziende che esportano cresce al crescere del fatturato in tutte le
principali aree geografiche; il n. 2 è che la distanza dall’Italia, restrizioni commerciali e differenze culturali incidono sulla presenza all’estero dei nostri produttori.

Il 95.8% delle aziende intervistate esporta i propri prodotti verso paesi membri dell’Unione Europea.
Il mercato n. 2 più importante è quello Nord-Americano, sbocco commerciale per l’81.3% del
campione, dove però inizia a farsi più marcata la differenza sulla base del fatturato: mentre sono oltre 9 su 10 le aziende con fatturato oltre il mezzo milione di euro che esportano in Nord America, il rapporto scende al 76% per quelle nella fascia 100.000-500.000 euro, ed al 57.1% per quelle con ricavi inferiori a 100.000 euro. Proseguendo, il mercato n. 3 di riferimento è l’Europa non comunitaria (75.8%), seguito dal mercato asiatico. Quest’ultimo è quello che fa registrare la differenza più significativa avendo il fatturato generato come discriminante: mentre la percentuale rimane elevata per le realtà con fatturato superiore a 500.000 euro, la quota scende drasticamente a 6 su10 per quelle nella fascia intermedia, ed a 4 su 10 per quelle con ricavi inferiori a 100.000 euro.
Questi sono i quattro mercati di sbocco principali per il vino made in Italy.

Le altre aree geografiche sono in generale meno presidiate, soprattutto per le aziende di dimensioni più contenute: solo le aziende con fatturati superiori a 500.000 euro, infatti, sono presenti in percentuali significative in America Latina (51.3%) ed Oceania (41.3%), mentre è in generale esigua la quota di aziende che dichiarano di esportare in Medio Oriente ed Africa.
A livello aggregato, è interessante osservare il numero di mercati nei quali sono mediamente attivi i
produttori di vino, sempre sulla base del fatturato generato. Il 12.5% delle aziende con ricavi sotto i 100.000 euro non esporta. Le altre sono presenti mediamente in 6.1 mercati. Questo valore sale a 8.9 per le aziende nella fascia di fatturato intermedia, le quali dichiarano di essere presenti in più di 11 mercati nel 32.9% dei casi. Le più internazionalizzate sono quelle con fatturati superiori a 500.000 euro, con una media di 20.6 mercati di sbocco, il 76.9% di aziende che dichiara di esportare in più di 11 mercati ed il 35.6% che è addirittura presente in più di 21 nazioni. L’analisi sul numero di mercati di vendita è stata condotta anche utilizzando la tipologia di vino esportato come elemento discriminante.

È molto interessante notare come il vino biologico sia quello con il numero maggiore di mercati di
sbocco per le aziende con fatturati inferiori a mezzo milione di euro.
È il vino rosso, invece, ad essere presente in più mercati per le aziende più grandi. Dall’analisi dei dati si evince che le aziende dichiarano di essere presenti in alcuni mercati con una tipologia di vino, ed in altri mercati con altre. Questo il motivo per il quale il numero medio di mercati presidiati per singola tipologia di vino è generalmente inferiore al dato medio aggregato visto in precedenza.

Trend di mercato per le aziende vitivinicole italiane nei mercati internazionali

È un trend positivo in tutte le aree geografiche analizzate, quello delle aziende vitivinicole italiane. Esportazioni in crescita per il 56.3% delle aziende che commercializzano all’interno dell’Unione Europea, ma anche in Nord America (55.3%), Asia dell’Est (50.4%) ed Europa extra-comunitaria (48.7%). Il numero di aziende che dichiarano un calo delle esportazioni è molto limitato: solamente 1 su 10 nei 4 principali mercati di riferimento. Più nel dettaglio, sembra esserci una correlazione tra il volume di fatturato e la percentuale di aziende che dichiara un trend positivo. Tra le aziende che esportano in Unione Europea, il 41.2% di quelle con fatturato inferiore a 100.000 euro dichiara l’export in crescita, contro il 58% di quelle che supera questa soglia. Lo stesso risultato, ma in misura ancor più marcata, è stato dichiarato dalle aziende che esportano nell’Europa non comunitaria. Qui, buona parte delle aziende con fatturato inferiore ai 100.000 euro ha dichiarato una sostanziale stabilità dell’export (65.2% del totale), che è invece stato in crescita per il 45.5% di quelle nella fascia intermedia e per il 57% di quelle di maggiori dimensioni. Risultati molto positivi vengono dichiarati dalle aziende più piccole soprattutto in Nord America, dove il 58.3% degli intervistati di minori dimensioni testimonia un’espansione delle vendite.

Motivi di aumento e di diminuzione dell’export delle aziende vitivinicole italiane nei mercati internazionali

L’aumento dell’export è il risultato di un mix di variabili esogene (mercato in crescita) ed azioni
intraprese dalle aziende (maggiore promozione nei mercati internazionali ed investimenti strutturali
in azienda), che hanno inciso in misura differente nei diversi mercati. I produttori hanno cavalcato una dinamica positiva del mercato soprattutto nell’Europa extracomunitaria (secondo il 57.5% degli intervistati), in Asia dell’Est (55.3%) ed in centro-sud America (62.7%). Investimenti strutturali in azienda sono stati invece la prima causa dell’espansione in Unione Europea e nord America, rispettivamente per il 51.1% ed il 49.3% delle aziende attive in questi mercati. Tra le aziende con fatturato inferiore a 100.000 euro, per esempio, che esportano nell’Unione Europea e che hanno dichiarato un aumento delle vendite in quest’area, il 35.7% ritiene che questo trend positivo sia generato da un mercato in crescita; il 21.4% lo riconduce ad una maggiore attività di promozione; infine, il 50.0% dice che il gli investimenti strutturali in azienda sono alla base di questa espansione. Mentre le poche aziende che hanno dichiarato un calo delle esportazioni sono concordi nel dire che la causa principale delle difficoltà incontrate risiede nella “crisi internazionale”, che a loro modo di vedere non ha risparmiato nemmeno questo settore. Va però ricordato che le aziende che hanno registrato un trend negativo dell’export sono molto poche (circa 1 su 10), pertanto questo dato deve essere ben ponderato e circoscritto.

I principali mercati di esportazione delle aziende vitivinicole italiane

La quasi totalità delle aziende italiane sentite da “wine2wine” di Vinitaly dichiara di vendere i propri prodotti anche oltre i confini nazionali, soprattutto in Europa, Nord America ed Asia. andando nel dettaglio si scopre che la Germania è per distacco il mercato di destinazione più comune per i produttori italiani interpellati: ben 4 aziende su 5 vendono già in questo paese. Al n. 2 c’è la Svizzera, verso la quale esportano attualmente il 62.2% delle aziende. Dopo la costa orientale degli Stati Uniti si trovano una serie di altri paesi europei: Belgio, Regno Unito, Paesi Bassi e Danimarca. La top 10 si chiude con Giappone, Canada e Stati Uniti occidentali, verso i quali esporta 1 azienda su 2. In Cina sono attualmente presenti con i loro prodotti 4 aziende su 10 mentre ad Hong Kong 1 su 3. I mercati verso i quali le aziende puntano per il futuro, invece, variano anche qui a seconda del fatturato.

L’attività in determinati mercati e la quota di aziende in essi presenti sono legate a doppio filo con la dimensione aziendale (misurata in base al volume di fatturato generato). Per le aziende con fatturato inferiore a 100.000 euro, la Germania è il mercato più diffuso, anche se è rilevante la differenza sulla base della fascia di fatturato presa in esame: infatti, solo il 39.6% delle aziende che fatturano meno di 100.000 euro ha questo come mercato finale per i propri vini. Questa percentuale sale al 78.6% per le realtà raggruppate nella fascia intermedia, ed addirittura al 95% per quelle che superano i 500.000 euro di ricavi. La presenza negli altri mercati per le aziende più piccole è particolarmente limitata e frammentata, concentrata soprattutto in Europa e Nord America.

Non mancano realtà presenti in mercati più remoti come Cina, Hong Kong, Australia e Singapore, ma si tratta di casi isolati, limitati ad 1 azienda su 10. La situazione cambia radicalmente al crescere del fatturato. Nella fascia compresa tra 100.000 e 500.000 euro sono ben 4 i mercati nei quali sono presenti almeno il 50% delle aziende: Germania, Svizzera, Belgio e costa est degli Stati Uniti. Inoltre, sono oltre 1 su 3 quelle già attive in tutte le aree del nord America, vale a dire Stati Uniti centrali, occidentali e Canada. Infine, la presenza diffusa e diversificata in numerosi mercati per le aziende con fatturati superiori al mezzo milione di euro è confermata ancora una volta dal fatto che sono ben 15 i paesi in cui sono presenti almeno il 50% delle aziende del campione. Oltre alla Germania è notevole la quantità di aziende che esportano nella costa est degli Usa (81.3%); in Svizzera (76.9%); in Uk, Belgio, Paesi Bassi e Canada (oltre 7 su 10). Le aziende di dimensioni maggiori sono, invece, già presenti in massa anche nei mercati più distanti come il Giappone (66.3%), la Cina (58.8%) ed Hong Kong (50%).

I mercati di esportazione per il futuro delle aziende vitivinicole italiane

La domanda su quali mercati le aziende puntino per il futuro, non essendovi già presenti con i propri prodotti, offre molti spunti di riflessione, soprattutto se indagata in profondità.
L’analisi aggregata delle risposte presenta una top 20 con non poche sorprese: Russia e Brasile sono ai primi due posti, con rispettivamente il 37.1% ed il 32.9% di aziende che dichiarano di voler iniziare a vendere in questi due mercati in futuro. Al terzo posto si trova l’area centrale degli Stati Uniti d’America (29.6%), sicuramente la zona meno presidiata del Paese a stelle e strisce.
Seguono poi una serie di paesi che sono già ai primi posti per l’export di vino italiano: il Nord America al completo (con la costa ovest degli Usa al posto n. 4 , quella orientale al n. 12, ed il
Canada al n. 9), il Regno Unito (n. 5) e la Svezia (n. 7) non sono certo dei mercati inesplorati.
A Oriente si mettono nel mirino Giappone ( n. 6), Hong Kong ( n. 8), Cina (n. 10), Singapore ( n. 13) e Corea del Sud (n. 19). Nella Top20 trovano spazio anche Australia e Nuova Zelanda, nonostante la distanza. Circa 1 azienda su 5 ha deciso di puntare su mercati europei come l’Austria (n. 11), la Norvegia (n. 15), la Danimarca (n. 17) e la Finlandia (n. 20). Da segnalare al n 16, infine, gli Emirati Arabi Uniti, su cui puntano il 19.1% delle cantine intervistate.

Le aziende con fatturati superiori al mezzo milione di euro sono mediamente già presenti in circa 20 mercati. Questo significa che è probabile che questi produttori siano già presenti nei principali paesi di destinazione del vino made in Italy. Al contrario, aziende di minori dimensioni sono meno presenti all’estero, e sono orientate a sviluppare le loro vendite in mercati più maturi e possibilmente meno complessi. Le aziende più piccole in dimensioni (meno di 100.000 euro di fatturato) indicano come target principali mercati “maturi”: le diverse regioni degli Stati Uniti d’America occupano i primi 3 posti, indicate da un produttore su due. Germania, Regno Unito e Canada sono anch’esse nei primi 7 posti, indicati da oltre 4 aziende su 10.

La seconda metà della top 20 è quasi interamente occupata da stati europei (Paesi Bassi, Svizzera, Austria, Norvegia, Francia, Danimarca, Lussemburgo e Belgio), segno che le aziende più piccole si muovono con prudenza e gradualità fuori dai confini nazionali. Man mano che cresce il fatturato, scalano posti nella classifica mercati meno consolidati: Russia e Brasile sono rispettivamente al n. 1 ed al n. 2 sia per le aziende con fatturato compreso tra 100.000 e 500.000 euro, sia per quelle che generano ricavi superiori al mezzo milione. Nella fascia intermedia, invece, sono ancora molte le aziende che puntano su mercati affermati come Usa, Regno Unito, Austria, Canada, Hong Kong e Giappone.

Le aziende di maggiori dimensioni sembrano guardare oltre (probabilmente perché già presenti in
quasi tutti i principali mercati) ed indicano tra i principali mercati: gli Emirati Arabi Uniti,
Singapore, Messico, Corea del Sud, India, Vietnam e Tailandia, ossia paesi caratterizzati da forte
espansione economica e, in molti casi, con una popolazione molto numerosa.
Merita una considerazione specifica la Cina, mercato del quale si parla molto: circa il 60% delle
aziende con fatturati superiori a 500.000 euro esportano già verso questo paese. Queste hanno già fatto da apripista per quelle di minori dimensioni, le quali sembrano però essere consapevoli delle
complessità rappresentate da questo mercato, e sembrano muoversi con estrema prudenza.

L’identikit del mondo del biologico italiano, dalla produzione al fatturato

L’indagine di approfondimento sui produttori di vino biologico è stata condotta su un universo di
1.046 aziende italiane con produzione biologica certificata da Federbio. All’indagine hanno risposto complessivamente 89 aziende con un fatturato che per il 31.5% è sotto i 100.000 euro, il 38.2% tra 100.000 euro e 500.000 euro , ed il 30.3% oltre il mezzo milione di euro. Il numero di bottiglie prodotte è abbastanza limitato: 1 azienda su 4 dichiara di produrre meno di 25.000 bottiglie di vino biologico all’anno. Un altro 40% ha una produzione compresa tra le 25.000 e le 100.000 unità. Il restante 20% produce più di 100.000 bottiglie l’anno. Le aziende attive nel biologico sono guidate prevalentemente da uomini, anche se le donne imprenditrici rappresentano già il 26.4% del totale e sono particolarmente numerose (in rapporto agli uomini) nella fascia di età tra 30 e 39 anni. Quanto all’età del titolare, c’è un’esatta divisione a metà tra le aziende nelle quali il titolare ha meno di 50 anni (49.4%) e quelle dove si supera questa soglia.

L’export dei vini biologici

L’export di vini biologici ha come primo mercato di sbocco quello comunitario (77.6% del totale),
seguito da Nord America (55.1%), Europa extra-UE (51%) ed Asia (43.9%). Come facilmente intuibile, sono le aziende con fatturati più elevati ad essere più presenti nei mercati internazionali: tra i produttori di vini biologici con fatturato inferiore a 100.000 euro, solamente 6 su 10 esportano nell’area Schengen, rispetto all’85% di quelle che superano questa soglia. Il mercato n. 2 più comune per tutte le fasce di fatturato è il nord America, dove però esportano solo il 35.7% delle aziende più piccole, molto meno rispetto alle 7 ogni 10 tra quelle con fatturato superiore a 100.000 euro.

C’è da sottolineare, come non ci sia una sostanziale differenza tra le aziende con fatturati compresi tra 100.000 e 500.000 euro e quelle che generano ricavi superiori al mezzo milione di euro: la quota di aziende che esportano è simile per questi due cluster di fatturato in tutte le aree geografiche prese in esame: lo era all’interno dell’Unione Europea ed in Nord America come lo è nei Paesi europei non comunitari (dove esportano 2 aziende su 3), in Asia (poco più di 6 ogni 10) ed in Oceania (3 su 10). Le aziende con fatturato superiore a 500.000 euro si distinguono invece nelle rimanenti aree geografiche, essendo presenti nel 37% dei casi in Centro-Sud America ed essendo le uniche che si dichiarano attive in Medio Oriente ed Africa.

Per quanto riguarda i mercati esteri, la Germania è ancora una volta il mercato più comune per l’export di vini biologici: qui dichiara di vendere i propri prodotti una azienda su due. Al secondo posto si posiziona la costa orientale degli Usa, mercato per quattro aziende su dieci, seguita da Giappone, Belgio e Svizzera. Tra i primi dieci si posizionano altri tre mercati comunitari (Regno Unito, Paesi Bassi e Danimarca), scelti da un produttore su quattro, e due nordamericani (la costa ovest degli Usa ed il Canada).

Il vino rosso guida le vendite estere di vino biologico: 8 aziende su 10 tra quelle che esportano in ciascuna area geografica lo fa con vini rossi. Questa percentuale sale in Asia, dove sono l’88.4% a vendere questo prodotto. Contemporaneamente, il vino bianco è esportato mediamente da una azienda su due nei quattro principali mercati, mentre si riduce la quota di aziende che produce e vende all’estero vini rosé e spumanti.

L’andamento delle vendite estere è molto positivo, soprattutto per le aziende che producono oltre
25.000 bottiglie: 3 su 4 comunicano un trend positivo. Le aziende che producono meno di
25.000 bottiglie indicano invece una invarianza prevalente, dovuta forse anche alla esigua
produzione che non lascia ampi margini di sviluppo.

I mercati futuri dei vini biologici

Al n.1 dei mercati su cui i produttori del biologico intende puntare si posiziona la Norvegia, indicata dal 34.4% delle aziende. Il risultato è ancor più sorprendente se si considera che solamente il 14.3% dei produttori di vino biologico esportano attualmente in questo paese (al n.18 tra i mercati più diffusi). Un’azienda su 3 indica poi il Regno Unito, seguito da Russia, costa ovest degli Usa, Canada e Svezia, tutti sopra il 30%. A completare le prime posizioni della classifica si trovano altre nazioni dove è sempre più diffusa l’attenzione verso i prodotti biologici ed il vivere sano, come Austria, Germania, Paesi Bassi, Danimarca e Giappone.

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