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CINA & VINO, “ISTRUZIONI PER L’USO”: DAL BOROLI WINE FORUM IDEE PER MIGLIORARE LE PERFORMANCE DEL VINO ITALIANO. BY YUE CHENG, GIORNALISTA DELLA CHINA CENTRAL TELEVISION, LEONARDO RASPINI (DG ORNELLAIA), ANTONIO GALLONI E MASSIMO ROJ (ARCHITETTO)

Far conoscere meglio il vino italiano agli operatori e giornalisti cinesi, rafforzarne magine anche attraverso testimonial famosi della musica e dello sport che hanno presa sui consumatori, coinvolgere le autorità Cinesi e gruppi di persone con ruoli di alto livello, legare sempre di più il vino italiano al cibo italiano, e insistere sul fatto che la qualità dei nettari del Belpaese è pari a quella dei francesi, nonostante il prezzo più accessibile: ecco i consigli di Yue Cheng, giornalista della China Central Television (Cctv), la più grande rete televisiva della Cina (controllata dal Governo), per la crescita del vino italiano nel più importante mercato asiatico, “snocciolati” al Boroli Wine Forum (che ha visto come moderatore Bruno Vespa, e intervenire, tra gli alti, l’ex firma di “The Wine Advocate”, Antonio Galloni).
Vino italiano che, conferma ancora una volta Cheng, è ancora poco conosciuto tra i consumatori, che al di là del vino francese, in testa per distacco, conoscono molto meglio quello australiano o spagnolo. “Ma le opportunità di crescita ci sono tutte, le vendite di vino estero in Cina stanno crescendo, e il prezzo del vino italiano è più vantaggioso del vino francese, e la gamma di prodotti è ampia”. A pesare in questo gap di conoscenza, e quindi di consumo, anche “l’entrata recente sul mercato e l’assenza di marchi famosi”, spiega Cheng.
Anche se, va detto, di marchi italiano famosi in Cina iniziano ad esserci. Come Ornellaia, che per farsi conoscere di più ha puntato anche su progetti come la “Vendemmia di Artista”, coinvolgendo anche artisti cinesi, come lo scultore Zhang Huan, che ha interpretato le etichette dell’annata 2009: “nonostante le grandi promesse del mercato cinese, non ci siamo mai nascosti le difficoltà che si ponevano di fronte - ha detto Leonardo Raspini, dg Tenuta dell’Ornellaia - in un paese dalla cultura profondamente diversa che necessita di un approccio totalmente diverso”.
Un mercato, quello cinese, dove ancora c’è da capire se il vino si svilupperà come prodotto di lusso o di consumo quotidiano, se sarà più importante il legame con il territorio o la fama del brand, in quali canali sarà distribuito, quanto peserà lo scontro (o l’alleanza) dei grandi leader mondiali con i produttori cinesi, che stanno crescendo in numero e dimensioni. Di sicuro c’è che qualcosa di può imparare dalla Francia, che, in Cina, vende 20 volte il vino che riesce ad esportare l’Italia: “dobbiamo seguire il vino in ogni stadio del “viaggio”, controllarne lo stoccaggio all’arrivo ad Hong Kong, garantire la tenuta della qualità dopo il viaggio. Coordinare le consegne ai negozi, ai ristoranti, ai consumatori finali. Questo fanno i nostri cugini ed è quello che noi dobbiamo imparare a fare”.
Anche perché l’interesse dei cinesi per il vino non è in discussione: lo dicono i numeri, e anche il concretizzarsi di progetti come quello della “Xixian Great City Project” nella città di Xi’an (la città più grande e più sviluppata della Cina nord-occidentale), realizzato nel “Progetto Cmr” guidato dall’architetto italiano Massimo Roj “dove entro il 2014 sarà creato anche un nuovo polo del vino, una vera e propria “Wine City” che offrirà servizi di stoccaggio, logistici, commerciali e infrastrutturali per le imprese straniere che vogliono portare in Cina i loro prodotti”.
Ma oltre alle imprescindibili “strutture fisiche”, è importante puntare anche sui moderni canali di comunicazione, per quanto possibile, viste anche il rigido controllo dell’informazione del Governo di Pechino.
“Tutti i consumatori oggi chiedono un cambiamento nel linguaggio del vino - spiega Antonio Galloni, che ha appena lanciato il suo sito antoniogalloni.com - vogliono essere parte in causa delle conversazioni che si svolgono intorno ad una degustazione, e il web oggi è in grado di costruire attraverso i consumatori la reputazione di un vino o di un produttore”.

Focus - L’intervento di Yue Cheng, giornalista “China Central Television”
“Vino e cultura del vino nella Cina di oggi. Quanto capiscono i cinesi di vino italiano? Possiamo rendere il vino italiano più popolare in Cina?”
Vino e cultura del vino nella Cina di oggi
Parlando in generale, il mercato del vino ha un grande potenziale in Cina.
La velocità di crescita è impressionante
C’é ancora molto margine di crescita
La cultura del vino in Cina é ancora agli albori
Chi sono i consumatori in Cina
Persone di età > 60 anni
Persone di successo tra 35 e 60 anni
Giovani professionisti di età < 35 anni
Quanto capiscono i cinesi di vino italiano?
La settimana scorsa ho chiesto ad un amico che dirige una società di pubbliche relazioni di fare una piccola ricerca sul “brand” e sulla posizione del vino italiano nel mercato interno (cinese, ndr) attraverso il Bai Du Post Bar, il gruppo QQ, il Weibo che é il twitter cinese. Il campione era composto da 100 consumatori di vino e circa 20 distributori. Il risultato è il seguente:
Impressione generale: il vino più conosciuto in Cina è, ovviamente, quello francese seguito da Australia, Spagna, Italia, Stati Uniti d’America, Argentina, Sud Africa e Cile.
La maggior parte dei giornalisti hanno affermato di conoscere abbastanza il vino italiano anche se non sufficientemente nel dettaglio. Tuttavia hanno una visione diversa circa l’attuale posizione di mercato: alcuni credono che il vino italiano sia nei top 3, altri fuori dai primi 5. Conoscono molto, però, sui vini francesi e australiani.
E l’opinione di amici coinvolti nella vendita del vino è diversa. Questi pensano che la popolarità del vino italiano è limitata a causa della sua entrata tardiva nel mercato cinese ma può raggiungere i top 5. L’ascesa può essere favorita dal fatto che le vendite di vino estero in Cina sta crescendo, che il prezzo è più vantaggioso rispetto al vino francese e che la gamma di prodotti è ampia. In futuro il vino italiano offrirà una grande scelta al consumatore.
Conoscenza del marchio e delle origini
Anche se il vino italiano ha una certa popolarità, è ancora ad un livello di conoscenza di base nei consumatori cinesi a causa dell’entrata recente sul mercato e dell’assenza di marchi famosi o di “chateau”. I marchi italiani e le zone di produzione sono meno conosciuti rispetto a quelli australiani o spagnoli.
Predisposizione dei professionisti: l’atteggiamento dei venditori è più che positivo ...
In accordo con la situazione sopra riportata, consideriamo che se si intensificasse la promozione e la conoscenza del vino italiano sul territorio cinese attraverso professionisti del settore o anche personaggi famosi, le vendite del vino italiano facilmente potrebbero crescere rapidamente.
Possiamo rendere il vino italiano più popolare in Cina?
La mia risposta è si. Ecco i nostri suggerimenti:
- Organizzare un’efficace campagna pubblicitaria e di degustazioni al fine di rafforzare le conoscenze dei venditori cinesi.
- Far conoscere meglio il vino italiano ai media cinesi, soprattutto i giornalisti del settore che hanno un interesse riconosciuto nel vino italiano. Una volta che questi hanno acquisito una profonda conoscenza e il know-how, è possibile una comunicazione su larga scala attraverso di loro.
- Rafforzare l’immagine del vino italiano attraverso personaggi famosi promuovendo lo stile di vita di questi ultimi per influenzare il pubblico che ha il potere d’acquisto. Celebrità, star della musica e dello sport possono essere un buon veicolo per diffondere la conoscenza e le informazioni sul vino italiano.
- Coinvolgere le Autorità Cinesi ed Italiane in occasione di eventi come le Giornate Nazionali, anniversari delle relazioni diplomatiche tra città gemellate o di accordi economici tra i due Paesi. Questo è un modo naturale per promuovere le attività promozionali per il vino italiano. Organizzare attività di scambio culturale ristrette a piccoli gruppi di persone ma ad alto livello può anche essere utile per introdurre il vino italiano.
- Rafforzare il concetto che il vino italiano fa parte del cibo italiano in modo da sfruttare anche la conoscenza del cibo italiano.
- Migliorare la reputazione del vino italiano insistendo sul fatto che ha la stessa qualità del vino francese ma con un prezzo più accessibile.

Focus - “La Cina per il vino: il mito dell’El Dorado che si fa attuale” di Leonardo Raspini, dg Tenuta dell’Ornellaia
“Il tema proposto quest’anno dal Boroli Wine Forum ci ha subito affascinato: Ornellaia si è impegnata, negli ultimi anni, a rafforzare la propria presenza in Cina anche grazie al legame che ha sviluppato con la cultura artistica. Dalla vendemmia 2006 infatti abbiamo messo in atto il progetto “Vendemmia d’Artista” che intende ristabilire la tradizione e il valore della committenza artistica rinascimentale in chiave moderna. Ogni anno commissiona un artista di fama internazionale per la produzione di un’opera d’arte e un numero estremamente limitato di etichette speciali, che sono in loro opere d’arte, capaci di cogliere l’essenza della vendemmia e la sua personalità. Nelle ultime quattro edizioni di Ornellaia Vendemmia d’Artista abbiamo devoluto oltre 800.000 euro attraverso le aste. Con la vendemmia 2009, uscita sul mercato nel 2012, il paese verso il quale dirigere la nostra attenzione è stata la Cina e quindi abbiamo affidando anche a questo “grimaldello” la possibilità di aprire ai nostri vini le porte di un mercato così promettente. Il parallelismo con la ricerca dell’El Dorado (luogo leggendario in cui vi sarebbero state immense quantità di oro e pietre preziose, reso leggendario durante la conquista Europea delle Americhe) nasce proprio dalle promesse che il mondo del vino italiano ha avuto nell’approccio con il mercato cinese.
Ornellaia non si è mai nascosta le difficoltà che si ponevano di fronte. E proprio per rispetto di queste non ha mai trascurato lo sviluppo nei mercati tradizionali europei e mondiali evitando di correr dietro alle facili speculazioni che questo mercato continua oggi a produrre. Un paese dalla cultura profondamente diversa necessitava di un approccio totalmente diverso. In Cina il mercato del vino ha tanta strada da fare e, nonostante alcune eccezioni, resta ancora in una fase iniziale di sviluppo.
Tale situazione fa aumentare il livello d’incertezza sulla scelta delle strategie da adottare perché la recente crescita del mondo del vino in Cina è stata rapida:
Con una crescita dei consumi di vino di circa il 5% nel 2010 rispetto al 2009, la Cina è attualmente l’ottavo più grande mercato di vino al mondo, davanti a molti paesi europei di riferimento. La domanda di eccellenti vini di qualità, in particolare rossi, è salita causando aumenti dei prezzi medi d’importazione.
Le aste per i vini pregiati si sono spostate a Hong Kong, raggiungendo prezzi record.
Inoltre, la Cina sta ampliando la produzione nazionale di vino piantando vigneti ad una velocità impressionante. La produzione è più che duplicata negli ultimi 5 anni, facendo della Cina il sesto produttore mondiale e permettendole di soddisfare circa l’85% della domanda nazionale.
Il consumo di vino rimane però marginale e limitato esclusivamente a un circoscritto numero di occasioni. Allo stesso tempo, nonostante le forti prospettive di crescita, la concorrenza è destinata a crescere. Molti dei 450 produttori cinesi di vino iniziano a guardare come si muovono i loro competitors a livello mondiale, molti dei quali sono già presenti in Cina, soddisfacendo soprattutto la domanda di vino di fascia alta.
L’analisi del mercato mondiale del vino, così come di quello cinese nello specifico, individua 5 punti critici nel futuro dell’industria del vino cinese:
1) Prodotto di lusso o bevanda per il consumo quotidiano: come adotteranno il vino i consumatori cinesi?
2) “Craft & Terroir” o “Brand Consumer Good”. Con quale visione sarà commercializzato il vino in Cina?
Attualmente il vino in Cina viene ancora visto come prodotto nuovo ed esclusivo, con un posizionamento in alta fascia di mercato, dove i rari e costosi vini rossi francesi dominano.
Un punto chiave, strettamente collegato agli usi e costumi del consumatore, è quindi come il branding può essere usato in maniera efficiente, in modo da guidare i consumatori a bere vino con più frequenza, ad esempio creando marchi che sono strettamente collegati a un preciso segmento di consumatori o di occasioni di consumo.
3) Dal negozio specializzato a quello al dettaglio: Come sarà venduto il vino in Cina?
In Cina, tra il canale del vino importato e quello interno ci sono molte differenze. Invece, per quanto riguarda i vini importati, la distribuzione avviene grazie all’aiuto di importanti soggetti come Asc, Summergate o Torres.
4) I grandi leader mondiali o le imprese locali: come si evolverà la struttura dell’industria del vino in Cina?
Un punto chiave è come questa struttura muterà in futuro, visto che alcuni dei protagonisti mondiali - ad esempio E.J. Gallo o Pernod Ricard - indubbiamente hanno una forte ambizione verso la Cina.
Allo stesso tempo, le aziende leader cinesi potrebbero trarre vantaggio da questa disponibilità globale, acquisendo definitivamente le piccole aziende vitivinicole.
5) Produttori interni o esportatori mondiali: il ruolo dei vigneti cinesi nel mondo.
Con la Cina oggi al sesto posto nella produzione mondiale di vino, e con le acquisizioni che sta facendo a livello globale, il punto chiave della questione è quale ruolo giocheranno i produttori cinesi di vino in futuro: rimarranno concentrati saldamente al mercato interno o inizieranno a creare vini per il mercato mondiale da una combinazione di uve nazionali e internazionali?
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un propagarsi di attività sul mercato cinese. La disponibilità di fondi Ocm ha permesso anche al vino Italiano di sbarcare in Cina, ma nonostante questo i numeri dicono che solo il 3% dei vini che “sbarcano” in Cina sono italiani, mentre più del 54% sono Francesi.
La domanda ovvia è: “perché i francesi riescono a vendere vino in quantità venti volte di più rispetto a noi italiani?”
Siamo partiti dal presupposto che dovevamo avere notizie per gestire al meglio il nostro business. Dal prosieguo della discussione è apparso chiaro come spesso le aziende nemmeno sappiano chi siano i suoi clienti, i consumatori finali, dove venga commercializzato il loro vino, se venga “contrabbandato” tra Hong Kong ed il resto della Cina …
Deve essere nostro interesse primario seguire il vino in ogni stadio del “viaggio”. Controllarne lo stoccaggio all’arrivo ad Hong Kong. Garantire la tenuta della qualità dopo il viaggio. Coordinare le consegne ai negozi, ai ristoranti, ai consumatori finali.
Questo fanno i nostri cugini ed è quello che noi dobbiamo imparare a fare”.

Focus - L’intervento di Massimo Roj, architetto (progetto Cmr)
“Quando ho cominciato a pensare, alla volontà di approfondire la conoscenza di un nuovo mercato partendo da un’idea comune e condivisa, le mie riflessioni si sono subito focalizzate sul significato della progettazione, sul nostro ruolo di architetti nella promozione della cultura e delle eccellenze italiane nel mondo, e sulla mia esperienza ormai decennale in Cina. Vorrei partire proprio da qui, dalla mia avventura in un Paese così distante ma culturalmente molto vicino al nostro, che mi ha offerto la possibilità di mettermi in gioco a più livelli, sia come progettista che come imprenditore e condividere con voi la mia esperienza per capire se, insieme riusciremo a trovare la chiave per migliorare la nostra presenza sul mercato con il maggiore potenziale di sviluppo a livello mondiale. Mi sono recato per la prima volta in Cina nel 2002 con una missione organizzata da Regione Lombardia e Assolombarda. Abbiamo fatto sosta a Tanjin, città a me sconosciuta, che allora, a differenza di Shanghai dove già erano presenti diversi grattacieli, era un importante centro industriale che stava iniziando un nuovo processo di sviluppo urbano. In quell’occasione ho conosciuto il sindaco, al quale ho descritto le nostre attività e di lì a qualche giorno ho ricevuto l’invito ufficiale a partecipare a tre concorsi per la riqualificazione di tre aree della città. La velocità è una delle caratteristiche che rendono impressionante il lavoro in Cina, tutto accade in tempi brevissimi. Lavorare in Cina significa capire le esigenze di un paese che corre veloce, significa essere sempre pronti a rispondere a nuove sfide.
Dopo queste prime esperienze nel 2003, abbiamo costituito una società di ordinamento cinese, ma di proprietà 100% italiana con sedi a Pechino e a Tianjin, da poco abbiamo aperto un ufficio anche a Shanghai. Non sono mancate le difficoltà, la mancanza di un sistema paese e di un reale supporto istituzionale a sostegno delle piccole e medie imprese italiane che avviano un processo di internazionalizzazione si è fatta sentire, ma la nostra tenacia ci ha premiato; la nostra presenza in Cina oggi è una realtà consolidata. Non ci si può affidare semplicemente al proprio curriculum o alla “bontà” del proprio prodotto, l’architettura come il vino è cultura, è territorio, è storia; serve un lavoro lungo e paziente per creare un contatto umano con le persone, per stabilire un rapporto di fiducia reale. I cinesi lo chiamano guanxi, gli inglesi feeling: è quell’intesa che permette di capirsi senza difficoltà; è importante anche per noi italiani, ma nei paesi orientali ancora di più.
Oggi la realtà cinese sta cambiando, se fino a qualche anno fa l’attenzione ai dettagli e alla qualità, a tutti i livelli, non era particolarmente sentita, oggi sta diventando un aspetto sempre più importante è sempre più apprezzata, e non parlo solo del mercato immobiliare ma anche di cibo, moda, design. Una trasformazione che apre prospettive interessanti agli imprenditori italiani e a chi come voi propone un prodotto, il vino, particolarmente apprezzato in Cina. La nostra capacità di costruire relazioni e la qualità del made in Italy rappresentano un vantaggio competitivo che non dobbiamo sottovalutare.
Abbiamo da poco presentato il progetto per il masterplan “Xixian Great City Project” nella città di Xi’an (la città più grande e più sviluppata della Cina nord-occidentale), dove è in corso di realizzazione - si prevede verrà ultimato nel 2014 - un nuovo Polo del Vino, una vera e propria WineCity che offrirà servizi di stoccaggio, logistici, commerciali e infrastrutturali per le imprese straniere che vogliono portare in Cina i loro prodotti (è evidente l’interesse e l’impegno per facilitare l’importazione di prodotti di qualità).
Sono progetti interessanti, volti a facilitare la vendita di un prodotto ma, come ho accennato in precedenza, il vino, come l’architettura, non è solo un prodotto, è vita e cultura e porta con sé un mondo. Servono immaginazione e progettualità, capacità di promuovere gli aspetti intangibili delle nostre eccellenze coniugandola ad una più “concreta” attività commerciale.
Vi faccio una proposta: rendiamo l’incontro con il vino italiano un’esperienza indimenticabile.
Da diversi anni la progettazione delle cantine vinicole è diventata parte della storia architettonica contemporanea. In Italia abbiamo esempi eccellenti, molti colleghi noti si sono cimentati nella realizzazione di cantine di grande impatto architettonico. Le aziende vinicole sono diventate meta turistica, luoghi di intrattenimento che raccontano la storia del vino e del suo territorio. E’ naturale che ciò avvenga nei luoghi tradizionalmente vocati alla produzione vinicola, ma perché non portare queste esperienze in un paese lontano come la Cina?
Perché non creare uno spazio che coniuga architettura e vini italiani per trasmettere i valori sociali e culturali legati alla nostra produzione vinicola; spazi emozionanti, pensati per offrire al pubblico l’opportunità di conoscere di entrare in contatto con le eccellenze del nostro Paese ...”.

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