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Climate changing, parla Angelo Gaja: “è urgente dare maggiore impulso alla ricerca in Italia, come avviene in Francia. Occorre agire utilizzando sia fondi pubblici che privati. Lo stallo attuale non serve al mondo del vino italiano”

Il clima che cambia, con tutte le implicazioni del suo mutamento, non ha, come ben sappiamo, risparmiato il Vigneto Italia. Dibattito che non lascia indifferente neanche uno dei massimi produttori del Belpaese, Angelo Gaja, che fornisce qualche importante indicazione sul da farsi.
“Anche i viticoltori e produttori di vino - dice Gaja -guardano in modo diverso al clima che cambia. è generale la percezione degli eccessi, delle temperature medie giornaliere più elevate, l’avvio precoce nel vigneto della fase vegetativa, l’accelerazione della maturazione, le vendemmie anticipate. Quelli che guardano ai benefici fanno osservare che, rispetto al passato, le vendemmie di buona qualità sono più frequenti. Vini che si presentavano gracilini ed acidosi, appaiono oggi più strutturati ed armonici se non anche propensi ad esibire i muscoli”.
Un punto di vista lecito ma “per altri il clima che cambia è foriero di preoccupazioni - sottolinea “le Roy” del Barbaresco - la recrudescenza delle malattie parassitarie vecchie e nuove; la sofferenza dei vigneti a causa di periodi troppo a lungo siccitosi; i grappoli esposti alle scottature ed alla luce solare troppo intensa; le uve che arrivano in cantina troppo calde, con gradazioni zuccherine elevate, ancora coperte di antiparassitari che la siccità non ha concesso di dilavare; i bassi livelli di acidità del mosto; la gradazione alcolica dei vini che mostra nel tempo la progressione a salire. Il cambiamento climatico agisce allo stesso modo sul vigneto indipendentemente dalla tecnica di conduzione: convenzionale, biologico, biodinamico”.
I nostri cugini transalpini sembrano aver preso più a cuore la problematica. “Un lungo articolo su Le Monde del 7 novembre 2015 dedicato al “colpo di calore sui vigneti” evidenzia le forti preoccupazioni al riguardo - aggiunge Gaja - non soltanto per le sorti della viticoltura del Sud della Francia. Il polo universitario di Bordeaux ha avviato da un decennio progetti di ricerca scientifica volti ad individuare viti più idonee a fronteggiare gli effetti del cambiamento climatico. è urgente dare maggiore impulso alla ricerca anche in Italia: per migliorare l’adattamento dei portainnesti al mutamento del clima in atto e per cercare di mettere al riparo le viti storiche italiane da alcune delle malattie più insidiose. Per fare ciò occorre che il nostro Paese autorizzi i ricercatori ad accedere alle nuove tecniche di incrocio, la cisgenesi ed il genome editing, attraverso le quali è possibile trasferire geni (di resistenza a determinate fitopatologie) da viti che ne sono in possesso a viti che sono carenti. Si metterebbe così ancora una volta a frutto il patrimonio unico di viti storiche italiane, attingendo alle diversità che le caratterizzano. In Italia ancora forse non stiamo facendo abbastanza “occorre agire - conclude Angelo Gaja - utilizzando sia fondi pubblici che privati. Lo stallo attuale non serve al mondo del vino italiano”.

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