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VISIONI DI TERRITORIO

Conegliano Valdobbiadene: distintività e sinergie nel “Sistema Prosecco” per guardare al futuro

Le riflessioni del confronto promosso dal “Comitato Conegliano Valdobbiadene”, intorno al fenomeno vinicolo più rilevante degli ultimi 25 anni
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Prosecco, il fenomeno vinicolo più rilevante degli ultimi 25 anni

Quello del “Sistema Prosecco” è stato il fenomeno vitivinicolo mondiale più rilevante del ultimi 25 anni. Un successo alimentato dalla sinergia - forse in parte inconsapevole - tra tre anime. Quella del Conegliano Valdobbiadene Docg, che è origine, storia, colline vitate (Patrimonio Unesco, ndr) e cultura del prodotto (e denominazione da 100 milioni di bottiglie ogni anno, in media); dell’Asolo Docg, che è identità e storia culturale di uno dei Borgo più Belli d’Italia e dei suoi vigneti incastonati tra i boschi (con una produzione che ha superato 30 milioni di bottiglie); infine, quella del Prosecco Doc: “effervescenza” sul mercato, anche numerica, e nello stile di consumo (nel 2024 660 milioni di bottiglie sul mercato, per un giro d’affari all’origine di 3,6 miliardi di euro). Ma ora, arrivati alla “maturità” del sistema, urge, secondo molti, una riflessione per evidenziare la distintività di ognuna delle tre denominazioni. Riflessione di cui si è fatto portavoce il “Comitato Conegliano Valdobbiadene” che - per la sua prima “uscita” ufficiale - ha voluto avviare un confronto sul patrimonio enologico e territoriale della Docg Conegliano Valdobbiadene e sul suo futuro. E lo ha fatto con un partecipato incontro, nei giorni scorsi a Farra di Soligo, dal titolo eloquente: “La consapevolezza dell’unicità del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg nelle scelte di oggi e per il domani”.
“Vogliamo promuovere la conoscenza della nostra Docg condividendo informazioni e approfondimenti per fare proposte centrate di evoluzione”, ha spiegato, in apertura, Maurizio Favrel, dell’azienda Malibran, coordinatore del Comitato . Fondato un anno fa, il Comitato Conegliano Valdobbiadene raccoglie numerosi vitivinicoltori “uniti dalla volontà di proteggere e valorizzare l’unicità del territorio - ha spiegato Favrel - con l’obiettivo di avviare un dialogo costruttivo tra chi vive e lavora ogni giorno su queste colline senza creare divisioni, ma proponendo, come nel caso di questo convegno, strumenti di riflessione e visione, grazie al contributo di relatori di alto profilo tecnico, giuridico e culturale”.
Sul favorire un dialogo sano e proficuo si è detto d’accordo Franco Adami, presidente del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, come pure Michele Noal, presidente Consorzio Asolo Montello. “Siamo qui per ascoltare con attenzione ogni prospettiva per fare quel metro in più in avanti che non siamo riusciti a fare perché non è facile rinunciare a qualcosa - ha sottolineato Adami - auspico che alla prossima occasione questo confronto possa avvenire in seno al Consorzio che è la casa di tutti i produttori”.
La “questione distintività”, peraltro, era già stata messa in evidenza, insieme alle questioni più stringenti dell’equilibrio dell’offerta e del posizionamento di prezzo, al momento del “riassetto” delle tre denominazioni, da Vasco Boatto, all’epoca professore di Economia agraria dell’Università di Padova e referente economico dell’operazione. Per chi non lo ricordasse, nel 2009, con un unico provvedimento - esistenti le denominazioni “Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene” e “Montello e Colli Asolani” - sono state riconosciute contemporaneamente tre denominazioni contenenti il nome “Prosecco”: le due esistenti, elevate a Docg caratterizzandole geograficamente - “Conegliano-Valdobbiadene” e “Asolo” - a identificare due zone più ristrette rispetto alla Doc Prosecco, estesa in oltre 500 comuni siti in 9 province delle Regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia, con quasi 30.000 ettari coltivati a vigneto. “Ciascuna delle tre denominazioni è stata riconosciuta dall’Ue per le sue caratteristiche particolari dovute al territorio, ai fattori naturali e umani, alla notorietà e ognuna di esse deve promuovere la sua particolarità rispetto a qualsiasi altra denominazione italiana, pena la possibilità che si crei confusione con danno sia per i produttori che per i consumatori”, ha detto l’avvocato Stefano Dindo, esperto di diritto commerciale e vitivinicolo nel suo intervento. Che ha evidenziato, inoltre, la prerogativa europea, in caso di violazione dei principi di differenziazione, di cancellare dal Registro dell’Ue una denominazione omonima o parzialmente omonima richiesta successivamente a una esistente che non rispetti questi principi di differenziazione fissati dall’art. 29 del Reg. Ue 143/2024 sulle Indicazioni geografiche omonime. Un’ipotesi che, comunque, non riguarda le “Do Prosecco” richieste contemporaneamente, ma che evidenzia l’indispensabilità che, nella pratica, vi sia una differenziazione sufficiente sia a salvaguardia dei produttori - e in particolare di quelli della Conegliano-Valdobbiadene che sopportano costi di produzione superiori - sia dei consumatori perché non siano indotti in errore nella scelta tra le tre. “È innegabile che il nome Prosecco abbia acquisito nel mondo una capacità di penetrazione enorme - ha continuato Dindo - pertanto ritengo debba perseguirsi l’obiettivo di collaborare tra le denominazioni affinché vi sia, per quanto possibile, un’azione coordinata e sinergica, alla condizione, però, che resti preservata l’esigenza di presentare con chiarezza che le denominazioni sono tre, sono autonome e che ciascuna ha le sue caratteristiche univoche idonee, tra l’altro, ad esempio, a giustificare una differenziazione nei prezzi di vendita. Giocando sulle differenze si possono ottenere ottimi risultati, come insegnano le dottrine economiche in materia di prodotti agroalimentari. L’obiettivo può essere raggiunto con il dialogo, tenendo conto che i consorzi sono le piattaforme previste dalla legislazione comunitaria e nazionale per favorire il confronto interprofessionale e gestiscono il bene immateriale delle denominazioni d’origine, che è proprietà di tutti. Il dialogo è il punto di partenza per arrivare a formalizzare su questo un protocollo di intesa tra i tre consorzi”.
La prospettiva migliore, dunque, è quella di una coabitazione che punti sulle diversità piuttosto che sul termine “Prosecco” tout court che espone a un rischio di appiattimento e omologazione, anticamera della commodity, considerando anche quanto i prodotti di successo vengono copiati. “I valori che hanno reso il Conegliano Valdobbiadene precursore e origine del successo di tutta la famiglia del Prosecco non sono abbastanza noti e vanno comunicati con più forza, dalle caratteristiche naturali e climatiche al luogo di origine, collante di una comunità che ha saputo tramandare e affinare i saperi in una storia fatta di luoghi e, soprattutto, di persone: circa 3.500 famiglie e 12.000 addetti che operano in 450 cantine aziendali e 180 case spumantistiche - ha incitato Franco Carlo Guzzi, docente in Comunicazione dell’Università degli Studi di Milano - attribuire un valore distintivo si traduce anche in valore economico riconosciuto dal consumatore finale. Al contrario un appiattimento in un unico informe agglomerato delle tre denominazioni andrebbe a discapito di tutte. Serve una “coopetition”: ovvero la combinazione tra “cooperazione” di tutto il “Sistema Prosecco” per agire insieme nel proteggere, sviluppare e non danneggiare il proprio mercato di riferimento, e la “competizione” commerciale tra le denominazioni, così come tra le singole aziende. Una competizione in un mercato diventato sempre più grande e meglio difeso proprio quando c’è stata l’attiva cooperazione tra i protagonisti. Dividersi e contrapporsi al proprio interno rende il mercato più vulnerabile perché meno presidiato ed è così che si consente ai “miopi” o agli “antagonisti” di indebolire progressivamente i valori unicizzanti e distintivi dell’altro credendo così di far emergere la propria parte, ma, in realtà, danneggiando tutti, incluso se stessi”. E - tiene a precisare Guzzi - “la caratterizzazione di unicità e le distinzioni non devono rimandare a “gerarchizzazioni” tra le Do che hanno tutte peculiarità da comunicare: Conegliano Valdobbiadene Docg incarna l’origine, la storia e la cultura del prodotto, mentre Asolo Docg rappresenta l’identità della città di Asolo, tra borghi più belli d’Italia, e il Prosecco Doc ha la forza per governare la notorietà e la diffusione nel mercato di questo piacevolissimo prodotto che vive nello sport, nella gioventù e nella festa tra Venezia e Cortina”. E una comunicazione “vicendevole” delle differenze tra le tre denominazioni da parte dei consorzi in ogni occasione pubblica ne potenzierebbe positivamente l’impatto.
I temi sul tavolo sono importanti anche per i risvolti economici e la Docg storica potrebbe partire, intanto, risolvendo la “questione del nome” cercandone uno più corto, facile e memorabile: oggi diversi sono i nomi ammessi dal disciplinare - da quello completo “Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg” agli altri in cui alcune menzioni vengono omesse. Tuttavia esiste una questione di sostanza - approfonditamente trattata da Umberto Marchiori, agronomo, enologo e presidente “Uva Sapiens” - che riguarda “il profilo dei vini della Docg, quindi la vocazionalità viticola e gli aspetti varietali alla luce dell’impatto del cambiamento climatico e il metodo, l’ambito più importante, perché condensa esigenze socioeconomiche e professionalità che organizzano e pianificano tutti i sistemi normativi, produttivi, comunicativi e commerciali, in cui si concentrano gli aspetti culturali indispensabili al governo della denominazione con l’incarico di gestire i rischi di allontanamento del vino dal segmento premium”.
“È sempre più cruciale condividere esperienze e competenze perché le sfide future si giocano su scala globale e non locale - ha sottolineato Marchiori, che ha al suo attivo molte esperienze internazionali, dopo aver illustrato le relazioni tra i fattori che determinano la distinguibilità di un vino. Non è più possibile applicare un modello di crescita in volume per saturazione delle superfici della Docg e rese produttive non significativamente ampliabili. Produrre Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg negli anni a venire, e progredire nel produrlo e venderlo sempre meglio e in maniera sempre più sostenibile e autentica, sarà sempre più costoso. Se per il mercato di massa le produzioni standardizzate funzionano, per quello dei vini premium l’omologazione non rappresenta necessariamente un vantaggio, oltretutto quando l’innovazione tecnologica che ha partecipato alla caratterizzazione del prodotto non è più un elemento esclusivo e distintivo. È necessario un rinnovamento ragionato perché enfatizzare caratteristiche locali come tipiche, uniche e stabili nel tempo rischia di essere un esercizio retorico se non si aggiornano le potenzialità al contesto e alle tendenze, in una situazione normativa articolata che dovrà anch’essa essere oggetto di sviluppi semplificativi. Aspetti viticoli, di vendemmia, di vinificazione, di chiarifica dei mosti, di microbiologia, di zuccheri, di tecnica spumantistica sono solo alcuni degli argomenti su cui riflettere e migliorare sempre più perseguendo gli obiettivi di valorizzazione territoriale, varietale e distintività stilistica necessari a proiettare nel futuro le colline del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg. Questo percorso di sviluppo dovrà essere organico e integrato anche nell’impianto certificativo per progredire tutti insieme, accogliendo le differenti interpretazioni stilistiche come accade nelle denominazioni a più alto valore aggiunto, non solo nazionali. Se tutti si adopereranno per il bene della denominazione, la denominazione farà stare bene tutti”.

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