- China-Australia, entra in vigore il ChAFTA
L’accordo di libero scambio ChAFTA tra la China e l’Australia (China-Australia Free Trade Agreement), firmato nel giugno 2015, è entrato in vigore e permetterà agli esportatori australiani di usufruire, in poco tempo, di due importanti riduzioni tariffarie. Paul Evans, ad Winemakers’ Federation of Australia, ha detto che la tariffa del 14% sulle importazioni dei vini in bottiglia e del 20 % del vino sfuso, sarà progressivamente ridotta a zero nell’arco di quattro anni.
“Il primo taglio delle tariffe entrerà in vigore dal 20 dicembre 2015 e il secondo dal 1 gennaio 2016; quindi, siamo sulla buona strada per usufruire di due tagli molto graditi. In precedenza avevamo avvertito che eventuali ritardi avrebbe potuto costare al settore del vino australiano oltre $ 50 milioni di dollari se le due scadenze non fossero state rispettate”.
Il ChAFTA, entrato in vigore sotto Natale, è un risultato significativo “e ci metterà nelle condizioni di competere per le quote di mercato con le altre nazioni produttrici di vino”. Il Cile infatti ha usufruito delle nuove tariffe quest’anno mentre la Nuova Zelanda non ha avuto nessuna tariffa sin dal 2012. Sono casi che dimostrano lo svantaggio competitivo subìto dai produttori australiani in passato.
“La Cina è già il nostro terzo mercato di esportazione per il vino - ha proseguito Paul Evans - per un valore di $ 313 milioni nei 12 mesi a ottobre 2015 - dietro il Regno Unito e gli Stati Uniti - quindi ci sono significative opportunità di crescita dal momento che eliminiamo le barriere commerciali e colmiamo il divario con i nostri concorrenti. La Cina ha raddoppiato il consumo di vino due volte negli ultimi cinque anni e si prevede che supererà gli Stati Uniti, nel 2016. Quindi essere in grado di competere alle stesse condizioni degli altri è una grande opportunità visto che abbiamo un prodotto eccezionale molto desiderato dai consumatori globali”.
“Il potenziale di ChAFTA accoppiato ad una ripresa della domanda e a dei tassi di cambio più favorevoli, rafforza l’importanza delle raccomandazioni della Winemakers’ Federation of Australia al Governo cioè di rendere disponibili ulteriori finanziamenti per promuovere il vino australiano all’estero, in modo di essere in grado di cogliere tutte le potenzialità dell’accordo”.
Fonte: www.winetitles.com.au
- Svezia, la crisi dei vini dolci e fortificati
Il monopolio svedese Systembolaget ha recentemente illustrato una ricerca sul mercato dei vini dolci e dei vini fortificati in Svezia. Molto probabilmente è un segnale di ciò che sta accadendo anche in altri Paesi europei. I vini dolci stanno scomparendo? In Svezia, negli ultimi 25 anni, il consumo di vini dolci è diminuito del’85%. Nel 1989 il Systembolaget ne aveva venduto 1,3 miliardi di litri. Nel 2014 il consumo di vino dolce è sceso a 200 milioni di litri. Tuttavia, il consumo si è spostato verso i vini migliori. Infatti, nel 1989 il Systembolaget aveva classificato il 93% dei vini dolci come di semplice qualità e solo il 6% come di qualità superiore. Nel 2014 il 67% è stato classificato come di qualità superiore.
Per vini dolci s’intendono i vini con notevole residuo zuccherino e senza arricchimento con l’alcol, come i Sauternes, i vini dolci tedeschi, il Vin Santo, il Recioto e così via. I vini fortificati sono in discesa. Il consumo dei vini fortificati è in calo drammatico anche se non per tutti allo stesso modo. Per vini fortificati s’intendono quei vini ai quali è stato aggiunto dell’alcol in modo di bloccare la fermentazione degli zuccheri. I vini fortificati in questo modo presentano una gradazione alcolica di 18-20%. È il caso del Porto, dello Sherry e del Madeira. Dal 1989, il consumo dei vini fortificati è sceso di due terzi. Nel 1989 si consumavano quasi 2 milioni di litri di vino liquoroso, nel 2014 circa 700.000 litri. Il calo più drammatico è iniziato nel 1999. Il disastro ha colpito pure lo Sherry, incluso il tipo secco, considerato il migliore. Nel 2014 abbiamo consumato solo il 25% dello Sherry che consumavamo nel 1989. Tre quarti del consumo è scomparso. Il Porto, invece, sembra godere di una salute migliore. Dal 1989 il consumo è passato da 230.000 litri a più di 250.000 litri, considerando anche un picco registrato nel 2008 di oltre 300.000 litri. Inoltre, c’è stato anche un grande cambiamento dal consumo di Porto bianco a quello rosso. All’inizio il Porto bianco aveva una quota del 30% ora sceso al 5%. Il Madeira negli ultimi anni aveva attirato una certa attenzione della stampa anche se non sembra che tale interessamento abbia avuto un qualche effetto positivo sui consumi.
Il Madeira ha avuto il periodo di massimo splendore nella seconda metà degli anni Novanta, con un aumento sino a quasi 150.000 litri nel 1995. Poi finito quel periodo, il Madeira è sceso prima a 100.000 litri e poi a 70.000 litri, perdendo il 30%. Gli altri vini fortificati sono diminuiti di oltre la metà, da 400.000 litri a 170 000 litri. La categoria comprende vini come ad esempio Vintry’s Taverna (Spagna), Setubal (Portogallo), Commandaria (Cipro), Muscat d’Alexandrie (Grecia, Spagna...) oltre agli squisiti vini fortificati dal sud della Francia, i cosiddetti vini VDN (vino dolce naturale) quali Rasteau, Banyuls e altri. Anche per questi vini c’è stato un rialzo notevole nella seconda metà degli anni Novanta, ma sfalsato di circa tre anni rispetto al picco del Porto. Strano.
Se lo Sherry è il grande perdente, il Porto è il vincitore relativo All’inizio del periodo in esame, nel 1989, era lo Sherry a dominare con il 56% di tutto il mercato dei vini fortificati. Oggi lo Sherry è sceso al secondo posto con una quota di mercato di solo il 35% (meno di 200.000 litri). Il vincitore, sia in termini assoluti che relativi, nel gruppo dei fortificati è invece il Porto che oggi è la categoria più grande, vendendo 250.000 litri all’anno, il 25% in più rispetto sherry. Gli “altri vini fortificati” sono terzi con circa 180.000 litri. Madeira, con un ampio margine, è l’ultimo dei quattro con 75.000 litri. Se andiamo un po’ più indietro nel tempo, il cambiamento è ancora più drammatico. Infatti guardando indietro al 1920, il 69% di tutto il vino importato in Svezia era vino fortificato. A quel tempo, la Svezia era probabilmente anche il più grande mercato di esportazione per Madeira tanto che quasi il 40% di tutto il Madeira esportato andava in Svezia.
Fonte: www.bkwine.com
- Usa, Gallo cresce ancora e compra The Ranch Winery
E. & J. Gallo Winery con l’acquisizione di The Ranch Winery, situata a St. Helena, tra la Highway 29 e Silverado Trail, ha triplicato la sua capacità produttiva nella Napa Valley. L’azienda che si estende per poco più di 28 ettari (70 acri), ha una capacità produttiva pari a 30.000 tonnellate di uva, 4,6 milioni di casse e una cantina in grado di stoccare 8 milioni di litri di vino. Il Ranch infatti è una delle più grandi aziende della Napa Valley. Con le leggi vigenti in California, è praticamente impossibile costruire nuove aziende vinicole in Napa, pertanto l’acquisto per Gallo rappresenta un bel colpo.
“Questa è davvero una l’occasione di una vita”, ha commentato Roger Nabedian, senior vice president e dg Divisione Premium wine di E. & J. Gallo “avere una proprietà nella Napa Valley, con una capacità di 30.000 tonnellate sul mercato, è estremamente raro”.
Le due aziende Gallo già esistenti, Louis M. Martini e William Hill, complessivamente hanno una capacità di 15.000 tonnellate. Con la Ranch Winery la presenza totale di Gallo in Napa ora arriverà a 45.000 tonnellate. Originariamente l’azienda era una cantina Trinchero utilizzato in gran parte per la produzione di White Zinfandel nel corso degli anni 1980. La struttura era stata acquisita da un gruppo di investitori guidato dall’enologo Joel Gott nel 2007, e da allora era stato utilizzata come una struttura per produttori di vino “boutique”, tra cui Gott stesso che è stato sia una delle parti interessate che cliente. Gallo onorerà tutti i contratti di produzione in essere al Ranch. L’impianto continuerà ad essere utilizzato per la vinificazione integrando la capacità produttiva di Gallo ma è chiaro che l’obiettivo a lungo termine sarà quello di utilizzare The Ranch Winery per l’espansione di Gallo in Napa, in vista di possibili future acquisizioni. Con il nuovo ingresso, Gallo in California e Washington, può contare su 15 cantine.
Fonte: Shanken Daily News
- Tahiti, la vite sull’atollo
Il vino di Thaiti è ben conosciuto dagli abitanti della Polinesia ma per coltivare la vite a Rangiroa e produrre vini di qualità, c’è voluta molta tenacia. Ecco il ritratto dell’unico enologo del Pacifico. Prima di arrivare a Rangiroa, l’enologo Sébastien Thepenier non sapeva nulla della Polinesia. Ha solo risposto ad un annuncio per l’impianto di una vigna nell’area tropicale.
Originario della Borgogna, si è laureato in Champagne, a Reims. Stava cercando lavoro e in pochi giorni, si è trovato a Rangiroa. “Volevo cambiare ma non credevo che sarebbe andata così in fretta” ricorda Thepenier e così si è ritrovato nel Domaine Dominique Auroy, dal nome del fondatore e principale azionista dell’azienda. “Una parte del vigneto era già impiantata quando sono arrivato sul posto: nel 2002 c’erano due ettari e mezzo e una quarantina di vitigni già testati. Abbiamo deciso di testare 50 nuove varietà e di acquistare attrezzature e di esplorare altri terroir”, racconta l’enologo. Il vigneto è piantato su un motu (rilievo sul livello dell’oceano, con un’altezza che va da poche decine di centimetri fino a qualche metro, sul margine della a, ndr) vicino al passo Avatoru.
“Il concetto di terroir, è molto evidente qui. Abbiamo bisogno di lavorare con diversi tipi di terreni che hanno più o meno sassi, umidità, terra nera ... zone umide e zone molto secche” spiega. Inizialmente, ha cercato di coltivare la vite “ovunque” ma le singole parcelle di terreno non hanno reagito tutte allo stesso modo a causa di un eccesso di umidità nel terreno. Poi dopo aver mappato il terreno per conoscerlo meglio, ha piantato nel posto giusto. Oggi l’area vitata è di 6 ettari che possono ancora crescere di 1,5 ettari. Gli unici predatori dei vigneti sono i granchi. Qui le muffe non sono così presenti come sul continente.
Quattro le principali varietà coltivate nella tenuta: Carignano, Italia (si tratta di un incrocio interspecifico tra uve Bicane e Moscato di Amburgo, ottenuto nel 1911 in Italia da Luigi e Alberto Pirovano di Vaprio d’Adda, ndr), Moscato Amburgo e Grenache. Il terreno del vigneto è erboso perché aiuta a trattenere l’umidità e per mantenerla, si irriga.
“Questo è l’unico posto dove si pianta la vite nel corallo e nei detriti del corallo”, dice con entusiasmo l’enologo. E il corallo dona un sapore speciale al vino di Tahiti: una nota di pietra focaia e di minerale, molto apprezzato dagli intenditori. “Siamo consapevoli del fatto che ci possono essere dei prodotti agricoli in Polinesia che hanno una presenza legittima, in particolare ananas e mango. Ora anche la vite ha trovato gradualmente il suo posto”.
Dopo alcune annate irregolari, il vino della Polinesia ha finalmente trovato i suoi clienti nei principali alberghi e nei ristoranti e inizia ad essere riconosciuto da sommelier più famosi. Attualmente sono commercializzati quattro vini: Tahiti Blanc de Corail; Tahiti Clos du Récif « Franc de Pied »; Rosé Nacarat; Tahiti Blanc Moelleux. In totale, da 35.000 a 40 000 bottiglie l’anno. Più che la quantità, l’enologo sta ancora lavorando per migliorare la qualità. Le Clos du Récif, uscito nel 2013 è diventato un prodotto di punta: parzialmente affinato in botti di rovere, ha profumi di “vaniglia, verbena e aglio” e si trova principalmente nei ristoranti.
Perché a Rangiroa le vigne non producono rosso ? “Soprattutto per motivi climatici”, spiega l’enologo. “Siamo in un clima tropicale con piogge molto pesanti che possono influire sulla qualità delle uve, soprattutto se si cerca di spingere la maturità più avanti per fare un vino rosso”.
Per il vino bianco, l’uva rossa si utilizza con una maturazione meno avanzata. Attualmente, si sta lavorando su una possibile conversione all’agricoltura biologica ma tutto ha un prezzo. “Il bio al di là dell’etichetta è una filosofia ma non è che siccome non siamo biologici, non abbiamo un comportamento rispettoso dell’ambiente” spiega Thepenier. Taglio, potatura, diradamento, tutto è fatto a mano. Cinque dipendenti sono a tempo pieno con contratto a tempo indeterminato e 10 vengono chiamati durante la vendemmia. In Francia, la vite viene raccolta una volta all’anno alla fine dell’estate. A Rangiroa, abbiamo un raccolto ogni cinque mesi! Il vino viene trasportato in barca in contenitori da 1000 litri a Tahiti e poi conservato in celle frigorifere. La seconda generazione di vignaioli polinesiani adesso è al lavoro. Jacqueline e Lucien sono i custodi della vigna dal 1997. Ora anche il loro figlio lavora nel vigneto “hanno un vero attaccamento per la terra e per la vite”, dice Sebastian. Alla fine per l’enologo, la vita atipica che ha scelto, è “un’esperienza di successo con momenti difficili. Ho passato sei anni tutti i giorni nel vigneto per capire come stavano le cose e per formare le persone e abbiamo fatto di tutto. Adesso il risultato è lì e abbiamo un vino di qualità,” conclude Thepenier.
Fonte: www.tahiti-infos.com
- Australia, Penfolds alla ricerca di grandi uve cabernet sauvignon
Mentre l’industria del vino australiano sta lottando per incrementare la redditività e per conquistare nuovi mercati per vendere il suo vino, Penfolds il marchio più famoso della nazione, non riesce a trovare abbastanza uve Cabernet Sauvignon di serie A per produrre alcuni dei suoi vini rossi più famosi. Peter Gago, capo enologo dell’azienda, ha detto che la carenza di grandi uve cabernet sauvignon uve impedisce al marchio Treasury Wine Estates di espandere notevolmente le proprie vendite di vino del mondo.
Mr. Gago ha detto che la situazione della domanda mette in evidenza la disponibilità dei consumatori a pagare di più per i vini rossi di alta qualità del Sud Australia. “A questo punto, però, sembra che non ci siano a sufficienza uve cabernet sauvignon di prima scelta disponibile dai coltivatori”, ha detto Gago.
“Potremmo vendere multipli di Penfolds Bin 389 in tutto il mondo se potessimo farne ancora di più. Non c’è un mercato in cui non siamo riusciti a vendere di più i nostri vini cabernet se ne avevamo. Il fattore limitante per il 389 (un blend con lo shiraz) è il cabernet. Bin 407 sta andando veramente bene in Europa, negli Stati Uniti e in Asia, ma è limitato dalla quantità di cabernet e siamo a corto di cabernet per tutti i nostri vini da quel livello, tra cui Bin 707”.
Gago ha detto che se i viticoltori hanno una prima scelta di Cabernet Sauvignon, Penfolds compra a buoni prezzi, equivalenti al miglior prezzo delle uve shiraz e talvolta anche più alto. “Stiamo riuscendo ad ottenere abbastanza Shiraz di grande qualità ma non abbiamo abbastanza cabernet sauvignon di serie A.” Gago ha detto di aver bisogno di uve Cabernet Sauvignon provenienti dal South Australia da aree come Coonawarra, Veste, Wrattonbully, Padthaway, Barossa Valley, Clare Valley, McLaren Vale e Adelaide Hills per la sua gamma di vini. La carenza di uve sta limitando le vendite di vari vini Penfolds che presentano blend di cabernet come Penfolds Bin 389 Cabernet Shiraz, Penfolds Bin 707 Cabernet Sauvignon e Penfolds Bin 407 Cabernet Sauvignon. Si stanno anche affrontando le carenze di vini quali Penfolds Cellar Reserve Barossa Valley Cabernet Sauvignon, Penfolds Cellar Reserve Coonawarra Cabernet Sauvignon, Penfolds Cellar Reserve Coonawarra Cabernet Barossa Valley Shiraz, Penfolds The Max Schubert Cabernet Shiraz e Penfolds Bin 169 Coonawarra Cabernet Sauvignon.
“C’è una reale necessità di far crescere le dimensioni di questi vini Penfolds a base cabernet di alto livello per soddisfare una domanda reale, nazionale e globale, che viene dal mercato”, ha concluso.
Fonte: www.adelaidenow.com.au
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